Resoconto seduta n. 183 del 24/03/2004
La seduta inizia alle 11,00



Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell’art. 29 del Regolamento interno, i processi verbali delle sedute n. 181 e 182 del 10 marzo 2004.



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 234 in data 26 febbraio 2004, ad iniziativa dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Grandinetti, Trenta, concernente: “Modificazioni alla legge regionale 22 dicembre 2003, n. 25: ulteriori provvedimenti tributari in materia di imposta regionale sulle attività produttive, di addizionale regionale all’Irpef e di tasse automobilistiche regionali”, assegnata alla II Commissione in sede referente;
— 235 in data 1 marzo 2004, ad iniziativa dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Grandinetti, Trenta, concernente: “Ulteriori modificazioni alla legge regionale 22 dicembre 2003, n. 25: ulteriori provvedimenti tributari in materia di imposta regionale sulle attività produttive, di addizionale regionale all’Irpef e di tasse automobilistiche regionali”, assegnata alla II Commissione in sede referente;
— n. 236 in data 23 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Fusione dei consorzi di bonifica dell’Aso, del Tenna e del Tronto”, assegnata alla III Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.



Proposte di regolamento
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di regolamento:
— n. 7 in data 12 marzo 2004, ad iniziativa dell’Ufficio di Presidenza, concernente: “Proposta di integrazione dell’art. 16 del Regolamento interno del Consiglio regionale” (iscritta all’ordine del giorno);
— n. 8 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa”, assegnata alla IV Commissione in sede referente;
— n. 9 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Requisiti degli impianti e delle attrezzature per l’esercizio di attività motoria ricreativa, ai sensi dell’articolo 7 della legge regionale 1 agosto 1997, n. 47”, assegnata alla I Commissione in sede referente;
— n. 10 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Requisiti e modalità per l’autorizzazione e l’accreditamento dei servizi per l’infanzia, per l’adolescenza e per il sostegno alle funzioni genitoriali e alle famiglie di cui alla legge regionale 13 maggio 2003, n. 9”, assegnata alla V Commissione in sede referente;
— n. 11 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Norme sull’utilizzazione del litorale marittimo della Regione per finalità turistiche ricreative”, assegnata alla III Commissione in sede referente;
— n. 12 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Attuazione della legge regionale 20 gennaio 1997, n. 10: norme in materia di animali da affezione e prevenzione del randagismo”, assegnata alla V Commissione in sede referente;
— n. 13 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Regolamento per l’esecuzione delle procedure in economia per il funzionamento della Cassa economale”, assegnata alla II Commissione in sede referente;
— n. 14 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Attuazione della legge regionale 3 aprile 2002 n. 3: attività agrituristica e il turismo rurale”, assegnata alla III Commissione in sede referente;
— n. 15 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Norme di attuazione della legge regionale 24 luglio 2002, n. 15 in materia di razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso autotrazione”, assegnata alla III Commissione in sede referente;
— n. 16 in data 19 marzo 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Articoli 17 e 18 del D.P.R. 380/2001 – approvazione schema convenzione-tipo per interventi di edilizia residenziale convenzionata in aree esterne ai piani di zona e alle aree delimitate ai sensi dell’art. 51 della legge 865/1971”, assegnata alla IV Commissione in sede referente.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 354 del consigliere Moruzzi: “Blue Tongue”;
— n. 355 dei consiglieri Ricci, Procaccini, Moruzzi, Amati, D’Angelo, Amagliani: “Rispetto dei diritti per cinque cittadini cubani detenuti negli USA”;
— n. 356 del consigliere Viventi: “Riconoscimento scientifico dell’INRCA nell’ambito del riordino degli IRCCS di cui al D.L. 288/2003”;
— n. 357 del consigliere Moruzzi: “Servizi irrigui nei territori del Consorzio Bonifica del Tronto”.


Promulgazione legge regionale

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato la legge regionale n. 5 in data 3 marzo 2004: “Disposizioni in materia di salvaguardia delle produzioni agricole, tipiche, di qualità e biologiche”.



Deliberazioni inviate dalla Giunta

PRESIDENTE. La Giunta regionale ha trasmesso le seguenti deliberazioni:
— n. 211 in data 9 marzo 2004: “Art. 3 della legge regionale 2/2004 – reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione – Euro 13.807.475,19”;
— n. 212 in data 9 marzo 2004: “Art. 27 della legge regionale 3/2004 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dallo Stato e delle relative spese – Euro 25.000,00”;
— n. 249 in data 16 marzo 2004: “Art. 3 della legge regionale 2/2004 – reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione – Euro 42.056.472,37”;
— n. 250 in data 16 marzo 2004: “Art. 3 della legge regionale 2/2004 – reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione – Euro 14.530.207,69”;
— n. 251 in data 16 marzo 2004: “Art. 28 comma 1 legge regionale n. 3/2004 – variazioni compensative al programma operativo annuale 2004 – Euro 123.643,68”;
— n. 252 in data 16 marzo 2004: “Art. 3 della legge regionale 2/2004 – reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione – Euro 10.225.294,94”;
— n. 253 in data 16 marzo 2004: “Art. 27 comma 1 della legge regionale 3/2004 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti da assegnazioni statali per interventi in materia di protezione civile – Euro 2.650.000,00”;
— n. 254 in data 16 marzo 2004: “Art. 27 della legge regionale 3/2004 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dall’ISTAT e delle relative spese – Euro 2.792,86 – sistemazione contabile capitoli relativi al Doc. U.P. Ob. 2 asse 3”;
— n. 255 in data 16 marzo 2004: “Art. 27 della legge regionale 31/2001 – variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2003 approvato con Dgr. n. 175/2004”.



