Resoconto seduta n. 127 del 19/03/2003
La seduta inizia alle 10,55


Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 126 del 12 marzo 2003.



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata, in data 26.2.2003, la proposta di legge n. 166, ad iniziativa dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia, Grandinetti e Trenta: «Istituzione della Giornata dei diritti delle persone con disabilità», assegnata alla V Commissione in sede referente e alla II per il parere obbligatorio.



Proposta di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata la proposta di atto amministrativo n. 102, ad iniziativa della Giunta: «Aggiornamento del programma finanziario di ripartizione dei finanziamenti per la ricostruzione post-terremoto — anno 2003», assegnata alla IV Commissione in sede referente e alla II per il parere obbligatorio.



Mozione
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata, dai consiglieri Luchetti, Franceschetti, Moruzzi e Silenzi la mozione n. 269: «Riforma politica agricola comune — politiche agricole».



Nomine

PRESIDENTE. Ho provveduto alle seguenti nomine con i decreti:
— n. 34, in data 17 marzo 2003: "Elezione del garante per l’infanzia e l'adolescenza"
— n. 35, in data 17 marzo 2003: "Sostituzione di un rappresentante nell'assemblea dell'Associazione marchigiana attività teatrali (Amat)".



Promulgazione leggi regionali

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta ha promulgato, in data 11 marzo 2003, le seguenti leggi regionali:
— n; 3: «Provvedimento generale di rifinanziamento e modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2003);
— n. 4: «Approvazione del bilancio di previsione per l'anno 2003 ed adozione del bilancio pluriennale per il triennio 2003-2005»


Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. In sede di Conferenza dei presidenti di gruppo abbiamo deciso di dedicare la seduta odierna esclusivamente al tema della guerra e di rinviare la trattazione dell'ordine del giorno alla seduta del 26 marzo. Alla fine dell'odierna seduta metteremo in votazione il rinvio in Commissione della proposta di legge n. 141/2002.



Comunicazioni del Presidente del Consiglio sulla scadenza dell'ultimatum all'Iraq (Votazione proposte di risoluzione)

PRESIDENTE. Colleghi, questa seduta cade in un momento di grande angoscia per i popoli e le nazioni del mondo.
Il tempo del dialogo, delle trattative, della speranza di una soluzione pacifica alla crisi internazionale in atto, è stato fermato.
Questa notte, alle 2, scadrà il termine assegnato al capo dell’Iraq per evitare la guerra, una guerra decisa da alcune nazioni, al di là di espresse determinazioni degli organi di garanzia internazionali, senza che ciascuno di noi abbia ben capito il perché e se questa via sia obbligata per assicurare stabilità, libertà, e sicurezza alle nazioni del mondo o se da essa i rischi per l’umanità aumentino considerevolmente.
Questo sentimento, credo accomuni tutti gli italiani, al di là degli schieramenti e dei toni, talvolta accesi, delle contrapposizioni.
Credo si debbano in questo momento evitare ogni strumentalizzazione e interesse di parte per far prevalere comunque un lavoro, un impegno incessanti per l’affermazione di soluzioni diverse.
Credo che si debba evitare di assistere come spettatori non coinvolti a questa guerra e che si debba invece rafforzare l’impegno di ciascuno di noi per la pace, per la manutenzione del bene pubblico e della virtù civica, il senso di responsabilità verso gli altri, il desiderio di una comunità rispettosa dei bisogni delle singole persone. In definitiva, perché una delle possibili conseguenze della guerra sia la restrizione della democrazia in tutto l’occidente.
Credo che il nostro impegno debba continuare fino all'ultimo minuto, per evitare che la possibile conseguenza della guerra sia la restrizione della democrazia in tutto l'occidente.
Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Segnalo ai colleghi che la giornata di oggi non è particolare solo per gli avvenimenti tragici che ci accompagnano, ma anche per un altro fatto grave. Oggi in tutta Italia si ricorda Marco Biagi, un uomo che ha pagato il prezzo della sua coerenza sotto il fuoco del terrorismo. Credo che sia giusto e doveroso che anche il Consiglio regionale delle Marche, magari con un minuto di silenzio se lo ritiene o con un messaggio alla famiglia, si associ alle testimonianze di solidarietà, ribadendo l'impegno delle istituzioni contro il terrorismo, così come, in questo momento, sta avvenendo in tante parti del nostro paese.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. "Prenderemo Baghdad in 72 ore, con l'autorizzazione dell'Onu o senza autorizzazione, con chi ci sta o da soli...

ROBERTO GIANNOTTI. ...è una questione di serietà.

PRESIDENTE. Pensavo che il consigliere Procaccini intervenisse sulla richiesta del consigliere Giannotti, il quale non può accusare nessuno di mancata serietà, perché questo tema poteva essere anche già trattato nella Conferenza dei presidenti di gruppo.

ROBERTO GIANNOTTI. Allora posso dire che lei avrebbe dovuto pensarci prima.

PRESIDENTE. Qual è il problema? In chiusura di seduta faremo un minuto di raccoglimento. Se qualcuno intende intervenire in modo diverso, me lo dica durante il proprio intervento.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Ricomincio l'intervento su questa questione, perché mi pare che elementi diversivi segnalino anche l'inconsistenza dell'autonomia, sul piano interno ed internazionale, di alcune forze che siedono in questo Consiglio regionale.
"Prenderemo Baghdad in 72 ore, con l'autorizzazione dell'Onu o senza autorizzazione, con chi ci sta o da soli" ha annunciato Bush nel suo ultimatum. Al contrario il Papa, ormai inascoltato, insieme a milioni e milioni di persone hanno detto in maniera disperata "mai la guerra, no alla guerra".
Tra questi due inconciliabili estremi sta ormai l'impotenza e la rassegnazione di organismi come l'Onu, l'Unione europea e addirittura la Nato, che fino a qualche tempo fa erano in maniera diversa regolatori, talvolta inascoltati, ma in gran parte ascoltati, delle controversie internazionali.
La guerra all'Iraq è illegittima perché preventiva, apre uno scenario nuovo e drammatico, c'è una scalata della politica imperialista degli Stati Uniti con una vera e propria connotazione neocoloniale. Il nuovo ordine mondiale ed il nuovo ed unico padrone del mondo per vivere, esistere, alimentarsi hanno bisogno della guerra, della guerra totale a prescindere, hanno bisogno di impadronirsi direttamente delle risorse energetiche, la lotta al terrorismo in realtà non c'entra nulla, anzi la guerra lo alimenterà, gli fornirà un alibi formidabile.
In realtà gli Stati Uniti da un lato vogliono essere padroni e predoni di tutte le risorse energetiche e dall'altro vogliono, attraverso la guerra, determinare per sempre la loro supremazia militare, economica, politica e strategica sul pianeta, rispetto ad ipotetiche potenze emergenti come la repubblica popolare cinese o la Russia.
Di fronte a ciò tutte le alleanze saltano, sono saltate, anzi gli alleati degli Stati Uniti d'America sono relegati al rango di subalterni ratificatori di decisioni prese altrove, appunto a Washington. l'emblema di tutto questo è il Governo italiano, che pure ha in sé componenti, ormai rese impotenti, sensibili alla pace. Il Governo italiano, nella sua insipienza e colpevole ingenuità in politica estera, ha creduto che almeno il voto dell'Onu avrebbe dato illegalità alla guerra illegittima. Oggi, di fronte alla violenza della forma e della sostanza degli Stati Uniti d'America sulle Nazioni Unite, Berlusconi e il suo Governo appaiono miseri re nudi.
Proprio perché non sussistono i pur minimi crismi di legalità internazionale, l'Italia non deve concedere non solo uomini e mezzi alla guerra, ma neanche supporti logistici, basi militari, spazio aereo.
Il nuovo disordine mondiale richiama le forze progressiste ad aggiornare l'analisi, in primo luogo noi comunisti che siamo stati sconfitti in maniera inesorabile. Su quello che accade nel mondo non basta, infatti, dare la colpa alla globalizzazione. La degenerazione della globalizzazione è figlia della sconfitta epocale del 1989. Noi non siamo nostalgici di quel periodo e di Yalta, tuttavia quell'equilibrio, discutibile quanto si vuole, ha garantito una coesistenza tra sistemi statuali diversi. La dissoluzione dell'Urss, al di là del giudizio, non ha disegnato e dispiegato la pace e la democrazia. Non solo il principio della guerra preventiva viene assunto a prescindere, ma già una guerra devastante nel cuore dell'Europa, in Jugoslavia, ha sancito il nuovo ordine in maniera devastante. Nuove e peggiori dittature si sono affermate in Europa e nel mondo.
Le forze progressiste, i comunisti che hanno subito quella sconfitta epocale debbono rimettersi in sintonia con i milioni di cittadini, con i movimenti pacifisti che si battono per i diritti personali, collettivi ed internazionali, ma questa analisi non può prescindere da una nuova politica delle alleanze, da un nuovo internazionalismo, in primo luogo l'Europa, che oltre alla moneta deve avere una politica unica sul versante dei diritti, del lavoro e della pace, deve avere una politica di difesa continentale, non contro ma come deterrente dei conflitti. In secondo luogo l'Onu, che non rappresenta più l'autorevolezza e la rappresentanza di quello che avviene nel mondo. In terzo luogo la Nato, superata non solo dalla fine del Patto di Varsavia ma anche dagli avvenimenti odierni, dall’ultimatum e dalla guerra che Bush scatenerà fra qualche ora.
Deve ormai con chiarezza dirsi una parola definitiva. Ormai anche autorevoli paesi della Nato sono contro la guerra, come la Germania, o non contano più nulla, come l'Italia. La Nato non ha più nessuna ragione di esistere.
Sul versante degli Stati nazionali, le forze progressiste, tutte le forze democratiche debbono raggiungere livelli di unità senza dei quali gli sbocchi istituzionali e i grandi movimenti sarebbero impossibili. Dobbiamo interessarci, noi ci interessiamo, del Governo come mezzo per trasformare il mondo. Non possiamo disinteressarci del Governo, lasciarlo alle forze imperialiste ed aspettare, in una astratta concezione di purezza ideologica, sulla riva del fiume, un cadavere che non arriverà mai. Occorre l'unità delle forze democratiche, per ridare anche all'Italia un Governo autonomo ed autorevole sul versante dei diritti, sul versante internazionale della pace.
Intanto la protesta a questa guerra, sporca di sangue e sporca di petrolio, deve manifestarsi nelle forme più vaste. La Regione Marche e i suoi organi debbono organizzare, in ogni forma pacifica, tute le manifestazioni possibili per condannare l'aggressione all'Iraq e per impedire ogni convivenza e connivenza dell'Italia con la guerra. La Regione ed i suoi organi devono dare dunque vita a grandi manifestazioni unitarie con i sindacati, con i movimenti, con le organizzazioni cattoliche e del mondo del volontariato, con i lavoratori che vanno invitati a fermare spontaneamente il lavoro nelle fabbriche. Si dia luogo in ogni forma pacifica, ad una grande, grandissima mobilitazione generale, pacifica e democratica, contro questa sporca guerra.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

CARLO CICCIOLI. Presidente, io avevo già chiesto la parola.

PRESIDENTE. Nn l'ho vista, comunque do ora la parola al consigliere Grandinetti.

FABRIZIO GRANDINETTI. Signor Presidente della Giunta, signor Presidente del Consiglio, colleghi, oggi dobbiamo trattare un argomento importante, dobbiamo cercare di trattarlo con obiettività, spogliandoci da posizioni di parte, facendo delle considerazioni e delle riflessioni che ritengo siano significative per capire lo scenario mondiale e, nel contesto dello scenario mondiale, anche la posizione del nostro Governo che è stata citata e commentata poc'anzi dal collega Procaccini.
Ho preso qualche appunto su quello che è già stato detto in quest'aula. Il Presidente del Consiglio si poneva un paio di interrogativi piuttosto importanti. Qualcuno diceva che non ha capito il perché di questa guerra e io cercherò di fargli comprendere il perché, al di là delle convinzioni personali, delle convinzioni del nostro movimento e del Governo della nazione.
Si è anche detto che le conseguenze della guerra potrebbero essere la restrizione — questo l'ha detto nel suo preambolo il Presidente del Consiglio — della democrazia in Europa.
Ritengo che la democrazia vada difesa e delle volte è necessario difenderla, purtroppo, anche con la forza. Come è stato per quei ragazzi americani venuti nel suolo italiano, chiamati, benvenuti, che hanno ricacciato dei personaggi che erano stati inviati da regime esecrabili come tutti i totalitarismi, come tutte le dittature, come tutte le persone che fanno del male, opprimono altra gente: parliamo del nostro secolo ma parliamo anche dei “dittatorelli”, degli affamatori e dei “tirannelli” che ci sono nel mondo e di cui c’è una rappresentanza forte anche in Medio Oriente, segnatamente oggi parliamo di Saddam, l’uomo che non è contestato dal pacifismo. Quale pacifismo è quello che non contesta il dittatore e contesta la più grossa democrazia del mondo? Quale pacifismo è quello che blocca le ferrovie? Quale pacifismo è quello che si scontra con la polizia? Quale pacifismo è quello che mette delle bandiere con scritto “pace”? La pace la vogliamo tutti, è il metodo che può essere diverso: non picchiare la polizia o mettere le bandiere, ma occuparsi della pace veramente. Il cittadino benpensante, per bene, che sta nella propria casa e agisce nel modo migliore possibile, che si comporta da persona seria, che è onesto, che ha le proprie idee che esprime con il voto, che sceglie il proprio governo regionale e nazionale è un cittadino per bene, non è un pacifista, ma è a favore della pace. E’ a favore della pace chi fa manifestazioni e si scontra con le forze dell’ordine? Questa è la domanda che vorrei porre all’attenzione.
Qualche giorno fa ho presentato un libro in un circolo culturale, a Macerata, proprio sull’antiamericanismo che è una cosa diffusa, endemica in questa nazione, causata da altri fattori qualche anno fa: la guerra delle parole che era stata vinta in questa nazione dal comunismo quel comunismo che, come ha affermato prima il collega Procaccini, è stato sconfitto dalla storia perché ha tiranneggiato sui propri cittadini, su tante nazioni e le schegge impazzite, oggi hanno causato quel terrorismo che poi, sposandosi con politica, ideologia e determinati estremismi religiosi sta mettendo in pericolo la comunità internazionale. C’è un “gendarme”, ormai unico per la sconfitta del comunismo, che oggi deve per forza di cose sacrificare la propria forza, i propri uomini, gli uomini che vorrebbero lottare più per la propria patria, per la propria nazione che per il mondo intero sull’altare del fatto che è l’unica potenza economica e militare che può salvaguardaci dal terrorismo. Allora dobbiamo fare professione di antiamericanismo prima, quello comunista oggi, quello antiglobalista, anticapitalista ecc.? Penso che quei ragazzi che sono morti sulle nostre spiagge, sono morti per noi, oggi vanno a morire per proteggerci da queste cose, devono essere per lo meno rispettati. Ritengo che oggi ci sarà una discussione nei due rami del Parlamento e i nostri legittimi rappresentanti decideranno cosa fare. Dunque basta con questo antiamericanismo. Gli antiamericani li abbiamo esaltati quando ci ha fatto comodo: attenzione a questo sport che in Italia c’è stato, sempre per motivazioni diverse.
Dunque rispetto per i cittadini che esprimono i propri elettori e non per quelle quattro bandiere, quei quattro manifestanti che nelle loro manifestazioni non hanno mai detto “abbasso il dittatore”, “abbasso Saddam”, ma magari bruciano la bandiera americana oppure insultano il presidente degli Stati Uniti che è stato eletto dal popolo americano.

PIETRO D'ANGELO. Ma non santifichiamo una guerra, perdio, Grandinetti! Non si può santificare una guerra.

PRESIDENTE. Consigliere D’Angelo...

PIETRO D'ANGELO. ... vi dovreste vergognare, perdio!

PRESIDENTE. Consigliere, non può permettersi di usare questi termini in questa Assemblea.

PIETRO D'ANGELO. Vergognatevi! Ver-go-gna-te-vi!

PRESIDENTE. La richiamo, consigliere!

PIETRO D'ANGELO. Vergognatevi, perdio! Vi dovete vergognare, a 20 ore da una guerra. State ancora a santificare...

PRESIDENTE. Consigliere, la richiamo per la seconda volta. Non mi costringa a censurarla...

PIETRO D'ANGELO. Vergognatevi! Vergognatevi! Vergognatevi!

ROBERTO GIANNOTTI. Fai la persona per bene...

PIETRO D'ANGELO. Vergognati!

ROBERTO GIANNOTTI. ...sei un incivile...

PIETRO D'ANGELO. Vergognati, vergognati, falso cattolico!

PRESIDENTE. Consigliere, la faccio uscire dall’aula, se continua. E’ l’ultimo avviso che le rivolgo.