Congedo

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il consigliere Rocchi.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. In considerazione del fatto che non possiamo procedere secondo l'ordine stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, chiedo, se siete d'accordo, anche in considerazione del fatto che vedo fuori aula il relatore della proposta di legge n. 226, di anticipare la discussione della mozione 349 rispetto alla proposta di legge n. 226.
Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Ho già avuto modo di esprimere prima il mio dissenso rispetto a questa impostazione. Abbiamo fissato un ordine del giorno che prevede la trattazione della modifica della legge sul personale. Se la Giunta ritiene di avere motivi tali da non discutere questa mattina l'atto, c'è un percorso istituzionale doveroso che è quello del rinvio in Commissione. Noi avremmo capito un gesto di questo genere. Se non c'è siamo pronti a discutere subito della proposta. Le assenze dall'aula credo che non facciano testo. Non si può pensare di mettere un argomento come questo ai margini del Consiglio, quindi il nostro gruppo è perché l'ordine del giorno venga mantenuto.

PRESIDENTE. Mi pare di poter valutare la proposta del consigliere Giannotti come da accogliere.
Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Chiedo all'aula se è possibile, all'inizio della seduta pomeridiana, discutere una mozione sui servizi postali nei piccoli comuni dell'entroterra, nel caso in cui trovasse l'unanimità dei presidenti di gruppo e dei consiglieri. Siccome c'è un appuntamento molto importante su questo domani, qualora il Consiglio regionale avesse la possibilità di discuterne, potrebbe sicuramente avvantaggiare la trattativa che c'è in questa direzione. Qualora ci fosse una mozione firmata da tutti, chiedo se non sia possibile metterla, durante il corso della giornata, ai voti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Martoni.

GABRIELE MARTONI. Questa mattina, nella Conferenza dei presidenti di gruppo avevamo detto che c'era la comunicazione da parte del Presidente della Giunta sui consorzi di bonifica e questo ci metteva nella condizione di non chiedere l'iscrizione all'ordine del giorno della nostra mozione presentata proprio sul consorzio di bonifica del Tronto in data 26 gennaio. Vorrei sapere se questa comunicazione avverrà durante la mattinata, altrimenti siamo nella condizione di chiedere l'iscrizione all'ordine del giorno della mozione.

PRESIDENTE. Il consigliere Cecchini chiede di approvare in giornata una mozione. Direi di non stravolgere l'impostazione dei nostri lavori, però non ho capito, dal suo intervento, se la mozione è già stata annunciata o meno.

CRISTINA CECCHINI. La sto facendo firmare ai consiglieri.

PRESIDENTE. Quindi non è stata annunciata. Non avrei niente a votarla senza discussione, però a questo punto penso che non possiamo farlo, perché non essendo annunciata non può essere neanche votata, bisogna per forza andare al prossimo Consiglio regionale.

ROBERTO GIANNOTTI. Presidente, credo che il senso della richiesta del consigliere Cecchini sia quello di intervenire rispetto a un impegno importante che c'è domani. Non so se interpreto bene, ma credo che sia un giudizio largamente condiviso da tutte le forze politiche. Per esempio, noi di Forza Italia condividiamo questa esigenza. Se il Presidente può farsi carico lui di rappresentare alla direzione regionale delle poste questa esigenza, potremmo intervenire puntualmente su questo aspetto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Siccome si tratta di un argomento importante — la chiusura di diversi servizi, in particolare nei piccoli centri dell'entroterra — senza che decidiamo se votarlo o no, se ci sono le condizioni di cui parlava la collega Cecchini credo che possiamo, in un secondo momento, riprendere l'argomento e se siamo tutti d'accordo approvarlo perché è una questione importante e penso che si possa concordare una sintesi unitaria. Quindi, senza che votiamo, ci possiamo prendere l'impegno di lavorare affinché nel corso della giornata si possa raggiungere questo obiettivo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Abbiamo fatto la Conferenza dei presidenti di gruppo ed è stato stabilito che entravamo in aula e iniziavamo la discussione della proposta di legge 226. Qualcuno diceva "in aula si fa la proposta se prima viene fuori la mozione che era stata presentata". Non cerchiamo di andare avanti, prendiamo una decisione. Proprio per questo motivo chiedo di iniziare la discussione della 226, altrimenti si voti subito, perché non possiamo prenderci in giro attraverso questi giochi che non fanno assolutamente bene alla dignità di quest'aula.

PRESIDENTE. Rispetto alla questione della mozione presentata dal consigliere Cecchini, non può essere discussa perché non è stata presentata e annunciata. Nulla vieta, invece, che il consigliere sottoponga all'arco delle forze presenti in questo Consiglio la sottoscrizione. Accolgo la richiesta del consigliere Giannotti di inoltrarla, intanto, come se fosse supportata da un autorevolissimo consenso qualora avesse le firme dei presidenti di gruppo nella sede in cui deve essere presentata, e portata all'ordine del giorno del prossimo Consiglio regionale come seconda mozione.
Circa la questione posta dal consigliere Martoni, era quello l'impegno. Infatti, avendo il Presidente D'Ambrosio annunciato una comunicazione su quell'argomento, la comunicazione si terrà e quindi non cambiamo l'impostazione data.
Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Vorrei attenermi a quanto deciso nella Conferenza dei presidenti di gruppo, cioè che si iniziativa la seduta con la comunicazione del Presidente sui consorzi di bonifica. Tra l'altro c'è molta gente ad ascoltare il Consiglio proprio su questo punto. Se non siamo in grado subito di iniziare con la comunicazione del Presidente, intanto facciamo la mozione sulla Merloni, poi appena viene il Presidente facciamo la comunicazione sui consorzi di bonifica. Intanto cominciamo a lavorare. Quindi, se c'è la garanzia del Presidente aspettiamo, se dobbiamo aspettare un po' più di tempo, intanto cominciamo con la mozione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Spacca.

GIAN MARIO SPACCA, Vicepresidente della Giunta. Il Presidente D'Ambrosio e l'assessore Agostini stanno incontrando in questo momento una delegazione che rappresenta i lavoratori dei consorzi di bonifica, quindi non siamo nelle condizioni, in questo momento, di fare la comunicazione che potrà essere presentata al Consiglio non appena terminerà questo incontro. Quindi se vogliamo anticipare un altro argomento, credo che sia utile.

PRESIDENTE. Dobbiamo mettere in votazione la richiesta di Franceschetti, il quale propone di anticipare la mozione n. 349 e di iniziare da quella prima di trattare le altre questioni discusse in Conferenza dei presidenti.
Nomino consigliere segretario il consigliere Trenta.
Pongo in votazione la richiesta di anticipazione della mozione n. 349 al primo punto dell'ordine del giorno. I favorevoli?

GILBERTO GASPERI. Presidente, no, no... La verifica del voto.

ROBERTO GIANNOTTI. Chiedo la verifica, Presidente. Chiedo la verifica del voto.

GILBERTO GASPERI. Presidente, chiedo la verifica del numero legale, a nome anche di Ciccioli e Giannotti.

PRESIDENTE. Per cortesia, si stava già votando. E' stata chiesta la verifica del voto...

GILBERTO GASPERI. No, no, Presidente...

PRESIDENTE. E' stata chiesta la verifica del voto da parte del consigliere Giannotti. I favorevoli?

GILBERTO GASPERI. E allora facciamo quello che volete...

Il Consiglio approva

La proposta è approvata. Passiamo alla discussione della mozione n. 349.