FABRIZIO GRANDINETTI. Consigliere D’Angelo, io rimango con la mia assoluta serenità, nella convinzione che le mie idee siano quelle giuste, nel rispetto delle idee degli avversari e rimango sereno a questo attacco che mi sembra un po’ duro — conoscendoci da otto anni — nei confronti di una persona che sta esprimendo correttamente le proprie opinioni. Questo rafforza anche una convinzione che ha avuto sempre il Partito comunista sui verdi: che cioè esistono per cercare qualche posto in Parlamento e nei Consigli regionali. Questa è un’idea dei comunisti: esistete per fare queste sceneggiate verso persone che con molta correttezza e con molto senso di responsabilità esprimono le proprie opinioni, non santificano nessuna guerra.
Detto questo, dopo questa breve parentesi coreografica, dico: perché non fare manifestazioni contro Saddam? Perché non fare manifestazioni contro il terrorismo, che sarebbero veramente da santificare? Perché non riconoscere che la situazione in questo momento, dopo l’attacco alle torri gemelle, dopo gli attacchi terroristici in tutto il mondo è una situazione difficile?
Vorrei che fosse tranquilla e ponderata la discussione in quest’aula, pensando che il Governo di questa nazione non entrerà in guerra con dei militari cercherà in qualche modo di appoggiare un alleato con le proprie basi, in modo logistico, ma non in modo cruento e portando il proprio esercito in battaglia, anche perché ritengo che il nostro esercito, oggi, non sia talmente organizzato da sostenere una guerra e credo che non abbia intenzione di dichiarare guerra ad alcuno, però attenzione nel prendere posizioni a favore di dittatori contro le democrazie, perché questi sono fatti di estrema gravità che possono ricadere, tra qualche giorno, sulle nostre convinzioni sbagliate.
Penso che al di là delle considerazioni e dell’interruzione piuttosto agitata che c’è stata, la posizione nostra è di massima chiarezza. Nessuno vuole la guerra, però non possiamo nemmeno criminalizzare chi cerca di difenderci e di difendersi da situazioni che sono situazioni nuove nel mondo: il terrorismo che attacca le democrazie, attacca i cittadini uccide 3.500 persone nelle Torri gemelle, assalta ambasciate. Terrorismo che ormai si è diffuso in tutto il mondo e che, non essendoci più un antagonismo forte tra le nazioni che erano a capo nella guerra fredda dei vari schieramenti, è molto pericoloso.
Lasciamo in pace il Papa. Il Papa in questi giorni è stato molto strumentalizzato. Potrei portare anche articoli di riviste cattoliche che non voglio enunciare perché ho già superato il tempo, però il Papa ha fatto quello che deve fare un Papa ed è giustissimo. Io sono perfettamente d’accordo, come cattolico, con il Papa. Il Papa non può altro che predicare la pace ed essere contro la guerra. Chi si occupa di cose terrene deve fare considerazioni diverse e purtroppo, a volte, è necessario essere fermi, forti e cercare di difendersi, non di attaccare una nazione.
Lasciamolo stare, specialmente chi è ateo, chi non crede, chi ha fatto manifestazioni di anticlericarismo, chi ha dichiarato di essere contro la Chiesa. Quest’uomo, che è veramente l’uomo del secolo, lasciatelo in pace, lasciatelo espletare, concretizzare il suo ministero, cosa che fa benissimo e non va collegato ad altre realtà e ad altre situazioni di cui si devono occupare i governi e i capi di stato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Siamo ormai a poche ore dallo scatenarsi di una guerra di aggressione da parte degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dei loro alleati contro l’Iraq. Un enorme apparato militare è stato concentrato nella regione del Golfo e si appresta ad apportare distruzione e morte in quelle terre. Non sarà una guerra quella che si svolgerà. Ieri un autorevole giornalista italiano, Vittorio Zucconi, definiva quanto sta accadendo come l’esecuzione di una sentenza capitale. La sproporzione di forze, di mezzi è talmente grande, che nessuno può avere dubbi sull’esito di questa aggressione. Il problema è che la sentenza è stata emanata da un tribunale che non era imparziale. Il giudice che ha emesso questa sentenza è esso stesso, contemporaneamente, il boia che la eseguisce. Il mondo intero è contrario alla guerra. Non sono, come dice il collega Grandinetti, “quattro pacifisti” che oggi manifestano la loro volontà di pace, ma è la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica mondiale, la stragrande maggioranza degli Stati che sono oggi contro la guerra, a cominciare dalla Chiesa cattolica attraverso il suo massimo rappresentante, il quale — voglio ricordare al consigliere Grandinetti che si proclama cattolico ma uomo terreno — ha detto che chi oggi scatena la guerra ne dovrà rispondere di fronte a Dio, alla coscienza e alla storia, non ha fatto una distinzione tra il mandato spirituale e il mandato terreno.

FABRIZIO GRANDINETTI. Non ho detto che la scatena.

ANDREA RICCI. Sappiamo qual è la posizione. Questo gesuitismo non dovrebbe più appartenere alle coscienze cattoliche moderne. Ne prendo atto.
Ma sono contrari alla guerra Stati che fanno parte dell’occidente democratico, che è molto caro a voi, Stati che fanno parte della civiltà democratica occidentale, la Francia e la Germania, ad esempio, che si sono dichiarate contro questa guerra. Centinaia di milioni di persone hanno manifestato contro la guerra, non “quattro pacifisti assatanati e accecati dall’antiamericanismo”. A me pare che voi, colleghi del centro-destra, abbiate perso il contatto con la realtà, siete accecati dal servilismo nei confronti dei padroni del mondo. Questa guerra è priva di ogni legittimazione internazionale. Lo stesso presidente del Consiglio italiano ha dichiarato, quindici giorni fa, che una guerra senza una seconda risoluzione dell’Onu sarebbe stata nefasta e priva di legittimazione. Oggi, di fronte alla volontà dei padroni del mondo, il presidente del Consiglio si inginocchia come un cagnolino, scodinzolando.
Lo scopo della guerra qual è? Si è detto che lo scopo della guerra era il disarmi dell’Iraq, gli ispettori dell’Onu stavano lavorando e compiendo sistematicamente l’operazione di disarmo, sono stati brutalmente interrotti. Si è detto poi che scopo della guerra è combattere il terrorismo. Nessuno ha portato uno straccio di prova sui legami tra il regime laico e dittatoriale di Saddam Hussein e il terrorismo religioso e fondamentalista di al Qaeda. In realtà questa guerra, lo sappiamo tutti, scatenerà una nuova ondata terroristica su scala mondiale e farà in modo che gli atti terroristici che seguiranno a questa aggressione avranno il consenso delle masse del mondo arabo, molto più di quanto non lo hanno avuto fino ad oggi.
In realtà gli Stati Uniti, oggi, affermano che lo scopo della guerra non è né il disarmo, né la lotta al terrorismo ma l’instaurazione di un governo amico nell’Iraq, la sostituzione del regime di Saddam Hussein con un regime filo-americano e lo dicono chiaramente, limpidamente, affermando che l’unico modo per evitare la guerra è appunto l’esilio di Saddam e l’instaurazione di un regime filo-americano, non è né il disarmo né tanto meno la lotta al terrorismo.
Questo vuol dire che gli Stati Uniti vogliono ormai imporre esplicitamente, senza veli, la loro volontà di dominio nel mondo. Non è tollerato alcun governo che non sia prono agli interessi e ai valori degli Stati Uniti d’America.
Si dice che il governo di Saddam è un governo dittatoriale. Assolutamente sì, è un governo sanguinario e vorrei ricordare ai colleghi del centro-destra che le prime vittime del regime di Saddam Hussein sono stati i comunisti iracheni. Il partito comunista iracheno, uno dei più forti partiti comunisti del Medio Oriente, è stato sterminato fisicamente da Saddam Hussein, ma allora Saddam Hussein era un amico degli americani, venne finanziato e aiutato per scatenare la guerra contro l’Iran, venne sempre foraggiato militarmente, finanziariamente e sostenuto politicamente.
Quanti dittatori ci sono nel mondo? Purtroppo tanti. Quanti regimi totalitari antidemocratici ci sono nel mondo? Purtroppo tanti e la gran parte di questi regimi sono amici degli Stati Uniti d’America. L’Arabia Saudita è un esempio chiaro della barbarie che domina gran parte del mondo musulmano. L’Arabia Saudita, uno dei principali alleati degli Stati Uniti d’America ha un regime medievale, che meriterebbe di essere spazzato via nel XXI secolo, ma dovrà essere il popolo dell’Arabia Saudita a compiere questo, non una potenza straniera.
Il vero obiettivo è quindi il dominio del mondo, perché la guerra permanente, infinita, è ormai l’unica risposta alla crisi complessiva del modello economico, sociale, della globalizzazione neoliberista.
Dobbiamo sapere tutti che il mondo ormai, dopo lo scatenarsi di questa guerra di aggressione non sarà più lo stesso che abbiamo conosciuto fino ad oggi. Le conseguenze mondiali di questa guerra, al di là del numero elevatissimo di vittime innocenti che provocherà, saranno terribili. Stiamo assistendo ormai alla fine, alla scomparsa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che è stata umiliata e irrisa dal comportamento degli Stati Uniti d’America. Vi ricordo che oggi, alla riunione del consiglio di sicurezza gli Stati Uniti non andranno con i loro massimi rappresentanti politici. Proprio nel momento in cui stanno per scatenare una guerra affermano, anche con il comportamento simbolico, il ruolo assolutamente irrilevante dell’Onu. Questa guerra ha provocato la spaccatura, la divisione profonda e probabilmente irreversibile dell’Europa.
L’Italia, il Governo italiano è fuori dalla Costituzione repubblicana. Gli Stati Uniti d’America hanno dichiarato al mondo che l’Italia fa parte dei 30 paesi alleati che stanno scatenando la guerra: non c’è stata nessuna risoluzione parlamentare, per questo. Il Governo è fuori dalla Costituzione, il presidente Ciampi ha ricordato, secondo me in maniera troppo ampia, che tre sono le condizioni per dichiarare una guerra legittima sulla base della Costituzione repubblicana: che vi sia una guerra scatenata dall’Onu o da altre organizzazioni internazionali di cui l’Italia fa parte (la Nato e l’Ue). Nessuna di queste tre organizzazioni internazionali è oggi favorevole alla guerra in quanto profondamente divise al loro interno. Il Governo, quindi, sta violentando in maniera chiara, lampante ed esplicita la Costituzione della Repubblica. Occorrerebbe, per rispettare la Costituzione, che oggi in Parlamento il Governo si presentasse affermando che nessun appoggio politico, logistico e militare a questa guerra verrà dato e che l’Italia ripudia questa guerra, come dice l’art. 11 della Costituzione.
Penso che di fronte al tradimento della Costituzione operato dal Governo, le altre istituzioni democratiche dello Stato italiano, a cominciare dalle Regioni, debbono svolgere il proprio ruolo democratico in difesa della Costituzione. Per questo credo che oggi questo Consiglio regionale dovrebbe impegnare se stesso e la Giunta regionale a dare tutto il proprio sostegno e partecipazione ad ogni iniziativa di pace che verrà svolta sul nostro territorio, a cominciare dagli annunciati scioperi generali immediati contro la guerra che sono stati annunciati dalle principali organizzazioni sindacali del nostro paese.
Un secondo impegno credo che solennemente dobbiamo assumere: la dichiarazione di indisponibilità assoluta all’uso militare o logistico del territorio marchigiano. Nessun ruolo di appoggio, di qualsiasi tipo, sia direttamente militare sia indirettamente logistico, deve vedere protagonista il territorio marchigiano. Noi abbiamo delle infrastrutture (porto, aeroporto, ferrovia, strade, apparati radar e di telecomunicazioni). Ebbene credo che il Consiglio e la Giunta regionali debbano proclamare solennemente la propria indisponibilità ad utilizzare il territorio regionale a fini bellici o di appoggio bellico e avanzare formalmente, nei confronti del Governo, del Ministero della difesa, questa indisponibilità proclamata.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Chiedo ai colleghi una votazione preventiva a questo dibattito, cioè vorrei chiedere a chi se la sente di alzare la mano se ritiene, in coscienza, di non affrontare questo dibattito con il veleno — da tutte le parti — del pregiudizio. Tutti noi 40 interveniamo a questo dibattito con il pregiudizio, bisogna che ce lo diciamo Andrea Ricci, Fabrizio Grandinetti...

ANDREA RICCI. Se vuoi che alzi la mano, per non far dire “in aula nessuno ha alzato la mano” le alzo tutte e due. Questo espediente retorico è noto.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. l’ho detto per chiarirci, per dire che purtroppo ci esprimiamo con una parte della nostra verità, quindi è difficile chiederci se per la verità finale immensa, rispondiamo a Dio oppure no, come Andrea Ricci si preoccupava pensando al cattolico Grandinetti... (Interruzione). Collega Ricci, non l’ho fatto per polemica nei tuoi confronti, ho detto che abbiamo la testa occupata dal pregiudizio tutti. Se riusciamo ad ammetterlo reciprocamente, già abbiamo fatto un passo di correttezza reciproca.
La posizione dell’Udc, fin dall’inizio di questa vicenda credo che sia a tutti nota. La posizione di Casini non solo come presidente della Camera, come politico italiano, la posizione del segretario Follini, dei ministri Giovanardi e Buttiglione. Se l’Onu avesse votato una risoluzione di attacco all’Iraq, noi come forza di governo avremmo preteso l’impiego diretto delle forze armate italiane in Iraq, come avvenuto in Kosovo, come avvenuto in Afghanistan. Quindi, la nostra posizione era: legittimazione dell’Onu e se l’Onu chiede di intervenire, interveniamo con le nostre forze armate. Quindi credo che sia noto a tutti che siamo stati i primi nella coalizione di Governo, a dire che se l’Onu non avesse legittimato l’attacco, non avremmo ritenuto in alcun modo legittimo intervenire con le nostre forze armate. La questione si riduce allora a come noi riteniamo, oggi, la posizione del Governo italiano.
Non può il Governo italiano non ribadire un’alleanza con gli Stati Uniti. Questo non pregiudizio prima di noi l’ha sancito D’Alema con il Governo delle sinistre — dico “delle sinistre” come il collega Procaccini simpaticamente parla delle “destre” — perché quel Governo D’Alema ha addirittura deciso l’intervento in Kosovo prima ancora del dibattito in Parlamento, ma noi lo votammo e noi riteniamo che il presidente D’Alema, con quel Governo abbia deciso un atto di grande dignità dell’Italia a favore dei diritti e della pace nel mondo. Oggi la posizione del Governo è vista in maniera diversa. C’è chi ci dice “dovete schierarvi con la Germania e con la Francia”. Anche qui alzi la mano — io ho una grande stima di Chirac come politico illuminato e liberale, come ce l’ho del socialdemocratico Schroeder — che la Germania o la Francia prendano queste decisioni per adesione alle idee pacifiste. Non prendiamoci in giro: la Francia e la Germania hanno i loro interessi, vista la grandissima comunità irachena che sta sia in Germania che in Francia, a non schierarsi con il blocco che oggi decide la guerra.

GIULIO SILENZI. Gli Stati Uniti non hanno interessi?


FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Gli Stati Uniti hanno i loro interessi, questo è sicuro. Chi pensa che non sia vero? Onestamente lo pensiamo tutti, però dovete riconoscere che la posizione dell’Italia oggi non è quella degli Stati Uniti, dell’Inghilterra o della Spagna l’Italia ribadisce una fedeltà all’Alleanza Atlantica. La Francia non era neanche nella nato, già le posizioni di De Gaulle erano diverse, lo sapete benissimo. Il nostro legame con gli Stati Uniti promana, piaccia o non piaccia, da quello che gli Stati Uniti hanno fatto in Italia con i nostri partigiani, liberando questo paese da una dittatura e liberando l’Europa dal nazifascismo. Quindi non posso pensare che gente di sinistra non si ricordi di questo. Poi ognuno si tiene le sue simpatie, ma gli inglesi e gli americani assistevano i nostri partigiani, quindi chiedo alla sinistra almeno una lealtà da questo punto di vista.
Credo che la posizione del Governo italiano, dal punto di vista della simmetria, sia certamente non simmetrica: qualcuno la vorrebbe equidistante dagli Stati Uniti e dall’Iraq, ma questo non è possibile. Oggi l’Italia ribadisce fedeltà all’Alleanza Atlantica, però con una posizione molto moderata e molto rispettosa, perché se voi dite che oggi la posizione dell’Italia è da guerrafondai, di alleanza cieca con li Stati Uniti perché l’Italia metterà a disposizione le basi...

ANDREA RICCI. Lo dice Bush!

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Dovete anche dire, allora, che anche Francia e Germania mettono a disposizione le basi, danno l’appoggio logistico. Ho qui l’intervento di Schroeder e di Chirac che sono contro la guerra, però metteranno a disposizione le basi logistiche. E’ chiaro che all’interno dell’alleanza c’è una contestazione su come questa vicenda è stata condotta, nessuno di noi è d’accordo nell’interrompere con un conflitto tutta la fase diplomatica e quella degli ispettori Onu e credo che il Governo questo l’abbia detto, ma di fronte a un attacco e nella lealtà di un’alleanza è chiaro che la disponibilità logistica come l’hanno data la Francia e la Germania ci sarà. Sarà preso questo, dalla sinistra, come uno strumento di lotta in questi giorni? Ho pieno rispetto nei confronti del mondo pacifista, però voglio ricordare a tutti che qui ci sono colleghi con i quali ho firmato, senza remore e con grande convinzione, le mozioni proposte da Amnesty International sulle torture e i genocidi nel mondo. Lì siamo di fronte a un genocidio di milioni di curdi e Amnesty International l’ha denunciato da anni, sapete benissimo le torture, gli stermini di massa di donne e bambini, fatte anche dal cattolico Tarek Aziz, che non mi procura nessuna suggestione se viene a inginocchiarsi sulla tomba di San Francesco, ma quello è uno responsabile di genocidi e stermini, in Iraq e contro i curdi.
Credo che oggi la posizione del Governo italiano, che anch’io ho visto più debole, più defilata, non allineata, non simmetrica, non schierata, è rispettosa anche di quello che ha detto il Papa. Dato che siamo anche a celebrare in questi giorni i 25 anni della tragedia Moro, ci dobbiamo dire che, sempre per il pregiudizio, Andrea Ricci — io e te ancora eravamo alle elementari o alle medie — Moro è diventato un simbolo per tutti come noi volevamo, come la sinistra anche ha voluto, ma fino a 30 giorni prima del suo rapimento Moro veniva bruciato sulle piazze, era l’uomo dell’imperialismo americano, era l’uomo del bieco capitalismo, cioè diciamo che per le posizioni che prendiamo...