Mozione (Svolgimento e votazione proposta di risoluzione): «Crisi dell'impresa Antonio Merloni» Amati, Franceschetti, Avenali, Mollaroli, Modesti e Tontini (349)
Interrogazioni (Svolgimento):
«Crisi alla ditta Antonio Merloni», Procaccini e Martoni (1019)
«Crisi produttiva distretto di Fabriano» Cecchini (985)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozione n. 349 dei consiglieri Amati e altri e le interrogazioni n. 1019 dei consiglieri Procaccini e Martoni e n. 985 del consigliere Cecchini.
Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Con i colleghi Franceschetti, Avenali, Mollaroli, Modesti e Tontini abbiamo ritenuto di dover porre all'attenzione dell'aula un tema che ci sembra molto importante, quello della crisi, significativa, credo per certi versi molto significativa, della Antonio Merloni nel nostro territorio e noto che la Antonio Merloni è una grande impresa che opera non solo nelle Marche e che tra Marche e Umbria, per non tener conto delle maestranze che sono fuori di questo territorio già citato, occupa 4.000 persone.
E' chiaro ed è noto a tutti che da molto tempo c'è nel nostro paese una crisi reale e molto pesante, che le grandi imprese hanno perso in due anni e mezzo quasi il 10% dei posti di lavoro e questa è una crisi seria — abbiamo visto le vicende che hanno riguardato la Ferrania, le Acciaierie di Terni e non solo — perché sembra evidente che la grande impresa non creda nell'innovazione e nella ricerca. Praticamente non crede nell’innovazione per competere. La situazione a livello nazionale e generale è quindi obiettivamente molto delicata e non siamo particolarmente impegnati a capire cosa succederà nelle nostre Marche, nella nostra provincia per questa crisi dell'impresa Merloni. Era infatti noto ormai da tempo che la situazione interna di questa impresa fosse particolarmente delicata. Si è parlato di un esubero di 460 unità. Oggi noi non l'abbiamo riportato negli atti e neanche nella nostra mozione questo dato, anche perché c'è stato un primo impegno, una trattativa positivamente chiusa con i sindacati, che prevede una dilazione rispetto alla problematica più acuta, quindi oggi sembrerebbe che la situazione sia meno preoccupante. Però noi abbiamo colto nella crisi latente della Merloni tutto un tema di grande preoccupazione reale, perché sappiamo che non basta mettere un momento di riflessione, chiudere un piccolo problema appena evidenziato, anzi un grande problema, perché 460 unità per la nostra provincia non sono piccolo problema, per ritenere superata questa questione. Crediamo che sia indispensabile un piano serio che tenga conto di una riorganizzazione complessiva e non siamo sicuri — mi riferisco al mio partito, al mio gruppo — che questo percorso si sia avviato.
E' chiaro che parlare della crisi oggi latente della Antonio Merloni è cosa che non può non impegnare il Consiglio regionale e noi riteniamo che il Presidente della Giunta si debba attivare con una convinzione di tutti, per definire alcuni punti ineludibili, per mettere in atto un tavolo istituzionale regionale che verifichi le iniziative complessive di ristrutturazione organizzativa dell'impresa — dicevo prima che oggi è questo il nodo, lo è in Italia ma lo è sicuramente per la tipologia, per la particolare definizione di quella realtà aziendale così significativa — in modo da poter tutelare il lavoro e gestire in positivo gli eventuali esuberi. Ripeto ancora che oggi sappiamo di un accordo firmato ma non siamo tranquilli, perché abbiamo la consapevolezza della gravità della situazione, anche perché è evidente che una crisi come quella che potrebbe scoppiare se implodesse complessivamente quella realtà, sarebbe una crisi gravissima, difficilmente gestibile non solo per il nostro territorio ma credo più complessivamente per una dimensione ancora più vasta.
Noi chiediamo ancora, al Presidente della Giunta, di sviluppare un monitoraggio e un controllo delle situazioni di crisi nelle Marche complessivamente, per poter individuare gli interventi e gli strumenti capaci di mantenere alto il livello di competitività — ripeto, ormai se non c'è innovazione è difficile pensare a un livello alto di competitività in un sistema globale — e anche perché ci sono risorse pubbliche regionali, nazionali, europee e quindi è certo che queste debbano essere orientate a una riorganizzazione di chi, poi, pensa al mantenimento dell'occupazione che ha attivato negli anni.
Credo che la situazione sia molto delicata, non evidentemente esplosiva ma realmente delicata. Credo che per questo sia indispensabile agire in sinergia e possibilmente in tempi rapidi. Credo che sarà possibile mettere insieme le nostre intelligenze e realizzare una proposta di risoluzione che non resti carta come spesso sono le nostre proposte di risoluzione e che preveda le cose che ho cercato di raccontare adesso e anche altri elementi che i colleghi rappresentanti di altre forze politiche, dopo di me riterranno utili da inserire.
Non è un fatto formale parlare di questa situazione, non è una delle ritualità di apertura del Consiglio, perché sembra quasi che questo elemento sia il tappabuchi dell’apertura della mattinata. E' chiaro che non è così, è chiaro che il tema è grave, delicato, molto importante e che 4.000 occupati tra noi e l’Umbria, se implode il sistema rappresentano un punto gravissimo. Per questo la responsabilità dei consiglieri, delle forze politiche e dell'Amministrazione regionale deve essere posta con il massimo di attenzione, per capire come questo problema non si realizza ma anzi, nelle vie appena iniziate a percorrere si concretizza con una risposta positiva.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Credo che sia opportuno concludere con una mozione che dia il senso di unità di questo Consiglio regionale, in merito alla crisi che sta vivendo non solo la Antonio Merloni ma tutto il distretto produttivo del fabrianese. Credo che non si possa ragionare solo di crisi di un'azienda ma si debba fare una valutazione complessiva su tutta la zona di Fabriano. Il distretto industriale di Fabriano è stato improntato nel passato, da una grande produzione monosettoriale a bassa tecnologia, con il rischio, a quel tempo inesistente, oggi molto reale, della concorrenza dei paesi emergenti, il cui costo della manodopera è attualmente inferiore, fino a un decimo o molto di più.
Se la differenza è 1,5 euro rispetto a 17-18 voi capite che non sarà mai sul tema della concorrenza sulla manodopera il modo come potremo riagganciarci con la concorrenza internazionale.
Fabriano, come Torino per molti aspetti — ma a Torino la grande produzione era non unica nella città, a Fabriano questa è l'unica vera produzione — ha una grande produzione monosettoriale a bassa tecnologia del prodotto finale, un indotto prevalentemente rivolto alla produzione, un indotto per la produzione terzista, una espansione delle aree industriali in funzione dell'indotto, un isolamento, sostanzialmente, del territorio, un utilizzo di personale prevalentemente non specializzato e un sindacalismo che di fatto ha tentato di tenere la linea della moderazione ma che nella sostanza oggi diventa una linea che difficilmente può garantire la quantità di manodopera. Un credito bancario mirato e comunque un soffocamento di industrie alternative a contenuto tecnologico e di fatto una viabilità scarsa, con la localizzazione delle strade molto funzionale a questo monoprodotto settoriale.
I fatti recenti di cassa integrazione e di mobilità che non riguardano solo la Antonio Merloni ma da ultimo il giorno 9 marzo, nelle aule di questo Consiglio regionale l'assessore Ascoli ha siglato una riduzione di ulteriori unità alle Cartiere Miliani, che nel corso di questi anni hanno dimezzato, considerando anche la Fabercarta e le altre aziende — la quantità di occupazione, per non parlare di altre aziende. Possiamo fare l'elenco delle aziende insolventi con i fornitori, possiamo fare l'elenco delle aziende che non hanno pagato con regolarità i lavoratori.
Rispetto a tutto questo è necessario capire che lì oggi, così come qualche tempo fa nello jesino, si sta concentrando una crisi forte dal punto di vista della capacità di queste aziende di potersi riprendere da sole.
La Antonio Merloni è in una crisi che può riguardare oggi 500 unità, ma quando finirà il piano industriale, cioè l'anno più i due anni, non ci sarà possibilità di rientrare per queste persone e allora la questione diventerà davvero molto grave.
Rispetto a tutto questo la Regione Marche sta definendo oggi, con le risorse regionali, le agenzie di sviluppo. Domani lo farà, spero, con i soldi della Ue, se la trattativa con Bruxelles sarà fruttuosa, quindi potremo avere un pacchetto di risorse regionali, piccolo oggi, un pacchetto di risorse un po' più grande poi, quindi chiedo di aggiungere alla mozione illustrata dal consigliere Amati, la possibilità di dedicare una parte delle risorse Arstel della Regione Marche al distretto di Fabriano allo scopo di diversificare la produzione, perché bisogna sostenere l'artigianato, bisogna sostenere il commercio, bisogna sostenere le nuove imprese che dovranno nascere e bisogna lavorare per fare questa politica. C'è quindi un emendamento che ho predisposto, che vorrei fosse firmato da tutti e che possa in questo modo essere aggiunto. Non è una crisi congiunturale, né si può pensare che la crisi della Antonio Merloni sia solo la crisi che si vede rispetto a un distretto industriale che rimane fiorente.
Ho letto il verbale di accordo sindacale, probabilmente il Ministero l'avrà ratificato, però la questione non è tanto se oggi si possa o no fare la rotazione, come i sindacati interni hanno cercato di fare, giustamente, per ridurre il reddito un po' ciascuno a tutte le famiglie, il punto è che il piano industriale per lo sviluppo successivo non si evince. Probabilmente, stante la congiuntura internazionale, il cambio euro-dollaro difficilmente potrà ricostituire una capacità produttiva per quel prodotto, difficilmente si potranno costruire le condizioni per uno sviluppo. La questione dovrà essere quella di come si sostiene l'occupazione in quella zona e ovviamente è necessario che le istituzioni regionali facciano di più. Voglio qui dire solo per inciso, che personalmente non ho apprezzato la scelta della Giunta regionale di sostenere la delocalizzazione all'estero nei distretti russi della Merloni Elettrodomestici, perché ritengo che non bisogna mai sostenere la delocalizzazione, che la crisi è tale e che bisogna sostenere le aziende. E comunque, nella internazionalizzazione delle imprese, problema grande per la nostra industria, va costruita una politica seria, definita, che riguardi tutte le aziende e non soltanto una sola. Per questo la delibera della Regione Marche nella quale la stessa decide di finanziare a Lipetsk la Merloni Elettrodomestici per clonare un distretto simile a quello realizzato a Fabriano, credo non sia giusta, poiché credo che sia una politica del tutto sbagliata e quindi ciò che a me interessa è dire: che c'è una crisi irreversibile sul distretto di Fabriano e che bisogna quindi intervenire; che bisogna richiamare, per quello che può fare — ma non vedo l'assessore al lavoro — le parti che hanno dato alla Regione Marche l'impegno di garantire i patti sociali per le Cartiere Miliani, mentre assistiamo impotenti alla vendita della Fedrigoni e della Fabercarta, alla continua riorganizzazione delle Cartiere Miliani in un modo terribile. Non so se voi avete chiaro cosa sta succedendo: stanno mandando in mobilità persone vicine alla pensione, ma stanno assumendo con contratto di formazione e lavoro per far lavorare 56 ore la settimana con il settimo giorno di ferie. Quindi 7+1, ben lontani da quelle 40 ore contrattuali che il movimento operaio nel nostro paese ha acquisito.
Che cosa fa la Regione su questo? Ci sono patti sociali garantiti, con i quali ci siamo impegnati come Regione Marche a garantire l'occupazione, a garantire che il management rimanesse su Fabriano, a garantire che le condizioni di lavoro fossero tali. Cosa sta facendo la Regione? Niente. Sta dando 1.200.000 euro alla Merloni Elettrodomestici per andare a sostenere la clonazione del suo distretto industriale a Lipetsk.
Vengo alla proposta. Sulla Antonio Merloni la crisi è seria e il verbale firmato fra i sindacati e al proprietà non garantisce il rientro delle 500 persone ed è bene sperare che ci sia un progetto industriale, ma siccome non c'è — sono chiare le notizie che non c'è un piano industriale — vale la pena di cominciare a organizzare una riconversione del distretto produttivo.
La mia proposta è: cominciamo a metterci alcune risorse regionali. Siccome l'Arstel è gestita dalla Giunta regionale che ha voluto definirlo come priorità che decidono le singole Province ma anche priorità regionale che decide la Regione, allora la mia proposta è che almeno per la parte regionale sia questa la priorità, perché mi pare che in questo momento sia una delle più grosse priorità che abbiamo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Anch'io condivido la necessità di addivenire, su questo punto alto di crisi occupazionale della Antonio Merloni, ad una risoluzione unitaria, proprio perché la volontà del Consiglio deve manifestarsi in tutta la sua forza, per quello che può valere.
La crisi della Antonio Merloni a nostro modo di vedere si inserisce in una situazione di difficoltà più generale delle Marche. Sul versante della tenuta occupazionale il "modello Marche" ormai non costituisce più un fattore propulsivo. L’artigianato diffuso non ha più una sua funzione autonoma, né nella produzione né nella commercializzazione di propri prodotti. L’impresa artigiana è diventata terzista e terminale della grande impresa capitalista. Ciò non è solo un fattore di tipo organizzativo ma costituisce un pesante condizionamento per la piccola impresa, costretta ad investire per una nuova filiera produttiva senza nessuna garanzia, perché se va in crisi la grande impresa, la piccola fallisce.
Nelle Marche c’è una crisi in tutti i comparti produttivi. La bassa percentuale di disoccupazione regionale del 7% è certamente un fatto positivo, molto positivo, tuttavia non deve ingannare, perché nel sud il dato della disoccupazione passa a più dell’11%. Il settore calzaturiero, dal 2002 al 2003 ha perso 4.000 posti di lavoro. Il mobile, il tessile subiscono una ristrutturazione. Non esistono più gli strumenti musicali che si producevano nelle marche. Oggi a ciò si aggiunge la crisi dell’elettrodomestico, anche perché in Italia, in questo e in altri settori non esiste più una politica industriale, le grandi industrie sono diventate in gran parte società di capitali, inoltre la legge 30 del Governo Berlusconi riduce ormai il lavoro ad uno spezzatino vero e proprio, diminuiscono le garanzie e i diritti, il lavoratore e la lavoratrice vengono equiparati a merce come se fossero degli scatoloni. Infatti si parla di lavoratori come somministratori di prestazioni. In questa questione così devastante la regolatrice suprema di tutta questa fase sembra essere solo la globalizzazione. Essa viene assunta come necessità risolutoria per tutti i settori. La crisi della Antonio Merloni è anch’essa iscritta dentro questo contesto di cannibalismo capitalista, dove il pesce grande mangia il pesce piccolo, ma al fondo di tutto ciò chi ci rimette sono i lavoratori che perdono il posto di lavoro. La crisi dell’elettrodomestico ha tuttavia, a mio modo di vedere, una anomalia, perché essa chiude bene per i profitti e chiude male per i lavoratori. La crisi della Antonio Merloni riguarda quasi 500 tra lavoratori e lavoratrici che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro. Nel frattempo le mobilitazioni dei lavoratori e dei sindacati hanno scaturito un accordo che cerca di limitare gli effetti devastanti e di evitare per l’immediato i licenziamenti attraverso ammortizzatori sociali che limitano gli effetti devastanti.
I Comunisti italiani sostengono le iniziative dei lavoratori e del sindacato. Le soluzioni proposte, comunque sia porteranno ad una riduzione, nella prospettiva, di posti di lavoro.
Non è solo l’effetto del rapporto mitizzato tra euro e dollaro causa della crisi, perché al tempo stesso si percorre un altro classico della logica capitalista e della globalizzazione: la delocalizzazione in altri posti d’Europa e del mondo dove il lavoro costa di meno e dove la flessibilità è ancora maggiore. Si risolvono le crisi chiudendo le fabbriche in Italia e aprendole in Romania, in Albania o in Russia, in quelle aree dove il capitalismo reale è più disponibile alle deroghe sui diritti dei lavoratori.
Lo scopo della nostra interrogazione è quindi quello di segnalare ancora una volta la necessità di una ricognizione più precisa della realtà economica e sociale delle Marche, anche perché le Regioni, adesso, hanno le competenze non solo sull’artigianato ma anche sull’industria. A questo punto, anche se so bene che le competenze regionali non sono grandi rispetto allo sviluppo industriale, anzi sono residuali con i pochi bilanci che esse hanno, in realtà ci vorrebbero, di fronte alle ristrutturazioni, più intervento pubblico, più iniziative che in qualche modo condizionassero positivamente sul versante occupazionale le realtà industriali. Ma siamo di fronte a ristrutturazioni generalizzate e in ciò ci vorrebbe più Stato e meno mercato. Proprio perché il mercato ha fallito sul punto critico, sul versante della tenuta sociale, dà il primato al profitto e si disinteressa del lavoro, dei lavoratori e della persona.
Quindi la nostra Regione — do atto all’impegno della Giunta e dell’assessore al lavoro su tutti i punti di crisi — deve istituire, a nostro modo di vedere, un osservatorio istituzionale, politico e sociale, non tecnico che già esiste, in capo all’assessorato, con la partecipazione della Commissione consiliare competente, che del resto sta già svolgendo in questo senso delle iniziative e degli incontri, per intervenire prima e non dopo le crisi. Lo scopo deve essere quello di orientare le risorse pubbliche nelle aziende che si impegnano a mantenere i livelli occupazionali, attraverso la verifica di piani aziendali attendibili e con un riscontro di tipo positivo.
Questo va fatto verso il settore privato ma anche verso il settore pubblico, perché la crisi della Antonio Merloni di queste proporzioni si aggiunge anche ad altre crisi volute o imposte del settore pubblico. L’Enel che è stato privatizzato, la Telecom che è stata privatizzata, le Poste che sono state privatizzate, le Cartiere Miliani che sono state privatizzate, il settore tessile e abbigliamento che è stato privatizzato: in tutto ciò la devastazione sociale. Qualcuno può anche ridere, ma è stata grande, grandissima questa devastazione, proprio perché a scelte sbagliate dei governi si sono aggiunte le scelte devastanti del Governo Berlusconi, che attraverso la logica della privatizzazione ritrae il settore pubblico dall’economia e favorisce la legge della giungla, una legge che in maniera certa dà garanzia solo ai grandi e grandissimi comparti.
Certo i governi di centro-sinistra possono ed anzi hanno compiuto degli errori, delle sottovalutazioni da questo punto di vista, ma in rapporto a quello che fa questo Governo, quelli appaiono rivoluzionari anche su questo settore. Quindi oggi il ruolo pubblico non si esercita. Qualcuno dirà “per fortuna”, per me, purtroppo, attraverso la proprietà delle aziende. Ma allora quale deve essere il ruolo pubblico nell’economia? Noi diciamo che deve essere quello più incisivo della programmazione ed anche quello dell’allocamento delle risorse. Questa piccola possibilità e competenza che abbiamo la dobbiamo esercitare in maniera più precisa, più verificabile sul versante della tenuta occupazionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Recentemente abbiamo visto cosa sta accadendo a livello nazionale, tra il “listone” e i comunisti, uno strappo notevole sulla politica estera e tra non molto non sarà meno, quando tenterete di mettere giù un programma nazionale sulla politica del lavoro. I cittadini italiani ormai, non “beccano” più alle vostre sirene. Basta con questo statalismo, perché ormai avete stancato, siete rimasti veramente una riserva indiana che non sta più con i tempi e non riesce a tenere il passo.