ADRIANA MOLLAROLI. ...vi chiediamo non prevenzione, ma rigore.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Sapete benissimo che era l’uomo dell’imperialismo, del capitalismo americano in Europa e nel mondo. Quando mi si prende ad esempio il Papa è una cosa che ci fa molto piacere, fino a preoccuparci se i cattolici risponderanno a Dio. Questa preoccupazione di Ricci, oggi è veramente commovente, mi ha tolto quasi la parola in gola. Questo Papa andrebbe un po’ più seguito anche per tanti altri aspetti, non quando interessa e secondo quello che interessa i nostri partiti. Questo lo dico anche quando lo utilizziamo troppo noi, però abbiate anche la pazienza di ammettere che questo Papa viene strombazzato e utilizzato secondo le convenienze. Come secondo le convenienze. Oggi facciamo un dibattito in tutto altro clima e non voglio giustificare, ripeto, il comportamento degli Stati Uniti , però diciamo, guardandoci negli occhi, che 3.000 morti in quel modo a New York o a Cuba non sarebbero la stessa cosa per tutti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. In tribunale si dice che i cattivi difensori fanno perdere le cause e francamente alcuni degli interventi che ho ascoltato in quest’aula, in particolare quello di Procaccini ma anche altri passaggi dell’intervento, pure argomentato, del consigliere Ricci, mi fanno pensare che invece di favorire una riflessione un pochino più adeguata, ognuno fa la sua scelta di campo. Le situazioni sono difficili quando non è chiaro da che parte è la ragione, da che parte è il torto. Questa è una di quelle, perché sicuramente tutti registriamo un’America molto aggressiva per le beffe di Saddam, da tempo. L’ultima perla è quella della distruzione dei missili uno alla volta, tanto è vero che dei 120 missili che non avrebbe potuto avere ne ha distrutti solo 58 e ne ha 62 pronti e puntati verso gli obiettivi che sceglierà nelle prossime ore.
America aggressiva per i contratti del petrolio, questo sì, perché in realtà, dietro l’atteggiamento apparentemente umanitario della Francia, ci sono dei contratti per il petrolio che sono stati fermati nei mesi scorsi, che scavalcano le tradizionali forniture che l’Iraq faceva ad altre società petrolifere. America aggressiva anche per il sostegno che Saddam ha dato e che è documentato, alle organizzazioni terroristiche palestinesi che si sono addestrate anche nei suoi campi, anche se sembra che il sostegno al terrorismo internazionale dato da Saddam sia tutto orientato verso il Medio Oriente, però la ferita dell’11 settembre in America è aperta.
Mi è capitato di parlare con degli americani che aderiscono al partito democratico, ma su questo tema sono violentissimi nei confronti di tutti i paesi arabi, compresa l’Arabia Saudita, tradizionale amico dell’occidente, che in qualche modo ritengono siano stati fiancheggiatori, o addirittura solo tolleranti nei confronti del terrorismo.
Quindi sicuramente America aggressiva ma America con delle ragioni. Quella dell’11 settembre è una vicenda che non sarà uno dei tanti atti di violenza terribile accaduti nel mondo, è qualcosa di più e non dimentichiamoci che Saddam fa circa 10.000 esecuzioni l’anno, ogni anno porta a morte 10.000 persone. Andrea Ricci giustamente ricordava che tutti i vertici del partito comunista sono stati praticamente sterminati. Ricordate che il popolo curdo, sotto il regime di Saddam Hussein ha pagato un prezzo altissimo, un milione e mezzo di morti nell’arco di tutta la sua dittatura, circa 10.000 morti l’anno negli ultimi tempi, tutti compresi. Un giornalista di Repubblica — una fonte che non è sicuramente di centro-destra — qualche sera fa, in una delle reti nazionali sottolineava proprio che come uomo di sinistra si vergognava di Saddam Hussein e non se la sentiva di essere vicino a chi solidarizza con l’Iraq. Evidentemente, allora, le cose sono più complesse e secondo me c’è un’Europa debole che corre dietro più le politiche di territorio che altro, perché l’impostazione europea di Francia e Germania non è sensibile ai valori umani ma sensibile agli affari che ci sono con gli acquisti del petrolio in quella parte del mondo. E c’è anche una Onu debole, perché anche l’Onu è molto debole. Una posizione forte dell’Onu, forse avrebbe incapsulato l’America con un altro atteggiamento, invece l’Onu è debole, fa documenti accademici, delle dichiarazioni di principio, ma poi sul piano dell’intervento diretto, serio, forte, sostanzialmente l’Onu è stata presa per il naso dagli atteggiamenti, dalle burle molto bizantine di Saddam Hussein.
Qual è il ruolo dell’Italia? A mio parere — e lo sottolineo — gli interessi dell’Italia sono gli interessi dell’occidente. Visto che il consigliere Procaccini prima ha citato l’ex Unione Sovietica, ricordo che l’ex Unione Sovietica ci ha insegnato che in politica estera non esiste mai una posizione ideologica, tanto è vero che la ex Unione Sovietica si alleò con Hitler quando serviva allearsi con Hitler, si è alleata con i dittatori autoritari nel terzo mondo, in Africa, quando serviva avere dei terreni di penetrazione. Quindi se la politica estera degli Stati non è mai ideologica, credo che gli interessi dell’Italia siano con l’occidente e Berlusconi ha avuto ragione quando si è alleato con la Spagna e con altri dieci paesi europei, che sono europei quanto Germania, Francia, Belgio e Olanda che hanno preso un’altra posizione. L’Europa, purtroppo, è spaccata su questioni di interessi di area locale.
Il Governo italiano ha frenato rispetto alla posizione della Spagna e di altri per una serie di motivazioni di politica interna, primo fra tutti i richiami del Papa e poi il fatto che esiste una larga sensibilità italiana e anche una larga sensibilità del Parlamento italiano rispetto a una posizione di non intervento dell’Italia. Credo che l’Italia non debba coinvolgersi in questo intervento, debba avere una posizione di solidarietà con le sue alleanze, con i suoi alleati tradizionali, nello stesso tempo debba avere un atteggiamento di grande recupero nel momento in cui, se non accadranno fatti nuovi, l’intervento militare ci sarà.
Non me la sento di seguire le speculazioni di chi non dice una parola su 10.000 morti l’anno di Saddam, che saranno molti di più, voglio sperare, dei morti del conflitto. Mi dicevano qualche giorno fa che su un giornale del mondo arabo, pubblicato in Giordania, si dice che c’è molto nervosismo nelle fila dell’esercito di Saddam, perché le truppe di prima linea stanno aspettando di passare dall’altra parte. E’ vero che la Giordania ha un atteggiamento particolare, però significa comunque che dietro Saddam non c’è quel consenso, da parte del popolo, da parte della gente, che Saddam stesso pretende di avere. tra l’altro le epurazioni continue, anche all’interno della sua famiglia, di questi ultimi anni, dimostrano che oggettivamente c’è in Iraq una struttura autoritaria molto forte, ma che non ha poi il consenso della base popolare del popolo che si sente estraneo alle manovre politiche di Saddam stesso.
Concludo il mio intervento dicendo che non posso accettare un giudizio a senso unico di questa Assemblea, pur nella delicatezza del momento e per il fatto che un atteggiamento molto riflessivo da parte del Governo italiano è in questo momento la condizione più utile per il nostro paese.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Non si può restare con i nervi saldi, ascoltando requisitorie contro “quattro pacifisti”, come sono stati definiti, quando invece sono stati milioni i pacifisti di tutto il mondo che cercavano di sollevare un problema, cercavano di far capire che la guerra è il peggiore dei mali. Quindi, come restare tranquilli di fronte a questo tipo di requisitorie? E comunque non si può stare tranquilli quando un dibattito sull’opportunità di una guerra amorale e illegittima, viene spostato sulle nefandezze di Saddam. Noi diciamo nuovamente che nessuno ha mai difeso il regime di Saddam, è inutile che qualcuno pensi di spostare il dibattito su quel versante, perché è chiaramente una dimostrazione di malafede. Nessuno ha mai, tra tutti i pacifisti, detto che il regime di Saddam è un modello da esportare nel mondo. Tutti dicono che il metodo per arrivare a neutralizzare questo regime non era e non è quello della guerra, perché una guerra in quell’area è la peggiore delle medicine, perché una guerra in quell’area provocherà destabilizzazione, perché aumenterà il terrorismo. Va detto una volta per tutte che il terrorismo si alimenta delle ingiustizie. Per evitare il terrorismo non ci vogliono i militari, ci vuole giustizia, perché solo così si toglie il substrato su cui si alimenta il terrorismo.
Nessuno difende Saddam, quindi prego i colleghi di non venire a ribadire ancora una volta le nefandezze di questo dittatore, che oggi è un diavolo, ma ieri che faceva comodo agli Stati Uniti per arginare l’irruenza dell’Iran era un santo anzi gli si fornivano pure le armi di distruzione di massa, perché è l’occidente che ha fornito le armi a questo signore finché faceva comodo. Oggi è un Satana e come lui è un Satana Noriega. Anche Noriega nel Centro America era un agente della Cia e finché faceva gli interessi degli Stati Uniti era un santo, poi è diventato un narcotrafficante da mettere in galere. Lo stesso Bin Laden finché doveva combattere i russi era un santo, oggi è un Satana.
E allora, per favore, spostiamo il dibattito dal discorso di Saddam e diciamo che le guerre, come dice la nostra Costituzione, sono il peggiore dei mali e vanno ripudiate, questo è il concetto a venti ore da una guerra decisa in modo unilaterale. L'arroganza non dico degli Stati Uniti d’America, dico dell'amministrazione dei petrolieri degli Stati Uniti d’America, questa arroganza da texani, da far west, questa va combattuta. non mi sento di mettere nello stesso calderone tutti gli americani, perché fra i milioni di persone che hanno sfilato in favore della pace, molti erano anche americani e si fanno anche uccidere, perché quello che è successo giorni fa in Palestina con l’uccisione di una pacifista americana è noto a tutti, quindi non bisogna generalizzare il discorso. Purtroppo, oggi ci troviamo di fronte a una amministrazione di petrolieri, ad un presidente degli Stati Uniti d’America burattino delle lobbies dei petrolieri e degli armamenti, questo è il vero dramma di questa società contemporanea.
Il problema è proprio di questa arroganza, non è del pericolo-Iraq per la convivenza mondiale, perché è ridicolo. Hanno iniziato prima dicendo che bisognava disarmare l’Iraq, poi bisognava battere il terrorismo, poi bisognava che andasse in esilio. Quindi, sempre di più: disarmo, terrorismo, esilio. Non basta, l’ultima è di ieri: anche andassero in esilio Saddam e i suoi figli, non sarebbe sufficiente, perché le truppe americane comunque entrerebbero in Iraq. Ma vi rendete conto che tutto ciò è un alibi perché la guerra è stata decisa da tempo? In Iraq non vogliono un governo-fantoccio, è troppo poco: vogliono un protettorato a gestione militare, questo vogliono.... Favia, togli quella bandiera, mettici quella italiana, fai meno ridere i polli. (al consigliere Favia che ha appoggiato la bandiera degli Stati Unii sul suo tavolo).

DAVID FAVIA. Quella è nel mio cuore.

PIETRO D'ANGELO. Fai ridere, fai pena. Fai pena! Metti la bandiera italiana, non quella americana.

PRESIDENTE. Consigliere D’Angelo, per cortesia, l’ho richiamata due volte. La terza è una cesura e un’espulsione. (Interruzione del consigliere Giannotti)

PIETRO D'ANGELO. Falso cattolico, per piacere stai zitto! E anche ipocrita (al consigliere Giannotti).

ROBERTO GIANNOTTI. Tu sei un verde avariato!

GIULIO SILENZI. Avete contro la maggioranza del popolo italiano.

ROBERTO GIANNOTTI. Come nelle elezioni, Silenzi.

PIETRO D'ANGELO. Dicevo che questa guerra era già stata decisa. Niente a che fare con la sicurezza, niente a che fare con il terrorismo, questa è una guerra decisa per il potere e per la gestione delle risorse economiche. Vogliono un protettorato in Iraq e la grande massa della comunità internazionale, compreso il Papa che non è cosa da poco, soprattutto per i cattolici non falsi e ipocriti, dice che non è giustificabile una guerra di questo genere. Ebbene, vogliono mettere le mani, vogliono ridisegnare i confini politici del Medio Oriente, ma contro tre nazioni Bush, il “leccapiedi” Tony Blair e Aznar... (Interruzione). Gliel’hanno detto i suoi sudditi, carissimo Gasperi, non io. Questi tre signori dovrebbero ascoltare la voce che viene dai propri cittadini. Tristo è quel politico, quell'amministratore incapace di ascoltare: lo diceva molti secoli fa lo stesso imperatore Adriano nelle sue memorie. Tristo è quell’amministratore che non è capace di ascoltare. L’82% dei cittadini dell’Europa sono contrari a questa guerra e loro vanno sparati verso questa guerra. La maggioranza della popolazione mondiale dice che è una guerra immorale e tre governanti vanno in quella direzione.
Mi auguro che il primo a cui verrà presentato il conto sia Tony Blair, perché già si intravede qualcosa e poi mi auguro che anche per gli altri ci sia lo stesso trattamento da parte dei cittadini. Come è possibile, Favia, mettere una bandiera di quel genere sul tavolo, quando la maggioranza dei cittadini del mondo dice no alla guerra? Questo è un guerrafondaio e mette a repentaglio la convivenza civile di tutti i popoli. Eco perché faccio un appello a tutti quanti coloro che non hanno perso ancora il senso della ragione, a levare almeno una parola contro questa follia che si chiama guerra.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