CESARE PROCACCINI. In confronto a quello che sta accadendo nel mondo torna di grande attualità il socialismo, come necessità per l’umanità.

OTTAVIO BRINI. Ci auguriamo che non sia quello “reale”. Meglio il “Polo” della Siberia... Speriamo che non venga quel socialismo reale che per tanti anni ha ingessato e bloccato tutte le democrazie mondiali.
Noi non ci meravigliamo, poi, che il dibattito che si sta affrontando in quest’aula non va nel merito della questione. Non avete toccato per niente l’assessore all’industria, che è uno dei principali responsabili di questa politica marchigiana. Noi apprezziamo lo sforzo che state facendo (tavoli, tavolini, tavolinetti), ma non entrate mai nel concreto.
Non ci siamo mai tirati indietro rispetto al dibattito e in più di un’occasione, in più di una circostanza abbiamo presentato il conto e l’assessore non ha mai riferito in questo Consiglio regionale sulle vacanze, sugli investimenti e sui finanziamenti che la Regione Marche ha fatto all’estero. Oggi però è arrivato il conto. Anche se l’assessore Ascoli ci insulta — basti vedere quello che ha detto nell’ultimo Consiglio regionale, cosa che avremo modo di discutere — e l’ho sentito a Civitanova dove non ha mai pronunciato una parola sul Governo Berlusconi che ha mandato, anche se limitatamente, un po’ d’ossigeno. Forse ha un’allergia, sotto questo aspetto? Però quando parla di demagogia e di strumentalizzazione sia un po’ più cauto, perché lui sta facendo una propaganda strisciante e schifosa nei comuni, con i soldi anche del Governo. Quindi chi la fa se l’aspetti prima o poi, e avremo modo di confrontarci.
A Civitanova non ha speso una parola per dei soldi che sembrava fossero venuti da lui che aveva progettato, programmato, trovato anche le risorse.
Noi all’assessore al lavoro e all’industria diciamo che a nostro avviso manca una vera politica della Regione a sostegno delle attività produttive. Sono dieci anni che governate la Regione Marche, oggi di botto vi svegliate e vi accorgete che c’è una crisi che in più di una occasione era stata evidenziata. Ho letto nell’interrogazione della collega Cecchini che l’assessore all’industria Gian Mario Spacca ha scelto di investire a Lipetsk per dare un sostegno alla delocalizzazione della Merloni Elettrodomestici del distretto della meccanica. Sarà stato un caso? Però la Cecchini si è dimenticata di dire questo. Se fosse stato il Governo Berlusconi, questa mattina chissà quante ne avreste dette, Silenzi si sarebbe addirittura tolto la giacca: conflitto d’interessi ecc. Per voi, tutto normale. Spacca non parla, ride. Questo non l’ho detto io, l’ha detto la Cecchini, che forse si è dimenticata, perché è bipartisan, ambidestra: una volta inciucia con noi, una volta inciucia con voi. Solo i polli nostri possono beccare, in questa circostanza.

GIAN MARIO SPACCA, Vicepresidente della Giunta. Devi solo avere la bontà e la pazienza di ascoltare la risposta, che dopo ti darò.

OTTAVIO BRINI. Sono tre anni e mezzo che ho pazienza, e ogni volta puntualmente te lo dico. Mi vuoi dire in tutti i tuoi “viaggi-premio” che cosa hai importato, a livello anche di importazioni? Perché tu stai esportando e crei crisi occupazionale. Nessuno ha il coraggio di dirtelo, questo.

UGO ASCOLI. E’ Spacca che crea crisi...?

OTTAVIO BRINI. Ascoli, per cortesia, non agitarti. Tu preoccupati della formazione, dato che l’altro giorno hai detto che sei bravo, sei l’unico, sei il migliore. Noi ne prendiamo atto. Ha fatto bene D’Ambrosio a farti assessore, perché con te c’è stato un salto di qualità di cui ci siamo accorti tutti: non riuscite nemmeno a fare la legge 20, oggi vi siete inventati la Merloni per le difficoltà che trovate... Fai silenzio, stai calmo e preoccupati a trovare 21 voti per questa “legge truffa” che stai preparando.
Manca quindi una politica seria che va dal piccolo artigiano che si alza la mattina alle 6 alla grande industria. Oggi è facile gridare “al lupo! al lupo!” e dire che la colpa è del Governo Berlusconi. Lo Stato, caro Procaccini, non si può sostituire più, non ci sono più le risorse. Se non l’avete capito questo, siete in un altro mondo. Oggi non è più nemmeno sufficiente la formazione, perché se escono brave persone, preparate e poi non hanno posti di lavoro, bisogna che noi facciamo una politica seria, che permetta alla Regione Marche di essere quel modello che era e che non è più grazie a Spacca e che voi non avete il coraggio di dire. L’assessore all’industria si chiama Gian Mario Spacca, non Silvio Berlusconi.

UGO ASCOLI. Confermo, confermo...

OTTAVIO BRINI. Insisti, ancora? Dopo ce ne sarà anche per te, con la legge 20, quando ne parleremo. Se tu ci fai caricare ancora di più, saremo ancora più “arrabbiati”.
Quindi cosa significa questo distretto della meccanica? E cosa ha portato alle industrie marchigiane? Non quelli che vanno a fare i “tubetti”, i “chiodi” che poi ce li riportano in Italia, mentre da noi non li fanno più.
Forse qualcuno non è voluto entrare nel merito. L’avevi messa bene, cara collega Cecchini, però non hai voluto sviluppare questo tema e non ho capito perché.

CRISTINA CECCHINI. L’ho sviluppato: non mi hai sentito.

OTTAVIO BRINI. Parlo di questi dei “tubetti” che vanno a fare la meccanica, mentre i nostri vengono poi messi in cassa integrazione o licenziati, con i soldi della Regione. Cominciamo a parlare di queste cose. Se questa è la politica industriale della Regione Marche, penso che, da populista come sei, dovevi chiedere le dimissioni all’assessore Spacca, e non l’hai fatto.

CRISTINA CECCHINI. Fallo tu.