UMBERTO TRENTA. Colleghi, con molta tristezza oggi prendo la parola. La tristezza per il fatto della guerra accomuna tutte le coscienze, soprattutto perché si pone come negazione forte della vita. La vita è un dono che non ci appartiene e nessun uomo ha il diritto di metterla a repentaglio per ragioni pur logiche, pur profonde e pur vere.
Gli equivoci che sono alla base di una guerra che si può ritenere giusta da una parte e non giusta dall’altra — e proprio questo fatto mi turba — sono tanti. Si parla del Papa, ne hanno parlato quasi tutti i miei colleghi consiglieri, dando al Papa un significato quasi assoluto. Molti hanno dimenticato che la Regione marche si accingeva a mandare il gonfalone e 100 milioni al “Gay pride”. Sarebbe stata l’offesa più grande che una Regione avrebbe potuto fare, proprio al senso assoluto che il Papa rappresenta. Pace è la parola di Dio, pace e bene è la parola di San Francesco. La marcia della pace, con i vessilli della bandiera della pace è diventata quasi un teatrino della politica, i pro e i contro. Quindi no alle strumentalizzazioni che sono alla base vera di quella coscienza ipocrita e pelosa che in molti ostentano. Guardo con tristezza i balconi delle nostre città: espongono la bandiera della pace. La pace, signori miei, è qualcosa che abbiamo dentro e nasce dal cuore degli uomini liberi. Libertà significa che dove inizia la mia finisce quella dell’altro. Nella diversità, questa libertà dell’altro finisce dove inizia la mia. Ma per un comune sentire non ci sono regole demagogiche o regolamenti di Consiglio o diritto di veto. Parlavo con la collega Silvana Amati, che insieme alle donne di questo Consiglio sono equanimemente madrine della legge regionale sulla pace. In quel gioco di parole, Silvana, c’è “veto”, “voto”, “vita”.
Signori, con imbarazzo vivo la mia posizione in maniera travagliata, con vera emozione, perché mi trovo allineato con un Governo che si trova nell’imbarazzo di dover riconoscere una guerra al terrorismo, e forse questa è l’unica ragione per la quale riesco a comprendere o cerco di comprendere. Ma non posso non provare lo stesso imbarazzo per una risoluzione votata da Bertinotti con Cossiga, che dice che se l’Onu è d’accordo si fa la guerra e allora diventa una guerra giusta. Una guerra non è mai giusta, e con sofferenza debbo ammettere che un Governo nel quale mi riconosco ha una determinata posizione. E’ difficile andare avanti così. Ecco perché ritengo che questo Consiglio debba lavorare insieme per l’”Onu dei bambini” ad Ancona, nella Cittadella di Ancona. Partiamo dall'educazione, ritorniamo al termine “educare le coscienze dei nostri bambini”, alla tolleranza, alla cultura dell’amore, alla scelta di una civiltà d’amore.
Parlavo il 10 marzo, qualche giorno fa, con Tara Gandhi e mi pregio concludere con un messaggio che univa Tara Gandhi a Madre Teresa, quel manifesto che quasi tutti avete sottoscritto e che sta legando in un discorso internazionale il messaggio di queste persone, Nobel eccezionali come Martin Luther King, come Madre Teresa di Calcutta e come il non Nobel, ma per me Nobel Gandhi: “Amore, tolleranza, dignità umana, spiritualità e bellezza”. Questa è l’università della pace.
Alle belle parole, agli scontri duri in aula facciamo seguire fatti concreti che siano di esempio ad un’Onu che non riesce più a dare, proprio per quel veto maledetto, il diritto di voto e di pari dignità umana a tutto il genere umano nella sua universalità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. L’ultimatum pronunciato dal presidente degli Stati Uniti Bush conferma il grande isolamento internazionale in cui sono precipitati i signori della guerra. La guerra anglo-americana contro l’Iraq non ha ottenuto l’autorizzazione dell’Onu, non ha il sostegno della maggioranza del popolo americano e incontra l’opposizione di quasi tutto il mondo. Un atto estremamente importante, che purtroppo non basterà a salvare centinaia di migliaia di vite umane e che rende ancora più evidente la gravità della decisione del Governo degli Stati Uniti e dei suoi alleati. La guerra contro l'Iraq non c’entra nulla con la giusta lotta al terrorismo e con la distruzione delle armi di distruzione di massa. Il regime di Saddam Hussein va combattuto, come vanno combattuti tutti i sistemi dittatoriali e antidemocratici. I loro popoli vanno sostenuti perché, come qualcuno diceva, con l’aiuto della comunità internazionale — e non della Cia — riescano autonomamente a conquistare i propri legittimi diritti di giustizia e i libertà.
La guerra contro l'Iraq deve essere considerata per quello che è: una chiara violazione della legalità internazionale, dunque un atto illegale, illegittimo, vietato dalla Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, un crimine contro l’umanità.
Tutti i responsabili di crimini contro l’umanità e i grandi violatori di diritti umani debbono essere perseguiti dalla coscienza dell’umanità e dalla giustizia penale internazionale, che da oggi dispone del tribunale penale internazionale. Oggi ciascuno ha la possibilità di scegliere: sostenere supinamente questi atti criminali, questo omicidio in grande che sta per travolgere l’Iraq e farsi complici degli assassini, oppure alzare la propria di condanna e mettere la propria vita la servizio del diritto. Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità, a cominciare da coloro che hanno assunto la responsabilità di guidare il nostro paese e io credo che un forte no dell’Italia alla guerra avrebbe forse potuto far evolvere diversamente la situazione.
Credo però che anche noi istituzioni regionali abbiamo dei diritti e dei doveri da portare avanti. Qui più volte è stata richiamata la situazione dell’Iraq. Voglio ricordare ai colleghi le parole con le quali Robin Cook, ex ministro del governo Blair si è dimesso facendo riferimento alla minaccia discutibile ala quale ci troveremo di fronte. Dice Cook: “E’ probabile che Saddam detenga armi chimiche e biologiche, ma le ha fino dagli anni ‘80, quando società americane vendettero a Saddam spore di antrace e il governo britannico di allora approvava l’esistenza di fabbriche di agenti chimici e materiale bellico. Perché mai, ora, è così urgente intervenire militarmente per neutralizzare una potenza militare che esiste da vent’anni e che abbiamo contribuito a creare? Perché mai dobbiamo ricorrere alla guerra in queste settimane, quando l’ambizione di Saddam a portare a termine il suo programma di armamenti è bloccata dalla presenza degli ispettori dell’Onu? Soltanto un paio di settimane fa è stato dichiarato al sistema di sicurezza che ci sarebbe voluto qualche mese per portare a termine le ispezioni”. Dice sempre Cook: “Ho sentito dire che l’Iraq non ha che poche cose da poter utilizzare e tra l’altro si diceva che in 12 anni ci sono state diverse risoluzioni e a queste ci si appella”. Dice ancora Cook, ma forse lo possiamo ricordare anche noi, che “Sono più di trent’anni che c’è la risoluzione 242 dell'Onu che ha chiesto a Israele di ritirarsi dai territori occupati, eppure non si dà prova della medesima impazienza di fronte al persistente rifiuto d’Israele di conformarsi a tale richiesta”. Questo evidentemente sta a indicare che nel Medio Oriente si stanno perpetrando delitti ugualmente pesanti e gravi e io credo che sia almeno utile ricordare in questa sede, che forse è importante anche il nuovo appello per la liberazione della Palestina contro l’occupazione dei territori, per fare due paesi e due popoli che possano convivere e ricordare, tra i tanti morti che ci sono da ricordare in questi giorni, anche quella pacifista americana di 23 anni che è stata uccisa dalle ruspe israeliane in quella zona, quando si distruggevano le case dei presunti familiari di presunti terroristi.
Credo che noi abbiamo una grande preoccupazione colleghi, e che non possiamo non denunciare la situazione italiana in questo momento e quella internazionale; non possiamo non richiamarci ai cittadini. Mi stupisce che Trenta non veda il valore di quelle bandiere che sventolano dai diversi balconi. Per tutti noi è stato un grande segnale di nuova partecipazione, di volontà di esserci, di volontà di testimoniare, della gente comune che abbiamo ritrovata vicina pur nelle diversità che, come noto, sono un valore per tutti. Due milioni e mezzo di bandiere che sventolano dai balconi di persone diverse — perché sappiamo benissimo che dietro ogni bandiera ci può essere e ci sarà senz’altro, come nelle grandi manifestazioni che abbiamo visto, come quella del 15 febbraio, dove c’erano suore e alternativi, giovanotti e vecchiette, le signore che non avevano mai partecipato a manifestazioni e le forze politiche — esprimono una volontà forte della gente di tornare a partecipare per la pace. Credo che in questo ci sia stato un segnale forte che le forze politiche non possono non vedere: quello di avere sconfitto l’indifferenza, un’indifferenza pesante e pericolosa per quanto riguarda la partecipazione che in questo caso è sulle questioni della pace, ma che è elemento essenziale per difendere la democrazia.
Credo anche che ci sia bisogno che noi ci poniamo un problema: a che cosa è servita tutta questa mobilitazione se ci sarà questa sera, questa notte l’evento drammatico di un conflitto già segnato? Ci sarà uno scoramento? Ci sarà il rischio di una rassegnazione? Io credo che noi abbiamo il dovere-diritto di testimoniare anche la volontà di andare avanti, di avere punti di riferimento forti: la Carta costituzionale italiana e la Carta dell'Onu La gente vuole — e noi siamo rappresentanti dei cittadini e a loro ci dobbiamo rifare — che si diano segni di credibilità e di coerenza quando si parla di pace. I ritardi che ci sono stati sono stati gravi, preoccupanti. Occorre che noi, da oggi diamo segnali della volontà delle istituzioni di continuare ad esercitare mobilitazioni preventive, non guerre preventive fuori da ogni diritto.
Leggevo quest’oggi una frase di Goebbels, che diceva che “la diplomazia è il nome con cui le razze inferiori chiamano la loro paura, ma ora è riapparsa sulla scena una razza superiore e tutto questo sparirà nella spazzatura della storia”. Credo che noi abbiamo il dovere-diritto di far sì che queste frasi non siano più attuali ma restino delegate nel buio di una storia passata, quindi abbiamo li dovere di esercitare una mobilitazione preventiva che vuol dire mobilitazione per i diritti umani, per costruire un’Europa dei cittadini che parta dal ripudio della guerra, quindi dalla proposta di mettere nella Carta costituzionale europea un’ipotesi di testo simile a quella dell’articolo 11 della nostra Costituzione, che ci sia un impegno perché si batta la povertà e si globalizzino i diritti nella valorizzazione delle differenze.
Credo che noi abbiamo, oggi, non esercitato un rito, ma dato un segnale forte, colleghi, perché siamo molto preoccupati della situazione nazionale ed internazionale, esprimiamo massimo allarme, abbiamo ferma contrarietà verso questa guerra illegittima sul piano del diritto internazionale, siamo pronti per esserci domani — se questa notte inizierà il conflitto — alle 10 per quanto riguarda questa città, in piazza Roma, nelle città più grandi, nelle piazze principali dove le forze sociali hanno già indetto mobilitazione e io credo che le istituzioni debbano essere a fianco delle forze sociali con le loro rappresentanze, con i loro gonfaloni. Siccome non c’è una manifestazione regionale ma ci sono diverse, molteplici manifestazioni locali. Credo che il nostro Consiglio e la nostra Giunta regionale debbano poter aderire all’iniziativa di Ancona, sostanziando una bella frase di una poetessa visiva che è venuta ad aprire qui una mostra, che ha contrapposto il nostro pentagono di pace e la Mole Vanvitelliana al pentagono di guerra che c’è da altre parti.
Concludo questo mio intervento con l’invito forte di riuscire a dare segnali costanti di lavoro nella costruzione della pace, nonostante quello che sta verificandosi oggi nel mondo e anche di valorizzazione del diritto e di difesa della Costituzione italiana, alla quale credo tutti ci dovremmo richiamare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

DAVID FAVIA. Cari colleghi, ho voluto compiere, questa mattina, questo gesto forte di esporre... (il consigliere Novelli toglie la bandiera degli Stati Uniti d’America dal tavolo del consigliere Favia).

SERGIO NOVELLI. L’hai voluto compiere, ora l’hai compiuto.

DAVID FAVIA. Dicevo che ho voluto compiere questo gesto forte di esporre la bandiera degli Stati Uniti, nel poco tempo che ho avuto — e in questo condivido il gesto di Franca Romagnoli e degli amici di Alleanza nazionale, ma non sono riuscito a trovare una bandiera italiana, perché le avrei esposte abbinate (con riferimento al fatto che i consiglieri di Alleanza nazionale hanno posato, aperta, sul proprio tavolo, la bandiera italiana) — per richiamare un riequilibrio necessario nella discussione di questo problema, perché ho la sensazione che si siano completamente sbagliato i parametri di discussione.
Noi abbiamo completamente dimenticato la tragedia dell’11 settembre, abbiamo completamente dimenticato tutta una serie di avvenimenti che rappresentano un segnale chiarissimo e stiamo soltanto dare spazio a un mai sopito antiamericanismo che sta speculando sulla paura della gente che è una paura giusta, una paura di ritorsioni, che non può però farci dimenticare i nostri obblighi nei confronti della comunità internazionale.
Diceva giustamente ieri Antonio Tajani, nostro capogruppo al Parlamento europeo, che l’aria è quella di giudicare gli Stati Uniti d’America e George Bush e non Saddam Hussein e non la criminalità del terrorismo. Credo che vada sempre ricordato che il criminale, il dittatore è Saddam Hussein, non sono George Bush, gli Stati Uniti d’America.
Mi fa piacere e dispiacere ricordare in quest’aula che 221.000 statunitensi sono morti sul suolo europeo durante la seconda guerra mondiale. Credo che in questa discussione dobbiamo fare un’analisi a due livelli: un’analisi storico-etica e un’analisi politica attuale.
Non possiamo dimenticare che nei confronti degli Stati Uniti d’America abbiamo un debito epocale. Due volte nel secolo scorso gli statunitensi sono venuti sul suolo europeo per aiutarci a vincere delle guerre mondiali giuste, delle guerre del bene contro il male. Non vorrei dimenticare che gli americani ci hanno salvato dal comunismo bloccando i russi e non a caso metto questo evento prima ancora della sconfitta del nazismo, che pure è stato un atto assolutamente meritorio. Ci hanno salvato e liberato due volte con un’unica guerra: dal nazismo di Hitler e hanno bloccato i russi consentendo all’Italia di rimanere fuori dal Patto di Varsavia, dalla sfera d’influenza russa. Credo che nazioni come Francia e Germania, alle quali va attribuita la responsabilità di avere spaccato la Nato, di avere spaccato l’Europa e l’Onu, abbiano troppo in fretta dimenticato i benefici che sotto quella bandiera che il collega Novelli indebitamente e scorrettamente ha strappato dal mio tavolo, sono pervenuti all’Europa.
Detto questo c’è da analizzare un problema contingente. C’è stato un attentato gravissimo — e già l’abbiamo dimenticato — l’11 settembre, un attentato terroristico che è stato un vero e proprio atto di guerra nei confronti degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono legittimati, sono abilitati a fare guerra da soli perché sono stati coinvolti in guerra dal terrorismo. Ci sono prove a mio giudizio più che sufficienti, di una pericolosità e di una connessione del regime iracheno con il terrorismo, ma forse ci dimentichiamo che quel ridicolo disarmo che gli ispettori dell’Onu hanno iniziato a mettere in campo ha scoperto dei missili che contenevano armi biologiche, armi batteriologiche? Ci dimentichiamo che Saddam Hussein ha confessato di vere avuto, ma solo fino a poco tempo fa, armi di distruzione di massa?
Diceva prima un collega che l’Iraq è stato armato dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra vent’anni fa, quindi è implicito che Stati Uniti e Inghilterra sappiano per certo quali armi micidiali abbia l’Iraq. Non ci trovo niente di strano che sia stato armato in un momento in cui era uno Stato affidabile e lo si voglia ora disarmare nel momento in cui è diventato assolutamente inaffidabile.
Non credo che sussista un problema di guerra di culture o di guerra di religione, questa non è una guerra di aggressione, questa non è una guerra preventiva, questa è una guerra contro il terrorismo, una guerra di difesa. Noi mondo occidentale che appoggerà gli Stati Uniti in questa guerra di difesa, siamo stati aggrediti e non vogliamo assolutamente andare contro l’Islam, tanto è vero che tra i 45 paesi che sostengono gli Stati Uniti ci sono tantissimi paesi islamici, quindi questa non è una guerra di cultura, non è una guerra contro l'Islam.
Saddam Hussein non ha voluto disarmare, è odiato dal mondo islamico e dal proprio popolo, quindi questa deve essere considerata anche come una guerra di liberazione del popolo iracheno e mi fa sorridere chi dice che il popolo iracheno dovrebbe o potrebbe liberarsi da solo. Forse noi siamo stati in grado di liberarci dal fascismo e dal nazismo da soli? Vogliamo veramente credere che la Resistenza o la guerra di liberazione fatta dai nostri patrioti, dai nostri contrastanti il nazismo e il fascismo sarebbe stata sufficiente a liberarci senza l’apporto strategico degli Stati Uniti e degli alleati? Questa è follia. Da una dittatura non sempre è possibile liberarsi da soli, quindi non posso condividere quello che diceva prima D’Angelo quando sosteneva che gli americani vogliono imporre un protettorato. E’ stato dichiarato ieri che una volta liberato l’Iraq verrà messo sotto l’egida delle Nazioni Unite che purtroppo Francia e Germania hanno contribuito ad indebolire nel proprio potere politico e che ci saranno libere elezioni quindi l’Iraq sarà governato da un governo voluto liberamente dal proprio popolo e questa è la finalità.
Non vorrei che ci nascondessimo dietro il dito di questo pacifismo peloso di Francia, Germania, Russia e Cina quando sappiamo benissimo e con assoluta certezza che questo pacifismo di facciata è dettato soltanto dalla tutela di interessi economici, interessi petroliferi ed altro che queste nazioni hanno in Iraq.
Non voglio fare una difesa della guerra, questo è lontanissimo dal mio modo di essere, mi sembra una strumentalizzazione dire che chi sostiene questa azione degli Stati Uniti è contro la pace. Tutti siamo per la pace, però ricordatevi sempre la figura di Chamberlain quando scese all’aeroporto di Londra con il suo ombrellino dopo la Conferenza di Monaco del 1938: anche in quel omento ci fu la prevalenza di un pacifismo di maniera e Hitler invase Polonia, Cecoslovacchia, Francia, l’Europa intera e fu fermato soltanto da una guerra giusta degli americani.
Quindi ricordiamo la storia, perché non sempre il pacifismo e non sempre il sostegno della maggioranza, di una maggioranza intimorita può essere giusto. Chi governa e ha delle responsabilità di fronte alla storia, deve anche saper scegliere in profonda solitudine ed anche in minoranza, perché non sempre le maggioranze popolari hanno ragione, in quanto sono influenzate non da un senso della storia e del dovere nei confronti della propria popolazione e della storia come dei governanti avveduti possono fare.
Certo, entrare in guerra è sempre una cosa difficile, una cosa preoccupante, però bisogna avere il coraggio di fare determinate azioni. Mi auguro che questa guerra duri poco, che sia una guerra rapida e che infligga il minor numero possibile di sofferenze al popolo iracheno, però questa è una guerra di difesa, una guerra giusta, una guerra contro il terrorismo.
Condivido perfettamente le parole del nostro ministro degli esteri Frattini e mi rimetto — credo che questo sia doveroso e legittimo — completamente alle decisioni del nostro Governo e del nostro Parlamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Noi abbiamo esposto la bandiera italiana innanzitutto perché sentiamo l’orgoglio, sempre forte, di esporre, prima di ogni altra bandiera, quella nostra, poi perché riteniamo profondamente equilibrato l’atteggiamento dell’Italia in questa situazione, un’Italia che proprio perché ha aspettato fino ad oggi per decidere, ha rispettato anche gli atteggiamenti e le eventuali risoluzioni che da parte dell’Onu e di altri organismi internazionali potevano e dovevano intervenire; atteggiamento rispettoso che non è invece intervenuto ad opera della Francia, ad opera della Germania, così come, probabilmente, non è intervenuto ad opera degli Stati Uniti. Non siamo sicuramente, in questo frangente, filo-americani, tutt'altro, rivendichiamo la nostra posizione autonoma, vogliamo però equiparare l’atteggiamento — se così vogliamo definirlo — di imperialismo unilaterale degli Stati Uniti a quello altrettanto preoccupante di quella che qualche anno fa la rivista Limes chiamò la “Framania”, cioè Francia e Germania che sono davvero accomunate da queste smanie, per lo meno da queste fughe in avanti mai sopite, rispetto ad un’Europa nella quale probabilmente non credono, perché credere nell’Europa significa anche aspettare insieme le decisioni dell’Europa, non monopolizzare il suo dovere decidendo prima cosa bisognasse fare.
E’ inutile anche sottolineare come questa spaccatura dell’Europa sia per noi profondamente preoccupante. Abbiamo fatto di tutto per evitarlo. Se anche la Francia non avesse anticipato la propria visione delle cose, così come l’Italia ha fatto, probabilmente l’Iraq sarebbe potuto anche venire a migliori consigli e a migliori decisioni, prendendo sul serio un ultimatum che non era esclusivamente degli Stati Uniti ma che vedeva un’Europa unita. Ogni frattura, ogni frizione, si sa, favorisce chi di questo vuole approfittare, quindi anche la dittatura di Saddam che non aspettava altro, direttamente o indirettamente, che degli appoggi così come riteniamo, da parte di queste due potenze europee, siano intervenuti.
Il problema è davvero l’Onu, un’Onu che è stata da sempre, purtroppo, organismo debole, un’Onu che ha visto più volte le proprie risoluzioni non eseguite per varie ragioni. Un po’ per una fisiologia debolezza del diritto internazionale, perché sappiamo tutti che una super potenza che abbia la cogenza, il potere coercitivo, la statualità dei singoli stati non esiste, quindi è chiaro che l’applicazione e l’osservanza del diritto internazionale è cosa ben più difficile di quanto poi si riesca invece a fare nell’applicazione dei propri diritti interni, un po’ perché l’Onu è in crisi finanziaria forte, un po’ perché non tutti gli Stati membri credono nella efficacia e nell’importanza dell’Onu. Un’Onu in crisi che non è riuscita a dire la sua un’0nu in crisi che non ha detto la sua anche in altre occasioni, quando si è trattato di decidere ugualmente da parte dell’Italia e di un Governo di centro-sinistra, di intervenire nel conflitto armato in Kosovo. Anche lì l’Onu non ha espresso una risoluzione per l’intervento bellico, anche lì però l’Italia intesse intervenire in maniera ben più forte e diversa di quanto invece, probabilmente farà oggi.
Noi riteniamo che la proposta del Governo di oggi sia rispettosa dei paletti e dello sbarramento imposto dall’art. 11 della Costituzione, perché tutto si gioca lì, al di là degli atteggiamenti di pacifismo ad oltranza, al di là delle speculazioni, al di là anche delle strumentalizzazioni, che sono avvenute, delle parole del Santo Padre. Io mi permetto di dire che le parole del Santo Padre o si prendono per buone sempre o è inutile digiunare e prenderle ad usum delphini in questa circostanza, in questa situazione. Si commetta da sé la strumentalità della cosa.
Prendo per buoni tutti questi aneliti pacifisti, debbo però assolutamente sottolineare come, al di là di questo, il discorso da fare sia prevalentemente di carattere giuridico-costituzionale, così come molti, anche sulle pagine de Il Corriere della Sera ultimamente hanno tentato di fare, dando delle interpretazioni particolari, per alcuni proprio di sbarramento totale rappresentato dall’art. 11 nei confronti della guerra, per altri aprendo varchi più possibilisti. E’ lì che si gioca la partita ed è questo che io ritengo sia stato invece eseguito, osservato in maniera legittima e costituzionale da parte del Governo italiano.
L’art. 11 è un capolavoro sotto molto aspetti, perché sancisce proprio il principio della cosiddetta ritrazione del potere statale e della norma dell’ordinamento interno statale nei confronti di norme comunitarie. L’ordinamento si ritrae per fare spazio alle norme di diritto comunitario e per fare spazio alle decisioni, appunto, di organismi internazionali quali l’Onu. E’ una chiara ritrazione del legame di nazionalità nei confronti del principio, ben più valido, di ingerenza umanitaria.
E’ stato fatto adoperando il termine forte adoperato dai nostri padri costituenti — così come Andreotti ricordava nelle pagine de Il Corriere della Sera — cioè adoperando il termine di ripudio, non di rifiuto, non di sfavore ma proprio di ripudio della guerra. Allora, chiediamoci: è un ripudio assoluto o un ripudio condizionato a quello che l’Onu potrebbe in maniera differente decidere? Io non credo che sia un ripudio assoluto come invece molti credono, perché molti dicono che se non c’è aggressione, quindi se non c’è atteggiamento di difesa, di reazione dello Stato italiano, in nessun altro caso ci può essere reazione bellica italiana. C’è chi sostiene — anche il costituzionalista Barbera — che se l’Onu decide diversamente siamo autorizzati a seguire anche linee di conflitto armato, così come in passato è avvenuto; se l’Onu non decide non siamo autorizzati a farlo. E l’Italia non fa. Infatti non entra in un conflitto armato, l’Italia, in esecuzione dei trattati bilaterali e comunque Nato, pone a disposizione, qualora il Parlamento intenda approvare questa proposta, le proprie basi, così come non potrebbe non fare. Esegue però alla lettera il principio che non ammette deroghe, dell’art. 11 della Costituzione. Rispetta l’Onu e proprio il fatto di decidere oggi, quando l’Onu deciderà ugualmente oggi, fa sì che il rispetto sia chiaro, sia lampante. Si pone anche il problema non solo di prendere le distanze da una posizione degli Stati Uniti che poteva essere diversa. Io ho tutte le perplessità su questo intervento armato. Capisco, come molti dicono, che la guerra sia iniziata l’11 settembre, credo fermamente nei legami di Saddam con il terrorismo internazionale, quindi in una legittimazione che l’America ritiene di avere nel continuare una guerra già iniziata. Dico che scardinare gli organismi internazionali così come potrebbe avvenire, è una cosa grave. Da questa scommessa e con l’equilibrio che l’Italia a mio avviso dimostra, dovrà uscire una rifondazione dell’organismo delle Nazioni Unite o di organismi che possano e siano in grado di sostituirlo ma in maniera forte, veramente una sorta di super potenza democratica, che sia però dotata di poteri davvero “di statualità”, così come oggi, invece, non solo le risoluzioni Onu non sono leggi, ma il diritto comunitario internazionale, pur essendo affidato a questi organismi è limitato di per sé nella possibilità di porlo in esecuzione.
L'atteggiamento dell'Italia favorisce e favorirà una ricostruzione ed un recupero di autorevolezza e di credibilità di questi organismi super nazionali ed internazionali; l’atteggiamento degli Stati Uniti non favorisce sicuramente questa strada, come non la favoriscono gli atteggiamenti di Russia, Germania, Francia. Se di imperialismo dobbiamo parlare, parliamo di spinte, di aneliti imperialisti unilaterali da più parti. Se tutti avessero fatto come l’Italia, la credibilità dell’Onu sarebbe stata probabilmente maggiore e l’effetto deterrente, quindi l’ultimatum su Saddam sarebbe stato sicuramente più efficace.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Signor Presidente, colleghi, credo che la discussione che il Consiglio regionale questa mattina ha deciso di fare sia una discussione importante e spero che sia un segnale a tutta la comunità marchigiana su un tema che sta a cuore a tutti e credo che rientri in quello che dovrebbe essere un sentimento generalizzato da parte di coloro che amano la libertà, amano la pace, rispetto ad un fatto a cui nessuno pensava si dovesse arrivare. In effetti, probabilmente in fondo al nostro cuore sapevamo che da tempo era un fatto deciso e credo che dobbiamo riflettere su questa situazione, non solo per il fatto in sé che è di una gravità incredibile, ma per le conseguenze che comporterà questa decisione del governo americano.
Credo che dobbiamo riflettere anche in considerazione delle valutazioni che si sono fatte dopo l’11 settembre, che ha cambiato sicuramente lo scenario internazionale, ha cambiato rapporti internazionali, ma soprattutto ha messo in evidenza che il fenomeno del terrorismo, che ha assunto una dimensione inusitata, sta prendendo sempre più corpo nel mondo e invece che capirne le cause — ci eravamo sforzati di studiarle, di vedere l’origine vera di questo terrorismo — vi fa arrivare a una soluzione, dopo l’Afghanistan, che in qualche modo porta lo stesso segno del terrorismo, cioè la violenza.
Credo che il mondo civile non possa non riflettere su questo risultato che pone in crisi i valori sostanziali su cui abbiamo costruito e sviluppato nel mondo le nostre democrazie.
Nonostante questa esperienza, nonostante tutte le valutazioni non siamo riusciti a superare una logica che ritenevamo superata, una logica — quella della forza e della violenza — che non ha mai risolto, negli ultimi anni, nel dopoguerra in modo particolare, i problemi del mondo. Ci si appella sì, in maniera molto romantica, a prese di posizione, ma di fatto dobbiamo renderci conto che questa nostra democrazia occidentale non riesce a realizzare quell’azione necessaria di cooperazione internazionale che eviti la violenza, che eviti l’imbarbarimento. E’ inquietante che questo messaggio, nonostante che sia stato colpito direttamente, provenga dagli Stati Uniti che hanno sempre considerato una bandiera la libertà e la democrazia.
Credo che anche l’ultimo sondaggio che è stato fatto negli Stati Uniti, dopo che Bush, all’indomani dell’11 settembre aveva acquisito una credibilità e un consenso enormi nel suo popolo, dimostri che oggi Bush si trova con un popolo spaccato: il 50% degli americani sono contrari a questo intervento ed è un fatto positivo, perché proprio all’interno degli Stati Uniti credo debba nascere e possa nascere — è l’unica nostra speranza — quel movimento che riporti la nazione più forte del mondo a capeggiare una risposta di esistenza pacifica e di cooperazione allo sviluppo piuttosto che di intervento militare.
Non è pensabile che gli Stati Uniti si trasformino nel “poliziotto del mondo”, così come si sta verificando. Non è una cosa giusta e credo che anche gli americani questo lo capiscano. Né è pensabile che la posizione di parte sia originata non tanto da delle posizioni che poggiano sulla difesa della libertà e dello sviluppo, ma siano condizionate da meri interessi economici.
La storia ci ha insegnato che gli interessi dell’economia hanno sempre mosso, probabilmente più di altri, il conflitto. Si pensava che la maturità dei paesi cresciuti nella libertà portasse ad un diverso atteggiamento. Questa è la riflessione che ci deve aiutare a dire no alla guerra, a condannare questo intervento che on solo ha la prevaricazione di un atteggiamento che prescinde da ogni legittimità, cioè non c'è il consenso delle Nazioni Unite, pertanto è un atto illegittimo dal punto di vista della comunità internazionale, ma soprattutto non ha la forza della giusta causa, una forza che convinca tutti di un intervento di questo tipo. L'intervento in Afghanistan aveva un altro senso e i risultati della guerra in Afghanistan li abbiamo sotto gli occhi, ad ulteriore conferma che la guerra non risolve i problemi. Spero che questo atteggiamento di attenzione verso i governi totalitari possa avvenire in tutte le parti del mondo. Non è un caso che non si parli, per esempio, di quello che stanno facendo la Francia e gli Stati Uniti nell'Africa: golpe sostenuti nei vari stati africani che vengono assolutamente tenuti fuori dallo scenario internazionale, eppure ci sono morti, ci sono lacerazioni, ci sono violenze.
Tutto questo scenario dimostra quanta strada dobbiamo fare nei nostri paesi, più che nei paesi che noi chiamiamo sottosviluppati o che accusiamo di alimentare il terrorismo. Fino a che non rientreremo in una logica per primi, come paesi democratici, nell'affrontare le problematiche con il coinvolgimento della democrazia, portando sviluppo in quei paesi che danno adito alla ribellione, non riusciremo a vincere la vera battaglia della libertà e della democrazia.
Ecco perché quello spirito di antiamericansimo si è sviluppato nuovamente anche nella nostra società europea, che ha sempre covato un antiamericanismo che derivava da questo straripare di poter che gli Stati Uniti, nel dopoguerra in modo particolare hanno dimostrato e si è superato forse troppo in fretta quel riconoscimento che dovevamo al popolo americano, questo è vero, dopo la seconda guerra mondiale. Non credo che si possa conquistare, anche dopo l'insegnamento della guerra fredda, una posizione di leadership mondiale unicamente con la forza. Credo che la leadership un popolo se la conquista così come la storia ci ha insegnato, quando oltre alla forza si dimostra cultura, si dimostra una leadership che superi le logiche della forza e questo non lo sta dimostrando l'America.
Questo è la dimostrazione di una debolezza intrinseca di una politica estera che in tutti i paesi si sta affermando: questo rinchiudersi dentro i confini, dentro interessi particolari che ci consentono unicamente di intravedere interessi limitati al consenso, per cui la democrazia vive nei paesi democratici, ci impedisce assolutamente e ci chiude gli occhi di fronte a quello che sta avvenendo nel mondo, in un momento in cui sia le problematiche economiche sia le problematiche ambientali, più ancora di quelle economiche, dovrebbero farci capire che è sempre più necessario un governo mondiale dell'interesse delle genti. L'insulto di Bush, al di là della sua prepotenza nei confronti dell'Iraq è proprio quello di non capire che superare il governo delle nazioni, superare la posizione che gli Stati Uniti hanno sempre avuto all'interno delle Nazioni Unite ha significato, probabilmente, tornare indietro di 40 anni e questo contro anche il popolo, il volere del popolo americano.
Ancora una volta hanno vinto gli interessi e il grido che viene dall'80% delle popolazioni che ancora non hanno più di due dollari al giorno di sopravvivenza non ci dice nulla. Ecco perché è necessario rilanciare, noi dobbiamo fare questo sforzo, il nostro Governo deve fare questo sforzo di avere una politica estera indirizzata in questa direzione. Non è pensabile che la cultura europea sia relegata unicamente a lacerazioni di carattere di posizionamento economico. Se non rifacciamo il punto della nostra politica estera non daremo un contributo e noi dobbiamo lavorare perché l'Onu recuperi la strada, nonostante tutte le defaillances che abbiamo subito in queste settimane. Non è pensabile che l'Europa in questo non si trovi unita. Qual sono le divisioni tra Inghilterra, Francia e Germania, quali sono le diversificazioni tra Spagna e Germania, tra Italia e Francia? Sono cose assurde da questo punto di vista. Ecco perché il nostro Governo deve riprendere una posizione chiara. La posizione di ambiguità che siamo riusciti ad avere è unicamente provocata dai sondaggi, perché fino a qualche tempo fa avevamo una posizione, poi i sondaggi hanno rivelato una posizione diversa del popolo italiano e il Governo ha fatto retromarcia. Non è pensabile che questa sia l'unica strada che guidi la politica estera. L'Italia, allorché Aldo Moro era ministro degli esteri, passava per essere il vero ponte nel Mediterraneo con gli altri paesi arabi. Questo non è più. Credo che dobbiamo pensare, dicendo no alla guerra, a questo nostro impegno. Questa è la strada che dobbiamo percorrere come popolo italiano, come culla della cultura europea, come indicazione da dare a tutta l'Europa, perché solo questo potrà riportare un equilibrio stabile nel mondo intero. Se l'Europa riuscirà ad essere unita, riuscirà ad essere un interlocutore corretto con il mondo americano, con il popolo americano, con i governi americani, probabilmente otterremo più risultati. Questo non è, per questo dobbiamo assolutamente lavorare. Ecco perché dobbiamo dire no a questa guerra, dobbiamo trovare soluzioni alternative, dobbiamo lavorare per ricreare una vera cultura di pace.
Credo che il Consiglio regionale, attraverso questo dibattito debba dare questo segnale a tutta la propria comunità. Spero che i Consigli comunali, tutte le organizzazioni democratiche in questo momento riflettano su queste cose, per creare soprattutto verso i giovani, quella necessaria cultura, quel fiorire di nuova stagione dimostrata anche dalle manifestazioni contro la guerra. E' importante che soprattutto i giovani riprendano un sentiero che la nostra generazione ancora non è riuscita a creare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Nell'ultimo intervento si è detto "no a questa guerra". Dobbiamo dire "no alla guerra", non "a questa guerra", perché siamo contrari a tutte le guerre, non "a questa guerra". Però il messaggio che per demagogia, strumentalità, opportunismo, per scarsa omogeneità e visibilità a livello politico l'Ulivo in questo periodo — uno dei più brutti tra correnti, "correntone", chi più ne ha più ne metta — sta lanciando, lo sta lanciando mentre vive un brutto periodo, tra smacchi alla Rai, giochi a scacchi ecc. In questo momento c'è una grande difficoltà da parte dell'Ulivo e c'è invece una forte presa di posizione e di coscienza da parte di chi sta facendo opposizione, un'opposizione reale, seria, anche se non condivisibile.
Da questo dibattito, da quello che è emerso oggi sembra di capire che il nemico sia Bush. Si diceva della prepotenza, che è un burattino in mano alle lobbies dei potenti, però si sorvola sempre su chi sta creando questa guerra, cioè Saddam Hussein. Perché in questo momento si cerca di attaccare gli americani che dicono che vogliono la guerra e non si cerca di capire perché Saddam Hussein non ha fatto nulla e non sta facendo nulla per evitarla? Ecco dove si dimostra debole questa polemica e questa accusa contro il Governo Dai tempi di Andreotti non si registrava più — da De Gasperi ad Andreotti — un consenso mondiale sulla nostra nazione. Veramente eravamo la cenerentola, per cui bastava una telefonata per fare la guerra in Kosovo o una semplice telefonata per non far muovere nessuno per i fatti della Cecenia. Oggi invece c'è un Governo autorevole e anche rispettato all'estero: non a caso il presidente Berlusconi è sempre sentito e consultato, a prescindere dalle proprie posizioni, dal proprio Governo. Questo crea qualche disagio a chi, in questo momento, è fuori dal contesto politico europeo. Non c'è mai un cenno agli italiani quando sia la Francia, che la Germania o altri paesi, fanno delle manifestazioni. E' vero, non sono quattro persone quelle che fanno le manifestazioni sulla pace, perché in questo momento il Papa è stato molto bravo, anche se utilizzato e strumentalizzato: ha messo insieme atei e cattolici, gente che non si fa il segno della croce e gente che ha fede e crede veramente nella pace. In molte manifestazioni, quando c'è qualche parroco, qualche vescovo e quando si celebra anche una messa, difficilmente qualche ateo si fa il segno della croce, però in questo momento il Papa è stato molto bravo con la sua saggezza. Come diceva prima l'amico Massi, è un peccato che il Papa venga sempre utilizzato e messo a confronto solo con le problematiche che fanno comodo. Ci sono tante tematiche che stanno a cuore al Papa, ma nessuno mai le cita e le porta avanti come esempio o come una battaglia anche politica. Quindi noi non accettiamo lezioni da chi in questo momento è fuori dalla politica internazionale, non accettiamo lezioni da chi, ogni volta, manifesta con l'insulto, con la provocazione nei confronti di un dibattito, di un confronto molto serio.
Noi accettiamo invece di confrontarci con chi veramente crede in una dialettica e in un confronto seri, per cercare di trovare tutti insieme quella verità di cui nessuno di noi è portatore in questo momento. Non si è parlato dell'11 settembre o se ne è parlato poco: chi non si ricorda quei giorni in cui tutti erano filo-americani, quell'America senza la "k"? Guarda caso oggi è ritornato l'"amerikano" con la "k", si bruciano le bandiere. Bisogna che siamo sereni, bisogna essere coerenti.
Prima D'Angelo si agitava. Noi non decidiamo se Saddam Hussein non si mette nelle condizioni di non subire una guerra, perché è lui che l'ha voluto. E c'erano anche delle proposte interessanti, serie, concrete di fare un esilio dorato, anche se non è condivisibile per un dittatore. Nemmeno questo ha voluto, perché vuol portare al massacro donne, bambini e anziani, questa è la politica di Saddam Hussein, è questa la politica che cerca di cavalcare. In questo momento l'America fa una guerra non voluta sicuramente, ma per altri forse voluta, e ancora una volta mette in campo uomini, mezzi e risorse per il bene della comunità e della collettività. Bisogna quindi essere coerenti. Questo è un discorso che facciamo anche ai Ds per la maturazione che questo partito ha avuto negli ultimi anni. Non dimentichiamo che anche D'Alema molto spesso va in America a dare o prendere lezioni. Una volta andava in Russia, adesso va in America. Bisogna che noi tutti ragioniamo serenamente per cercare di dare un contributo essenziale.
Un'ultima considerazione. E' vero, questo è un brutto momento, questa è una guerra che nessuno vuole, però non dobbiamo dimenticare — prima si parlava di Aldo Moro — il periodo della fermezza. Chi non lo ricorda? Massi è molto più giovane di me, ma all'epoca ci avevano chiamato da Roma pronti con gli elicotteri, con gli aeroplani per avere i manifesti da affiggere di Aldo Moro che era stato assassinato dalle BR. Io sono stato uno di quelli che ha attaccato tranquillamente quei manifesti con grande dispiacere, con grande dolore, anche perché era il giorno del mio compleanno il giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, quindi pensate allo stato d'animo di un ragazzo, 25 anni fa, che si trovava ad affrontare una situazione come quella.
Anche oggi nessuno riesce a capire o vuol capire cosa è successo, perché Aldo Moro è stato sacrificato. Anche oggi c'è a livello strisciante questa politica, questa preoccupazione. Anche noi siamo in guerra, perché come vedete, ogni sei mesi puntualmente viene uccisa una persona che si sacrifica, che dà tanto allo Stato. E gli assassini non guardano neanche il colore politico, non guardano più chi si adopera per essere un servitore dello Stato. A quell'epoca è prevalsa la linea della fermezza, si è uccisa una persona, perché nessuno ha fatto nulla per evitare quella morte. Si diceva "né con lo Stato né con le BR", però è morto Aldo Moro. Anche questa riflessione dobbiamo fare. Non dobbiamo dividerci sulle ideologie, perché ormai fa parte del passato. Chi è guerrafondaio dentro di sé? Nessuno, la pace la vogliamo tutti, però per ottenere la pace bisogna che anche gli altri siano messi in condizioni di non nuocere, di non creare problemi, di non creare danni, di non creare guerre.
Quindi la riflessione che poniamo oggi è quella di fare un ragionamento molto serio, dal quale parta il messaggio non di "no a questa guerra" ma di "no alla guerra", alla guerra per tutti, perché anche oggi si sta sparando in molte parti del mondo e nessuno parla. La guerra non avverrà solo in Iraq, oggi è in moltissime nazioni anche tra bande, ma nessuno parla. Questa è la gravità del fatto. Si parla solo quando c'è l'America perché l'America richiama, perché è vista come l'imperialista, come quello che va a fare le conquiste. Si parlava prima dei texani, si torna cento anni indietro. Invece noi dobbiamo vedere gli americani come alleati, come è sempre stato, come quando sono venuti alleati. Noi ce li ricordiamo dalle parti nostre, D'Angelo: gli americani con i polacchi, con gli inglesi. Ci hanno dato la libertà, ma dopo una guerra. L'Italia ha quasi 60 anni di libertà dopo una guerra, non dopo una manifestazione di pace. Ecco il ragionamento che dobbiamo fare ed essere sereni, perché la pace si è ottenuta con la guerra. Se all'epoca gli americani non fossero sbarcati in Europa, chissà oggi da chi saremmo stati governati.
Mi fermo qui come riflessione, senza voler fare alcuna polemica. Mi auguro che ci sia un documento comune che ci permetta di trovare una soluzione la più ampia possibile su un ma così delicato. Questo è il messaggio che lanciamo in questo momento così delicato non solo per l'Italia ma per tutto il mondo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Signor Presidente, colleghi, oggi mi ero ripromesso di non prendere la parola nell'eventualità di un dibattito sull'ormai imminente conflitto, perché mi ero detto che le prime vittime di questa congiuntura di crisi sono stati i Parlamenti: il parlamento dell'Onu, il Parlamento turco che, richiesto di concedere o non concedere il transito per i mezzi sul proprio territorio ha votato e Ciò nondimeno il suo governo sta per concedere il transito escluso dal voto parlamentare. La guerra scoppia indifferente al voto di tanti parlamenti, di tante assemblee sovranazionali. Che la nostra discussione potesse influire laddove non è bastato il consiglio di sicurezza dell'Onu mi era sembrato francamente più un parlarsi addosso. L'aula ha ritenuto di trasformare la sessione in un palio di sbandieratori, in cui ognuno ha sventolato ciò che più sentiva opportuno sventolare e in questo, forse, abbiamo pensato di superare la sensazione di ininfluenza e impotenza che ognuno ha di fronte a questa spiacevole fase della vita internazionale.
Molti hanno detto che è una guerra brutta. Belle forse non ve ne sono, certamente è una guerra comodo, multiuso come un coltellino svizzero, se volta per volta può essere una guerra contro il terrorismo, ovvero una guerra per il disarmo, ovvero una guerra per la democrazia in Iraq, ovvero una guerra per il petrolio, ovvero quello che di volta in volta si ritiene di dire.
Condivido abbastanza quello che il Premio Nobel per l'economia Rifkin ha detto ieri. Dopo avere affermato una frase dolorosa, "mi vergogno di essere americano", ha aggiunto "questo è il primo atto della guerra per la carta straccia". Mi sembra veramente che il leit-motiv di questa guerra che verrà combattuta per pochi giorni in Iraq — tutti ce lo auguriamo — ma che non finirà con questo episodio — perché finito lì ci sarà l'Iran, ci sarà la Corea del Nord — è sicuramente un passaggio spiacevole nei rapporti internazionali.
E' una guerra che farà vittime. Io prima ho detto "sembra un coltellino svizzero" con un'espressione scherzosa e non deve sembrare mancanza di rispetto alle decine di migliaia di persone che in questa guerra perderanno la vita. Prima ancora delle vittime cruente ci sono una serie di vittime politiche. Come ho detto prima, ognuno ha sventolato chi la bandiera arcobaleno, abbiamo ritenuto che fosse doveroso, per dignità, esporre il tricolore, altri hanno preferito esporre bandiera di stati stranieri. La bandiera dell'Ue sta lì, esposta, muta e ignorata da tutti. Mi ha colpito, perché prima dicevo al collega Favia che c'è una legge che impedisce l'esposizione non dell'arcobaleno della pace, ma la bandiera di stati esteri. E' una norma del codice penale fascista Rocco, poi disapplicata da un voto costituzionale e reintrodotta, con arrangiamenti, dal Governo Prodi nella stessa norma che ha imposto l'esposizione della bandiera europea assieme a quella italiana, negli uffici pubblici. Vittima di questa crisi è l'Europa. Da questo punto di vista l'unica parola che mi sento di dover spendere, che mi sorprende che non sia contenuta nel documento a firma dei capigruppo della maggioranza di questo Consiglio regionale, è che nessuno si è posto il problema del voto europeo del 17 febbraio, ultimo voto unanime dei ministri degli esteri dei 25 paesi dell'Unione allargata, cioè i 15 più i 10 di prossimo ingresso, in cui si trovò una debole mediazione, quando già c'era stata la presa di posizione di Francia, Germania e Belgio contrapposta alla firma degli 8. La mediazione fu raggiunta sull'intervento "purché ci sia una risoluzione dell'Onu". Mediazione brutta e debole se vale il mio personale giudizio, perché a me sembra che l'Onu non abbia potere-diritto di dichiarare guerre. Io mi sono candidato e milito in un partito che si chiama Alleanza nazionale, il che costringerebbe me e i colleghi che la solidarietà nazionale prevalga su ogni diversa istanza anche sovranazionale, perché se lo Stato sovrano è superiore, allora i popoli devono essere liberi... Anche quando scelgono governanti che a noi dispiacciono, ciascun popolo deve poter serenamente autodeterminarsi.
Scelse comunque l'Europa, con i propri 25 ministri degli esteri, liberamente eletti, che avrebbe ritenuto lecito e fattibile ciò che il consiglio dell'Onu avrebbe ritenuto lecito e fattibile. Si era al 17 febbraio dell'anno in corso, quindi 60 giorni dopo la risoluzione 1441, mi è sembrata autentica fellonia da parte di alcuni dei firmatari di quel documento dire "l'autorizzazione dell'Onu è implicita nel voto della 1441, dimenticando che, se questo fosse in qualche misura vero o verosimile, il 17 febbraio si sarebbe dovuto dire "visto che l'Onu ha autorizzato", oppure "considerato che l'Onu non ha autorizzato", si faceva la chiosa della 1441 senza rinvio a un voto futuro che avrebbe dovuto esserci e non c'è stato.
Dico questo solo per dire che comprendo l'amarezza di Papandreu che due giorni fa ha detto "coloro che hanno avallato l'azione unilaterale hanno posto in crisi l'Europa". Lo dico con amarezza e preoccupazione perché fra tre mesi il posto della presidenza semestrale dell'Unione europea oggi greca, sarà del nostro paese. Qui un ulteriore momento di amarezza. Ringrazio Franca Romagnoli per avere esposto la bandiera tricolore che era veramente una deplorevole assenza da questi banchi e da questo dibattito, però se questo Governo ha fatto una cosa brillante nei primi due anni di questo mandato, è stato con l'azione di Berlusconi, non tanto presidente del Consiglio quanto ministro degli esteri, che è riuscito a riportare il ruolo dell'Italia in una posizione importante e significativa nella situazione internazionale. Mi ritrovo oggi l'Italia inserita nell'elenco dei "30 nani" — perché l'associazione della stampa dice che la guerra la fa Bush con i 30 nani e a seguire un elenco di nazioni che non so se per voto, per cooptazione...

DAVID FAVIA. La Gran Bretagna è un "nano"?

SERGIO NOVELLI. Vedo l'Albania, vedo l'Uzbekistan, ma ho grande rispetto per l'Uzbekistan, mi sorprende vedere 30 "nani" più 15 nazioni che appoggiano l'America ma non vogliono farlo sapere. Di fronte a questa anonima aggressione o a questa alleanza para-segreta in cui si milita in una coalizione militare ritenendo disdicevole farlo sapere — mi sembra un modo strano di assumere la responsabilità di fronte al proprio popolo e di fronte al consesso internazionale — mi sembra che le relazioni internazionali...

DAVID FAVIA. La Danimarca è un "nano"?

SERGIO NOVELLI. Oggettivamente non credo che in questa guerra ci sia stato un ruolo decisionale del governo danese o del popolo danese. Ritengo che questa guerra sia nata nella pianificazione di alcune persone, numericamente non molte e non danesi, né uzbeke, né albanesi, credo che abbia ragione Ricci nel sostenere che questa è una guerra per sostenere il corso del dollaro contro il corso dell'euro, per mantenere il dollaro moneta di regolamento nelle transazioni internazionali. Sarebbe bello se Rifkin si sbagliasse, perché se ha ragione — e generalmente ce l'ha — questa è una guerra che comincerà dopodomani e non finirà quando i marines entreranno a Baghdad. Tuttavia, ciò che dovrebbe rammaricare noi operatori civici di un piccolo consesso legislativo di una periferia di una parte importante del mondo come l'Europa, è che noi ci laceriamo su queste questioncine — fra poco litigheremo sulla caccia — e viviamo il momento storico della costruzione di una nazione, il momento in cui dovremmo passare da un'appartenenza mercantile europea a un'appartenenza identitaria europea. E se possiamo avere un ruolo anche minimo, infinitesimale, ma positivo e costruttivo in questo processo, credo che questo prevalga su tutte le nostre occasioni di strumentalizzare, di raccogliere ecc. Vedo invece che accettiamo di fare strame di questa opportunità storica di fare dell'Europa qualcosa di più di un foglio colorato che teniamo nel portafogli e ce lo lasciamo scappare per motivi di bassa o fraintesa convenienza politica.
Mi ha colpito vedere che già partiamo con la conta dei disertori. Il mio capogruppo prima contava i disertori che dall'esercito iracheno, vedendosi sparare addosso, per non essere eliminati si preparano a disertare. A sinistra contavano i disertori, i sette ministri che dal governo inglese, per non essere fucilati in maniera meno cruenta dai loro elettori disertano anch'essi. Onestamente non vorrei che ci trovassimo tutti ad essere disertori dell'Europa.
Non so se dalle Marche può partire un segnale in questo senso. Credo che se vogliamo spendere una parola non sia più utile dire "fermiamo la guerra", sapendo benissimo che non la ferma certo il nostro desiderio. Cerchiamo di vincolare tutti le nostre parti politiche a un forte impegno per un'azione europea, perché non è possibile che ci sia una comunità che abbia un'unica moneta e sette diverse politiche estere. Deve esistere un momento di sintesi, deve essere ripresa la vecchia comunità europea, perché se questa guerra veramente è stata fatta in vista dell'armamento iracheno, ebbene questa guerra ucciderà decine di migliaia di persone di qui a poche settimane, però avrà anche salvato qualcosa: avrà salvato dalla distruzione 2.000 testate nucleari. Mentre si parlava della testata nucleare che forse l'Iraq avrebbe potuto avere o non avere, ieri il parlamento russo ha comprensibilmente votato contro la ratifica dell'accordo ABM e quindi ha revocato la decisione di smantellare 2.000 testate nucleari. Se questo è il mondo in cui gli affari internazionali si revocano sparando, chi armi ha le tiene e si organizza. In questa logica l'Europa deve essere unita e deve essere anche armata, quindi va ripreso il ruolo della Ced non in funzione antiamericana e, suppongo, antiirachena, ma perché essere passivamente legati alle decisioni altrui è triste. Questo lo dico, sperando che tutti troviamo la maturità di sfuggire a ogni strumentalizzazione.
Capisco la posizione coerente di chi dice "io sono contro la guerra in quanto tale": Rifondazione che si oppose nel 1999 al bombardamento di Belgrado. Ho la preoccupazione, che confesso francamente ai colleghi, che a sinistra, nella parte governativa o già governativa della sinistra, ci sia la civetteria di prepararsi a dire al "padrone americano", che può essere cattivo e non gradito da alcuni, ma che comunque padrone è e forte, "quando governa D'Alema l'Italia è un alleato gestibile e controllabile, quando governa chi non è D'Alema l'Italia è un alleato riottoso, la Cgil sciopera, si bloccano i treni, si va in piazza".
Non lo dico ai colleghi, lo rammento a me stesso: spero che così non sia, perché la sensazione che ho tratto da queste settimane è che noi non ci rendiamo conto, in termini elettorali, del contraccolpo che arriverà da questa scelta che credo venga fatta in queste ore, perché il presidente del Consiglio ha preso la parola due ore fa, non conforme al sentimento e all'interesse nazionale, italiano ed europeo. Se qualcuno — ho fatto il nome dell'ex presidente del Consiglio D'Alema — pensa di poter strumentalizzare i milioni di persone che hanno marciato contro questo tipo di politica con la convinzione che poi, quando si è all'opposizione va bene essere arcobaleno e quando si tornerà al Governo si potrà risventolare la bandiera dell'affidabilità, attenzione perché il cazzotto che i miei colleghi e io con loro, stiamo per prendere dalla nostra base, arriverebbe più forte da quei milioni di persone, che se qualcuno pensa di aver potuto mettere con un cappello in testa, contenti e corbellati, potrebbero riservare sorprese inattese.
Non si fa il processo alle intenzioni, è una preoccupazione, se qualcuno pensa di poter dire "solo con noi l'Italia è controllabile per fare guerra a questo e quello", non è detto che così sia e vorrei che si pensasse che ormai l'Italia è un fattore entro un più ampio concetto che dovremmo imparare a chiamare Europa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI

ADRIANA MOLLAROLI. Soltanto alcune brevi considerazioni e anche personali. Ritengo anch'io, come è stato detto da molti — ma lo voglio risottolineare — che la giornata di oggi segna sicuramente una sconfitta della politica, perché il ricorso all'uso delle armi è sempre tale. Spero però che la giornata di oggi non sia il giorno della fine della protesta contro la guerra e non sia neanche la fine della ricerca della solidarietà.
Io appartengo ad una generazione che ha sempre privilegiato — anche la ima condizione di donna — la cultura pacifista, il pacifismo integrale, quello non di maniera ma quello che crede, anche in maniera utopistica, probabilmente, che comunque la guerra possa stare finalmente fuori dalla storia e che si auspicava e continua ad auspicarsi ancora che il terzo millennio potesse essere segnato davvero dalla identità culturale pacifista come un'identità prevalente in tutte le forze politiche ma mi auguro e continuo ad augurarmi, almeno per la sinistra e per il centro-sinistra, che oltre a definizioni progettuali e nuovi programmi, sta ricercando anche una sua forte identità e l'identità pacifista spero possa davvero diventare, anche dopo questa vicenda, un connotato forte della nostra cultura politica.
Su questa guerra farò tre considerazioni. Ritengo che questa guerra sia sbagliata, impopolare ed illegittima. E' una guerra sbagliata perché non aiuta assolutamente a risolvere problemi. Sicuramente non aiuta a risolvere il problema della lotta al terrorismo: non è stato dimostrato né accertato, anzi messo addirittura in discussione da autorevoli personaggi, che ci possano essere rapporti diretti tra l'11 settembre, Al Qaeda e l'Iraq. Non è così, quindi la guerra non riuscirà a risolvere questo problema rammarico che noi in Italia continuiamo a vivere, seppure in forma diversa, ma che abbiamo trovato sconfitto e abbiamo provato a sconfiggere quando forte è stata l'unità tra le forze politiche e non certo quando si è fatto ricorso all'uso della forza.
Non aiuterà a democratizzare l'Iraq, diciamocelo con franchezza. Voglio, su questo, fare soltanto una brevissima considerazione, se vogliamo di carattere più storico-culturale che politico. Noi dobbiamo capire e leggere che cos'è l'islamismo, che cosa sono i paesi islamici, qual è la loro cultura e la loro storia. I paesi islamici non hanno, diversamente dall'occidente, conosciuto la stagione dell'illuminismo, conosciuto la stagione delle rivoluzioni liberali, conosciuto la rivoluzione francese, conosciuto la cultura dei diritti dell'uomo. Occorre riconoscerlo. Quindi, se questa è la loro storia e se questa è anche la loro cultura, credo che un processo di democratizzazione in questi paesi non potrà che essere un processo originale, di ricerca di una via democratica ai paesi islamici, e credo che comunque due condizioni saranno determinanti per poter aiutare quel processo di democratizzazione. Uno sicuramente è il ruolo degli organismi internazionali, che dopo questa guerra troveremo a pezzi, dovremo ricostruire e ancora non sappiamo dirci come. Ma un altro fattore che sicuramente potrà aiutare — ed è una condizione indispensabile — la ricerca originale di democrazia nei paesi a cultura islamica, credo non possa che essere il riconoscimento, l'accreditamento di quella cultura come una delle culture che ha segnato il mondo — non la loro demonizzazione — e il riconoscimento di un primato della cultura dell'occidente.
E' una guerra impopolare e credo sia stata quasi una sorpresa per tutti noi, perché c'è stata — questa credo sia una mutazione antropologica che noi dobbiamo riconoscere con grande forza, tutte le posizioni politiche — una ribellione di massa a questa guerra. E' vero, alcuni attori politici — sicuramente le forze della sinistra, le forze sindacali — ma anche alcuni Stati sono stati protagonisti della lotta alla guerra per motivazioni e con motivazioni di guerra, ma io sento fortemente la coscienza dei cittadini, ormai, contro questa guerra. Lo testimoniano le forme con le quali alla guerra si sono costruite proteste, da quelle silenziose a quella delle bandiere — si ricordava prima: 2.500.000 sono in Italia le bandiere esposte — all'uso della preghiera, perché credo mai come in questi giorni, senza voler strumentalizzare la cultura cattolica, che tra l'altro non mi appartiene se non perché sono stata battezzata e quindi, ovviamente, sono cristiana per queste ragioni, ma poi ho fatto altre opzioni nella mia vita, c'è stato un pronunciamento del mondo cattolico, non soltanto del Papa ma pronunciamento dei sacerdoti e iniziative nelle città, fortissime. Io vengo da una città dove questo è anche dimostrabile. Iniziative le più varie contro questa guerra. Quindi un pronunciamento, un distacco delle coscienze dei cittadini italiani come non mai, dalla guerra. Bisogna che ne prendiamo atto, e debbo dire che per certi versi è stata anche una sorpresa: credo che non ce lo saremmo aspettato.
Questo dimostra che veramente c'è una maturità dei cittadini italiani ma europei e mondiali, perché, come abbiamo visto — anche se i mezzi di comunicazione di massa non ci aiutano a capire e a dire — quanto, ed è tanto, in questi giorni nel mondo si sta facendo contro la guerra. Credo che sia un dato con il quale fare i conti, non soltanto per ragioni di consenso elettorale come adesso lasciava trasparire l'intervento di Novelli, ma come maturità dei cittadini che sentono ormai estranea al loro modo di essere la cultura della guerra.
E' una guerra illegittima. Io ho ascoltato anche le argomentazioni raffinate del consigliere Romagnoli, assolutamente non disprezzabili anche nei toni e per il pathos con cui le ha riferite, e non sono un'esperta di diritto, quindi ascolto sempre con attenzione chi presumo ne sappia più di me. Ma credo, consigliere Romagnoli, che se si pronuncia e dichiara illegittima questa guerra un ex presidente della Repubblica e sicuramente non antiamericano, come il presidente Cossiga, che dice in un'intervista di questa mattina sui giornali, che questo è un intervento militare unilaterale degli Usa e degli Stati associati alla cosiddetta "coalizione dei volonterosi", al di fuori dell'Onu, se non addirittura contro l'Onu e ha addirittura depositato una mozione al Senato della Repubblica per dire che questa guerra è contro la Costituzione italiana e per il nostro paese non è possibile partecipare. Questa voce autorevole per me è significativa, così come quella di tanti giuristi che in questi giorni si sono ovviamente misurati anche con questo aspetto.
A che cosa serve allora questa guerra sbagliata, impopolare ed illegittima? Credo che serva soltanto ad una cosa: a riaffermare la supremazia degli Stati Uniti nel mondo e a ricreare intorno agli Stati Uniti un nuovo ordine mondiale. Questo non lo possiamo accettare, non perché siamo legati, come qualcuno qui ha provato a ricordare, ai vecchi equilibri del mondo della guerra fredda che non rimpiangiamo, ma certo un equilibrio esisteva, ma vorremmo noi che un nuovo ordine mondiale si ricreasse, ma certo non con la supremazia di un paese sull'altro e di un paese come gli Stati Uniti che credo, a questo punto, sia l'unica motivazione per cui alla guerra si sta andando, oltre al fatto che è stato detto, anche in questa sede, che occorre che il governo degli Stati Uniti, un governo di destra qual è quello di Bush, vuol dare una risposta al suo paese, fortemente colpito dall'attacco dell'11 settembre. Non mi convince solo questa motivazione ma mi convince di più l'altra, cioè che un nuovo ordine mondiale si voglia costruire e che gli Stati Uniti vogliono tornare ad averne la supremazia. Questa è la lettura che io credo sia la più accreditata. Non è la mia, non ho questa pretesa, anche se mi convince. Vittorio Zucconi ieri sera a "Ballarò" riaffermava proprio questa interpretazione, parlandoci da New York, con una lettura della stampa americana abbastanza aggiornata.
Chiudo augurandomi che questo nostro Consiglio oggi voti la mozione che le forze di maggioranza hanno presentato e mi auguro che le istituzioni, a partire dal nostro Consiglio regionale, degli enti locali anche della nostra regione, siano in questi momenti ancora vicini a chi protesta contro la guerra perché la vuole cancellata dalla storia. Mi auguro però che non saremo indifferenti rispetto alle vittime che questa guerra produrrà, e che quindi sapremo anche procurare, costruire azioni di solidarietà umanitaria e concreta verso le vittime civili che sicuramente questa guerra avrà e che nelle guerre moderne sono la maggioranza. Mi auguro altresì che sapremo costruire, come abbiamo fatto per l'Afghanistan e in altri momenti, iniziative di solidarietà concreta a carattere umanitario, ma che possano davvero aiutare le vittime innocenti di questa guerra. Mi auguro che nella nostra regione, anche con gli strumenti che ci siamo dati, sapremo far aumentare la consapevolezza nelle coscienze, dei giovani in particolare, affinché davvero si possa cancellare la guerra dalla storia del mondo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Volevo intanto proporre alla presidenza un cambiamento delle posizioni dei consiglieri, per evitare gesti inqualificabili come quelli di oggi del consigliere Novelli, nel senso che ognuno è libero di dimostrare le cose che vuole, ma arrivare a gesti come a quello cui abbiamo assistito, di defissione di simboli che mi sembra tutto il Consiglio abbia in qualche modo espresso non è giusto.
La seconda cosa che volevo dire è che c'è un tempo dei discorsi, c'è un tempo del ragionamento pacato e c'è un tempo delle invettive. Se il consigliere D'Angelo deve dare fondo alle sue frustrazioni venendo in Consiglio ad offendere, non vogliamo seguirlo su questo piano e non lo seguiremo, però mi sembra che in qualche modo vada stigmatizzato l'atteggiamento irascibile a cui abbiamo assistito nei confronti degli interventi dei consiglieri, tutti legittimi secondo me.
Vorrei soltanto fare alcune brevissime considerazioni, prendendo l'esempio dal mio amico Franceschetti, che in queste cose è bravissimo. La pace credo sia un valore assoluto, al quale tutti teniamo allo stesso modo. Credo che anche chi ha espresso punto di vista, pareri diversi sul ruolo degli americani, sul ruolo delle grandi potenze occidentali, abbia nel cuore questo sentimento di ripudio della guerra, quindi questo attaccamento al valore della pace. Da questo punto di vista a me sembra che debba essere fatta chiarezza su un punto essenziale: che l'Italia, sul piano della ricerca della pace non deve dimostrare nulla. La storia dell'Italia, l'iniziativa dei Governi di questo nostro paese è stata un'iniziativa sempre rivolta alla pace, anche quando la pace in qualche modo veniva a essere aggredita o messa in discussione da ideologie che trovavano nel nostro paese un grande radicamento popolare: anche in quell'occasione la posizione dell'Italia è stata sempre di affezione al valore della pace.
Gli Stati Uniti d'America. Credo che si possa dire tutto e il contrario di tutto, ma ritengo che non si possa non riconoscere che la libertà di credere, la libertà di esprimersi, la libertà di operare per un futuro migliore, la libertà delle chiese, la libertà dello Stato, la libertà delle istituzioni e la libertà della democrazia sono un esempio che ci viene dalla grande nazione americana e credo che questo sia anche dimostrato dal fatto che in America, oggi si può anche manifestare contro la guerra voluta dall'America. Questo è importante riconoscerlo. Diceva un volantino diffuso da un movimento ecclesiale a promozione di un convegno al quale ha anche partecipato il presidente del Consiglio, che riportava uno slogan, "no alla guerra, sì all'America", che non si può mettere in discussione il grande patrimonio di democrazia rappresentato dalla nazione americana, che tanto ha dato a tutto i mondo per difendere le sorti della libertà, che ha rappresentato e rappresenta un punto di riferimento e un punto di guida anche sul piano morale. Un popolo e una nazione alla quale il nostro paese è legato da saldi vincoli di amicizia e di solidarietà.
Altro discorso è un aspetto inquietante che si affaccia sul versante mondiale rappresentato dal terrorismo, che è l'altra faccia della medaglia della discussione che oggi facciamo. Un terrorismo che è cresciuto con la fine del comunismo, questo è indiscutibile. Un fenomeno, quello terroristico, che ha assunto una gravità, un effetto destabilizzante rispetto alla vita democratica di tanti paesi. Un fenomeno che è giusto combattere. Il consigliere Brini citava il fatto, gravissimo, dell'11 settembre, la demolizione forzata delle torri con tutto quello che ne è conseguito e il grande, accorato appello di tutto il mondo, di tutta la politica, anche la politica italiana e regionale, rispetto a quegli eventi. Ebbene, credo che vada ribadita con forza una posizione di chiusura, una posizione di lotta senza se e senza ma nei confronti del terrorismo e del terrorismo internazionale e dei paesi che alimentano il terrorismo nel mondo.
La guerra. Certo, è una cosa brutta, una cosa che nessuno di noi vorrebbe e vuole in cuor suo. Credo che anche su questo ci sia una larga condivisione e credo che questa avversione alla guerra sia stata espressa in maniera mirabile da tanti, anche se condivido l'avversione vera, non quella ideologica, cioè che è un no alla guerra perché fatta dagli americani ma se fosse fatta da qualcun altro non sarebbe un no. Il Papa dice questo, dice che no alla guerra vuol dire un'educazione alla pace, che è cosa diversa e non credo che possa essere il consigliere D'Angelo a millantare credito rispetto a questo. E' un'educazione alla pace e questo è un cammino molto più complicato.
Quindi sono perplesso rispetto anche ad alcune iniziative di un certo pacifismo. La nostra posizione su questo piano è chiara: quello che ha portato il Governo italiano ad assumere il ruolo che ha assunto in questa vicenda sono sostanzialmente questi due punti forti: i vincoli di solidarietà con l'alleato americano, i vincoli di solidarietà con il mondo occidentale, che al di là di qualche neo dell'ultimo momento è compatto rispetto a questa posizione; la lotta al terrorismo. Questi due motivi hanno portato il Governo italiano ad assumere questa posizione, una posizione che poteva essere meglio interpretata, secondo me, dalle Nazioni Unite. Rimane l'amarezza per le contraddizioni che hanno coinvolto gli organismi internazionali, per i troppi condizionamenti, per le troppe logiche che hanno di fatto reso l'Onu impossibilitata a svolgere un ruolo positivo in questa vicenda.
E allora amici, è chiaro che il giudizio che diamo sull'Iraq è un giudizio netto. Si parla di un regime illiberale, costruito su una feroce dittatura, non solo una dittatura interna ma anche nei confronti delle etnie minoritarie (basti pensare ai curdi), una dittatura che si regge sul terrore, quindi sono giusti la speranza, l'impegno, la volontà, il desiderio, chiamatelo come volete, che ci sia un grande moto di opinione che abbatta questo regime e che recuperi alla democrazia questo paese.
Probabilmente questa vicenda che sta decollando, che ci dicono questa notte prenderà piede, potrà contribuire anche a cambiare il regime iracheno, ripristinando le condizioni per una convivenza democratica. Chiudo dicendo che da questo punto di vista noi siamo perfettamente allineati alla posizione del Governo, una posizione del Governo che non è ambigua, ma è una posizione di grande equilibrio. Certo, specialmente gli amici popolari, gli amici moderati o chi non vuol vedere queste cose non si ricorda il dibattito che c'è stato in Parlamento su un'altra vicenda, quella del Kosovo, quando le posizioni di responsabilità erano diverse, ma quando le opposizioni hanno dimostrato un senso di attaccamento allo Stato e una responsabilità ben diversa da quella che oggi è profusa dalla sinistra, perché pur andando contro un interesse politico legittimo, che era quello di mettere in difficoltà il Governo, i partiti della Casa delle libertà sostennero l'intervento che il Governo aveva deciso, perché era una scelta che in qualche modo si giustificava. Oggi questa scelta del Governo è una posizione chiara, è una scelta di solidarietà all'alleato americano che si colloca in questo contesto dell'Alleanza Atlantica, è una scelta che prevede la non partecipazione attiva alle azioni militari, che si limita ad un sostegno logistico, cioè l'uso delle basi, il sorvolo del territorio nazionale, quindi non mette a rischio la vita dei nostri militari. E' una partecipazione che rispetta il quadro delle alleanze.
Credo che non ci poteva essere una posizione di equilibrio che da una parte conferma i vincoli dell'alleanza e dall'altra non mette a rischio la vita dei nostri soldati e degli interessi italiani. Credo che questa sia una posizione che l'opposizione di questo paese avrebbe dovuto fare sua.
Mi sia consentito dire che mi sembra, leggendo il testo della risoluzione che è stata presentata dalla maggioranza, che questa maggioranza regionale di centro-sinistra, anche sulla vicenda della guerra dimostra di avere sposato l'estremismo ideologico dell'ultrasinitra. Questa non è la posizione dei centristi, questa non è la posizione della maggioranza diessina, questa non è la posizione del Presidente D'Ambrosio espressa in tante occasioni. Questa è la posizione — ben venga per loro, evidentemente —...

ANDREA RICCI. E' il testo della risoluzione presentata da L'Ulivo e Rifondazione...

ROBERTO GIANNOTTI. Non capisco perché ti scandalizzi: dico che questo documento è il portato della posizione che tu e Cesare Procaccini state esprimendo da anni su questa cosa. Questo ha poco a che fare con la cultura di moderazione e di equilibrio che è stata espressa in tante occasioni, anche in questo Consiglio, dalle forze centriste della vostra maggioranza.
Per questo non voteremo quella risoluzione, abbiamo predisposto una risoluzione alternativa, quindi daremo il voto su due documenti che segnalano una posizione diversa di questo Consiglio regionale su questa vicenda.

PRESIDENTE. Ha la parola, per l'ultimo intervento, il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Vorrei cominciare questa conclusione del dibattito rispondendo adesso e dicendo adesso quello che mi sentivo di dire quando c’è stato l’intervento iniziale del consigliere Giannotti sull’anniversario dell’omicidio del prof. Marco Biagi. Io sono assolutamente d’accordo, non esistono uccisi dai terroristi che appartengano ad una sola parte, mi trovo a disagio psicologicamente quando, sui mezzi di comunicazione pubblici, si continua a parlare di un “libro bianco” che si dice “libro Biagi” o “legge Biagi”, perché questo non mi piace, nessuno ha detto queste cose, io mi trovo in grande disagio perché non condivido alcune parti o grandi parti di quel libro e di quella legge, che non c’entrano niente con il rispetto umano, con il dolore, con la compassione che significa patire insieme rispetto ad una figura uccisa in quel modo. Quindi sono assolutamente d’accordo a togliere qualunque tentativo di strumentalizzazione e che alla fine di questa seduta facciamo un minuto di silenzio per ricordare non l’ultimo nome, purtroppo, dei caduti per mano del terrorismo. Non parlo di Marco Biagi come bilanciamento del discorso sulla guerra, sono due cose che inserisco nella stessa logica, nella stessa ottica del rifiuto rigoroso della violenza terroristica assoluto e nel rifiuto anche di un atteggiamento non degli Stati Uniti d’America, perché anche questo è un frutto avvelenato di questa decisione sciocca, avventata, da respingere, perché corriamo il rischio tutti di giocare pro o contro una figura indistinta. Non esistono “gli americani”, esistono 300 milioni di persone, tra le quali ci sono quelli d’accordo con la guerra e sono ancora la maggioranza, secondo i sondaggi, ma che diminuisce sempre di più, c’è una parte che invece non è d’accordo con la guerra, c’è una parte che non lo sa.
Vorrei rifiutare il tentativo che qui è stato fatto. Mi sento alleato degli Stati Uniti d’America, in questo momento in profondo dissenso con il governo degli Stati Uniti d’America per una scelta che reputo sbagliata e voglio essere chiaro fino in fondo. La decisione sulla guerra, se fatta sulla base di un voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu, secondo me sarebbe stata sbagliata ma legittima. La decisione così com’è è sbagliata e illegittima, su questo non ho nessun dubbio.
Ricordo i miei studi universitari che ormai risalgono a qualche anno fa, ma il diritto internazionale è nato in questa regione...

FABIO PISTARELLI. Alberico Gentili.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Esatto, Alberico Gentili. Ci sono gli studi albericiani, qui in provincia di Macerata, a San Ginesio. E’ nato lì.
Il diritto internazionale è il tentativo di sostituire un minimo di regole nei rapporti fra gli Stati che possano essere vincolanti per gli Stati stessi, altrimenti l’unica regola è l’uso della forza. Il discorso del diritto internazionale è quello di sostituire all’uso della forza l’uso del diritto, di alcune regole che è necessario siano condivise, proprio perché da questo punto di vista si può impostare una modalità di convivenza.
Vorrei ricordare a quelli che pensano che l’atteggiamento del no alla guerra sia un atteggiamento antiamericano, che questo discorso è stato alla base della forte decisione di un presidente Americano, Woodrow Wilson, che volle la Società delle Nazioni dopo la prima guerra mondiale, e di un altro presidente americano, Roosevelt, che ha voluto le Nazioni Unite di adesso proprio perché avessero un maggiore peso, una maggiore capacità dissuasiva rispetto alla Società delle Nazioni, per evitare che succedessero di nuovo le cose che avevano appena visto gli Stati Uniti essere quelli che avevano portato alcuni ideali, valori di civiltà e di democrazia al di là del loro territorio. Quindi, da questo punto di vista noi siamo nella scia. Io sono fortemente preoccupato, perché in questa situazione c’è un governo al mondo, non un popolo, che è un’idiozia: io conosco una marea di americani, ho anche parenti italo-americani, che hanno posizioni diverse. Il governo americano, in questo momento arroga a se stesso il diritto di sostituire a quel minimo di regole internazionali che è rappresentato comunque dall’Onu, il suo giudizio. Questo è grave anche per i contraccolpi che ha su tutto il mondo, perché questa decisione, anzitutto, un morto l’ha già lasciato sul terreno ed è il diritto internazionale. Dopo questa decisione non ci sarà più nessuno che crederà alla possibilità di risolvere questioni internazionali se non con l’uso della forza o con l’appoggio di chi questa forza potrebbe usarla. Secondo, sta scardinando e mettendo in grandissimo rischio il diritto costituzionale nostro, perché, colleghi consiglieri della minoranza, possiamo fare tutte le acrobazie giuridiche che vogliamo, ma quando l’art. 11 dice “L’Italia ripudia la guerra”, significa che ripudia la guerra con tutto quello che c’è intorno, poiché “ripudia” è un termine forte. Non “respinge l’idea di”, ma “ripudia la guerra”.
Questo può comprendere anche il fatto di non consentire l'uso delle basi ecc.? L'assurdità dell'errore giustifica anche quella che in un'altra situazione potrebbe essere una soluzione discutibile. Qui si è fatto il discorso della Francia e della Germania, ma io non sono né filo-francese né filo-tedesco, ritengo anche che abbiano sbagliato a far apparire una volontà egemonica sulla nuova Europa che stiamo costruendo, quindi non è un discorso filo-francese o filo-tedesco, ma è anche vero che all'interno del Consiglio di sicurezza dell'Onu non ci sono soltanto la Francia, la Germania, la Russia e la Cina, ci sono 15 paesi e non essere riusciti a convincere nemmeno quei paesi che sono marginali, che non hanno una propria politica, che sono legati mani e piedi alle scelte economiche degli Stati Uniti d'America, dell'attendibilità della tesi surrettizia del governo americano — non degli Stati Uniti — che cioè c'è Saddam dietro gli attentati alle Torri gemelle, ha un grosso significato, perché nonostante questo il governo degli Stati Uniti ha deciso che, comunque, ha vicariato l'Onu, l'ha sostituita, cioè il governo degli Stati Uniti ha emesso l'ultimatum. Questo, secondo me è il dato più preoccupante. Se domani uno dei tanti conflitti che sono in giro per il mondo dovesse raggiungere un'altra volta livelli di guardia, cosa succede? Se la Corea del Nord dovesse insistere in questa sua follia dei missili con le bombe atomiche, che cosa succede? Se qualcun altro dovesse fare questo tipo di scelta, quale sarebbe la conclusione?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI

Io non mi sento di affidare, né al governo degli Stati Uniti d'America pro-tempore, qualunque esso sia, né tanto meno al paese-Stati Uniti d'America, le decisioni che poi impattano su di me, perché la verità è che noi siamo adesso tutti preoccupati in quanto non sappiamo quali saranno le ulteriori conseguenze.
Io non credo, per quanto possa essere avanzata la tecnologia militare, che possa esistere una guerra incruenta, finora non c'è mai stata. L'unica guerra incruenta è quella che abbiamo giocato tutti noi sui banchi delle nostre scuole, la "battaglia navale", ma una guerra che non lasci vittime e che non lasci vittime assolutamente innocenti, assolutamente estranee, assolutamente al di fuori degli obiettivi militari, non credo che esista.
Questa guerra, se anche fosse una passeggiata nel deserto come non credo, ma come a questo punto spero, perché significherebbe meno morti subito, corre il rischio di avere altre conseguenze devastanti, che sta già avendo, che sono anzitutto un aumento del tasso di antiamericansimo diffuso nel mondo. Non siamo noi, sono gli americani che se lo chiedono, leggete Stille. Io Stille lo conosco personalmente, perché quando ha scritto l'ultimo suo libro sui misteri d'Italia, siccome parlava della morte di Falcone mi fece una lunghissima intervista, quindi lo conosco bene: Stille dice che gli americani non riescono a capire perché l'antiamericanismo abbia raggiunto tali livelli. Ma se c'era un antiamericanismo prima, adesso sarà moltiplicato esponenzialmente. Il secondo risultato che avremo tutti quanti noi sarà uno stato perenne di ansia e di angoscia, perché non sapremo come saranno, ma sapremo che ci saranno contraccolpi a livello terroristico. Il terzo elemento, che vedo dietro la posizione profetica del Papa, è che risorgerà il rischio di uno sconto mortale fra due religioni. Che noi riteniamo che tutto questo possa essere superato dall'esporre una bandiera o un'altra credo che sia preoccupante, e lo vediamo in questo momento in cui non c'è una guerra dichiarata fra Islam e cristianesimo. Vediamo cosa sta succedendo in Sudan, vediamo cosa sta succedendo nelle Filippine, vediamo cosa sta succedendo in Pakistan: scontri cruenti, uccisioni in nome delle fedi. Che questo non ci allarmi, non ci preoccupi, non ci angosci, secondo me è segno di superficialità assoluta.
L'Europa ha penato trent'anni. La "guerra dei trent'anni" fu uno scontro di religioni che non si riusciva a capire. Vogliamo ritornare al tempo delle crociate, con questa capacità distruttiva che c'è non soltanto da parte dell'esercito americano che è sicuramente l'esercito più potente del mondo, ma da parte anche di gruppi di terroristi ben decisi, ben armati, ben addestrati? Di questo non vogliamo preoccuparci? Vogliamo pensare che non sarà una conseguenza di questa guerra? Credo che questo veramente sia un voler — questo sì — discutere con pregiudizio.
Io non ho posizioni aprioristicamente pro o contro qualcuno, ho posizioni che sono fortissimamente contro la guerra in generale e sono in maniera assoluta contro questa guerra. Colleghi, qui siamo per tentare di incarnare i principi della democrazia e i principi fondamentali della democrazia sono che un popolo, salvo casi eccezionali, decide da sé e comunque non lo si aiuta facendogli guerra, non credo proprio.
Lascio stare — e ci sarebbe da discutere tanto — quanto il mondo occidentale, con alla testa i governi americani, abbia taciuto di fronte ai massacri dei curdi che sono avvenuti qualche anno fa. Perché i massacri dei curdi non sono avvenuti vent'anni fa, sono avvenuti molto dopo. I massacri dei curdi e degli sciiti sono avvenuti subito dopo la fine della prima Guerra del Golfo, quando ci fu la sollevazione dei curdi a nord, degli sciiti a sud. Il regime di Saddam li massacrò e nessuno disse nulla. E oggi, a distanza di 13 anni decidiamo che quello che ha fatto allora e che poi non ha più fatto perché aveva sterminato i suoi oppositori, è causa giusta per fare la guerra? Penso che questa sia un'assurda conclusione.
Qui si è anche stra-parlato un po'. Vorrei non interpretare le parole del Papa, perché se le interpreta lui, ma dire almeno come io le ho lette e sentite dentro di me. E' stato il più forte, il più radicale messaggio di pacifismo che la Chiesa cattolica ci abbia dato negli ultimi secoli. Se letta bene fino in fondo, la posizione del Papa è contro qualunque guerra, cancella dalla dottrina ufficiale della Chiesa anche il concetto di "guerra giusta" che pure c'era e forse c'è ancora, ma che, secondo me, con le ultime parole del Papa non può esserci più. Ma questo è un discorso che riguarda un altro campo. Però non facciamo giochi su questo, diciamo con assoluta franchezza che il messaggio evangelico è radicale e ammettiamo con altrettanta franchezza che non siamo capaci di viverlo fino in fondo. Io sono il primo a dirlo.

ROBERTO GIANNOTTI. Non è ideologico.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Che significa "non è ideologico"? Il messaggio evangelico non può avere aggettivi.
Credo che noi dobbiamo dire no, non alla guerra in generale, perché tutti siamo in grado di dirlo, salvo la guerra di legittima difesa che comincia anche un po' avanti dell'uso della forza contro, ma a questa guerra. A questa guerra bisogna dire no. E' talmente vero questo, che la posizione del governo americano da questo punto di vista è capziosa. Quando pubblica l'elenco dei 30 paesi amici mette insieme anche l'Italia il cui Governo ha assunto posizioni che francamente io non ho ancora capito quali sono, perché è difficile capirle, ma la cui popolazione, con percentuali che oscillano dal 70 all'80%, è fermamente contraria a questa guerra. Vogliamo dire che noi siamo alleati degli Stati Uniti d'America? E' una banalità talmente ovvia che non credo ci fosse necessità di dirla. La verità è che...

DAVID FAVIA. Però alleati sempre, non quando ci pare.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. No, no... Favia, basta con queste sciocchezze. La verità è che l'uso della guerra non stroncherà il terrorismo, lo sappiamo tutti questo. Non è l'uso della guerra che stroncherà il terrorismo: il terrorismo è difficilissimo da combattere, ma con una guerra non si combatte e questo lo sappiamo. Dopodiché questo Consiglio regionale può dividersi, come si sta dividendo, può cercare ancora di non dividersi, ma quello che credo dovrebbe uscire da qui in maniera assoluta, è che non si è alleati sempre, anche quando l'alleato sbagli. Non cito proverbi latini perché non li amo, ma qualcuno diceva che "sì, è amico mio Platone, ma la verità è un po' più amica mia". E allora non dobbiamo fare questo tipo di discorso che banalizza tutto e divide tutto, ma dobbiamo capire che cosa è la scelta di un governo, oggi, in una situazione mondiale come questa. E' una scelta da respingere nettamente e secondo me deve essere respinta dal Consiglio regionale. Dentro di me sono fortemente, fermamente, totalmente convinto che questa guerra vada rifiutata, dalla A alla Z.

PRESIDENTE. Abbiamo due risoluzioni. Sono le 14, quindi o conteniamo gli interventi, oppure dobbiamo andare al pomeriggio.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Questa discussione merita una seppur breve riflessione conclusiva, perché qui non è in discussione il giudizio sul regime iracheno. Saddam è un dittatore, lo sappiamo. E' stato imposto dagli Stati Uniti, è stato per un lungo periodo agente della Cia. Il primo compito che gli fu affidato fu quello di sterminare il Partito comunista iracheno, che insieme a quello del Sudan era il più grande di tutta la regione medio-orientale. Non solo, ma l'attuale ministro della difesa degli Stati Uniti d'America, durante la guerra dell'Iraq all'Iran fu il capo logistico e militare a fianco di Saddam. La violazione dei principi democratici e della Costituzione dell'Onu fa passare, purtroppo, tutto ciò in secondo piano.
Noi siamo nemici irriducibili di Saddam. Si dice che egli è un sanguinario, siamo d'accordo, ma allora perché è stato aiutato e foraggiato anche dall'occidente? Si dice che è complice del terrorismo: ciò è da dimostrare. Ma allora perché Bin Laden era agente della Cia in Afghanistan? Non è del giudizio di Stati terzi che oggi dobbiamo disquisire, perché se passasse il principio, così come sta passando, del cambio di un regime dall'esterno, con l'utilizzo della guerra, si passerebbe alla barbarie. non vale il paragone con la liberazione dell'Italia dal fascismo, colleghi del centro-destra, perché quando arrivarono gli alleati, e non solo gli Stati Uniti, era in atto una sollevazione popolare, c'era nel nostro paese una vera e propria guerra di liberazione contro il fascismo e contro il nazismo e non è un caso che l'Italia ha tuttora quella Costituzione anomala, più avanzata rispetto ad altri paesi, proprio perché non fu imposta dall'esterno.
Se si vuole trovare un paragone con la storia, la guerra preventiva lo trova nell'aggressione di Hitler alla Polonia, con il pretesto dei sudeti, che diede inizio alla seconda guerra mondiale.
Collega Massi, noi non siamo ispirati da pregiudizio. I Comunisti italiani hanno espresso con sincerità la loro solidarietà al popolo e all'istituzione degli Stati Uniti a seguito degli attentati terroristici; né vale il paragone con il terrorismo italiano, alle vittime del quale noi ci inchiniamo; né vale il paragone con l'uccisione di Aldo Moro, perché esso, in realtà, fu ucciso non perché c'era una campagna antiamericana, ma perché, con lungimiranza, apriva la strada a una collaborazione con le sinistre ed in primo luogo con il Partito comunista italiano. C'erano circoli interni ed esterni, internazionali, oltranzisti che ostacolavano ciò. Proprio perché la politica estera — accogliamo l'appello — non deve essere improntata all'ideologia, oggi mi sento anti-statunitense, inteso come contrario alla guerra che impone la barbarie come regolatrice delle controversie. Al contrario, chi dice di sì a questa guerra, illegittima perché preventiva, assume un atteggiamento pregiudiziale, tutto ideologico.
Il Governo Berlusconi ha dato una pessima immagine di sé, ha portato l'Italia al discredito nello scenario internazionale, è stato il primo della classe sul versante della subalternità, cosa che gli è valsa la lettera-fotocopia che Bush ha inviato a diversi capi di governo di paesi di importanza secondaria. Ma a Berlusconi e al suo Governo la totale subalternità non è valsa l'invito al tavolo dei vincitori preventivi Bush, Blair e Aznar.
Certo, collega Trenta, la pace deve essere in primo luogo dentro di noi, ma allora lei come ha fatto a firmare una risoluzione così arretrata come quella che oggi la destra propone? Anzi, mi sento di togliere anche al collega Trenta quella percentuale di coerenza che gli avevo accreditato in una precedente riunione del Consiglio regionale.
La pace non attiene ad un sentimento, seppur sincero ma sempre personale ed intimo, che è dentro di noi ma deve attenere alla politica, alla politica che deve ascoltare il popolo, deve ascoltare le sterminate masse di poveri che si aspettano dai potenti il cibo, l'acqua per vivere e per sopravvivere e non certo la guerra. Alla caduta di un muro si contrappone l'erezione di un altro muro, basato sul primato della presunta sicurezza di pochi contro il resto del mondo, a costo della guerra infinita. Siamo in presenza di una guerra nuova e vecchia allo stesso tempo, perché dopo tanti anni il capitalismo, per vivere e riprodursi ha bisogno di azioni militari neocoloniali. Gli Stati Uniti infatti non si accontentano di un governo fantoccio ma vogliono un protettorato che controlli tutto soprattutto i giacimenti petroliferi, poi si vedrà quale sarà la transazione dell'Iraq.
E' per questo che la protesta deve essere la più grande, la più pacifica possibile. Anche nelle Marche dobbiamo levare questa voce per isolare chi vuole la guerra, chi farà la guerra.

PRESIDENTE. Se siete d'accordo, proporrei una dichiarazione da parte della maggioranza e una da parte della minoranza, altrimenti rifacciamo tutti i discorsi già fatti. Non ha senso. Se siete d'accordo, ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Pur con tutti i distinguo e le riflessioni e valutazioni che ci possono essere, noi riteniamo che la posizione che in queste ore sta per esprimere il Parlamento italiano è una posizione nella quale ci riconosciamo, una posizione di non intervento in questa vicenda, ma che esprime solidarietà ai paesi che si impegnano nella lotta al terrorismo e a coloro che intervengono in situazioni che già organismi internazionali come l'Onu hanno sancito come paesi che agiscono in maniera illegittima. Al di là degli strumenti e delle scelte l'Onu, nella sua interezza ha espresso giudizi durissimi nei confronti dell'attuale gestione politica, del regime instaurato in Iraq. Quindi noi non ci prestiamo ad altri tipi di speculazione. Capiamo che politicamente ci sono gruppi che esprimono posizioni ideologiche precise, che pregiudizialmente esprimono un atteggiamento negativo nei confronti degli Stati Uniti e della sua politica, qualunque sia il suo presidente, sia quello precedente, Clinton, espressione del partito democratico, sia quello susseguente, l'attuale presidente Bush. Quindi ci sembra che in questa fase la politica internazionale sia fortemente strumentalizzata in chiave interna. Ribadiamo, se ancora ce n'è la possibilità, la necessità di uno sforzo diplomatico che risolva il caso, però a me sembra che non ci sia stato, da parte del regime iracheno, alcun atteggiamento positivo. Sono passati prima anni, poi mesi, poi settimane, poi giorni, poi ore. Prima si fa in maniera completamente difforme dalle indicazioni dell'Onu e poi ci si atteggia a vittime.
Noi ci riconosciamo nella posizione del Governo italiano, esprimiamo solidarietà al popolo americano duramente colpito dal terrorismo internazionale, non certo da quello interno, che ha le sue basi-santuario in precisi regimi: quello afghano di cui c'è testimonianza e traccia nei documenti sequestrati anche dall'esercito italiano in questi giorni, con collegamenti internazionali e intercontinentali. Fin da adesso diciamo quindi che ci riconosciamo nella risoluzione che il libero Parlamento italiano si appresta a votare.

SERGIO NOVELLI. Noi chiediamo la votazione per parti separate della risoluzione della maggioranza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione, per parti separate, la proposta di risoluzione presentata dalla maggioranza, a firma di Andrea Ricci, Moruzzi, Franceschetti, Procaccini, e Luchetti. Pongo ora in votazione il primo capoverso, da "chiede" fino a "guerra".

Il Consiglio approva

Pongo in votazione da "Il Consiglio regionale delle Marche" fino alla fine.

Il Consiglio approva

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione a firma Giannotti, Brini, Massi, Ciccioli, Favia, Trenta, Pistarelli, Castelli, Romagnoli e Gasperi.

Il Consiglio non approva

A conclusione del dibattito e del voto sulle risoluzioni propongo, come concordato nel corso della discussione, un minuto di raccoglimento per commemorare, con il prof. Marco Biagi, tutte le vittime del terrorismo, a partire da Aldo Moro, convinto come siamo che l'uso della violenza in ogni sua manifestazione debba essere condannato.

(Il Consiglio osserva un minuto di silenzio)



Proposta di legge (Rinvio in Commissione): «Soppressione del Comitato regionale di controllo e delegificazione in materia di organismi regionali, semplificazione del sistema normativo regionale e modificazioni di leggi regionali» Giunta (141)

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di rinvio in Commissione della proposta di legge n. 141.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.

La seduta termina alle 14,30