OTTAVIO BRINI. Non rientra nelle mie competenze, rientra nelle competenze di D’Ambrosio. Quando tu non andavi bene ti ha cambiato, non ti devo cambiare io, c’è D’Ambrosio che ha queste competenze, noi non facciamo altro che segnalare una politica carente da parte della Regione Marche.
Luchetti si preoccupa, con la legge, di sistemare 10 persone che sono in esubero nelle varie cliniche private: è una politica a pelle di leopardo, clientelare, fatta per gli amici degli amici. Oggi voi cercate di affrontare un tema regionale tentando di mistificare, di non entrare nel merito del problema. C’è la crisi alla Merloni? Chiediamoci perché. Che tavoli dobbiamo fare? Perché oggi si parla di queste 400 persone che rischiano di andare in cassa integrazione? E’ sbagliata la politica aziendale? E’ sbagliato l’intervento della Regione? Queste sono le risposte che dobbiamo dare alla gente. (Interruzione). Cerco di far capire che quando si organizzano quei “viaggi premio” andando all’estero... Da voi c’è stata una battaglia per un catamarano perché si diceva che portava i turisti in Jugoslava anziché far venire i croati a Civitanova. Sono tre anni che ancora parlate di queste cose, quindi ritengo che la politica industriale della Regione dovrebbe portare investimenti e risorse, occupazione, non creare disoccupazione. Noi chiederemo una seduta ad hoc per parlare della politica del lavoro, chiederemo che l’assessore ci relazioni sui dieci anni di politica del lavoro che ha fatto, gli investimenti che sono stati fatti, i risultati ottenuti. Oggi parlare di tavoli, di “più Stato e meno privato” a noi non sta bene, perché disorienta la gente e non affronta il problema reale. Se vogliamo creare ancora carrozzoni a carico dello Stato e dei cittadini siamo fuori dei tempi e della logica, perché l’ha detto prima il Governo Prodi, l’ha ripetuto il Governo D’Alema e l’ha riconfermato il Governo Amato, perché le grosse privatizzazioni le hanno fatte questi Governi, caro Procaccini, con il tuo compagno Cossutta, che è stato uno dei maggiori sostenitori di queste leggi. Oggi tu vieni qui a predicare il contrario di quello che è stato fatto livello nazionale. Ma chi vi crede più? E’ questa la credibilità che diamo ai cittadini? Siate seri su queste cose, perché quando si parla del pane e del posto di lavoro dobbiamo essere seri, altrimenti non saremo più credibili nessuno.

GIULIO SILENZI. Berlusconi aveva promesso tantissimo: un posto di lavoro a tutti.

OTTAVIO BRINI. Una volta avevamo “zio Giulio”, adesso tu stai buono. Hai una campagna elettorale da fare, stai tranquillo, non sprecare qui le energie che ti possono essere utili da qui a giugno, lascia rispondere a Spacca, perché è sua competenza, a Procaccini per quanto riguarda la politica di Cossutta sul lavoro a livello nazionale, a Marco Rizzo che è tanto bravo, a Pecoraro Scanio, a questa gente che va in televisione con quei bei “faccioni”, che magari predicano bene e razzolano male.
Non me ne voglia Gian Mario che reputo una persona molto seria. Non ho fatto questa analisi per un fatto personale. E’ un’analisi che da diverse sedute noi poniamo: chi parla della Svim, chi parla della Scam, si parla di tutto e non si parla di niente, si spendono decine di miliardi a volte buttati anche in fumo, che possono essere spesi anche meglio e investiti meglio per i nostri calzaturieri. Buone erano quelle fiere che si organizzavano all’estero, dove si portavano i nostri artigiani, anche se pochi, che prendevano commesse e quindi creavano occupazione e posti di lavoro. Quella era una politica da seguire, anche se era limitata ad un solo periodo. Oggi purtroppo c’è il “fai da te” nel nostro distretto calzaturiero, c’è la crisi del poliuretano, c’è la crisi dovuta ai cinesi, perché non è solo problema del “made in Italy”, perché i nostri imprenditori stanno facendo sforzi notevoli per resistere a quella concorrenza e l’altra sera anche il presidente Ds D’Alema, che era in viaggio a Pechino, ha assistito in un mercatino alle migliori firme a 5 dollari, 8 dollari, 22 dollari: scarpe della Nike, per fare un esempio. Come possiamo noi combattere questo, se ancora portiamo soldi all’estero per aprire o aiutare industrie italiane a creare occupazione all’estero? Dobbiamo cambiare la tendenza, per lo meno sotto questo aspetto. Ma occorre una politica seria. Chiamate qualche esperto — ne chiamate tanti, di dirigenti — spendete qualche lira sotto questo aspetto per chi veramente è competente in questa materia, ma spendeteli bene in modo che portino produzione, che portino ricchezza al mondo del lavoro, non disoccupazione, portando 1.239.000 euro in Russia. Che ci importa della Russia?

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

ANDREA RICCI. La crisi della Antonio Merloni, purtroppo non rappresenta un caso isolato, è anzi lo specchio, che colpisce il nostro territorio, di una profonda crisi economica, generale che investe l’intero paese. L’Italia ormai da oltre tre anni vive una situazione di stagnazione e recessione. La più lunga fase di blocco della crescita nella storia dell’Italia del dopoguerra. Non è soltanto una situazione di carattere congiunturale, temporanea, provvisoria, ma è invece indizio di una crisi strutturale del sistema produttivo del nostro paese, tanto è vero che ormai nessuno può negare l’evidenza che ci troviamo di fronte ad una situazione di vero e proprio declino industriale del nostro paese.
Le produzioni italiane perdono continuamente competitività, si è ritornati al livello degli anni ‘50 nel rapporto tra esportazioni italiane ed esportazioni mondiali.
Accanto a questa situazione di grave declino industriale abbiamo una situazione sociale profondamente deteriorata: i salari, gli stipendi e le pensioni nel corso di questi anni hanno perso gran parte del potere d’acquisto in termini reali a causa di una inflazione galoppante, superiore a quella degli altri paesi dell’Unione europea, a cui non ha corrisposto, dopo l’abolizione della scala mobile, il recupero in termini di reddito, per i lavoratori dipendenti. Una situazione di grave preoccupazione che deve spingere tutti noi ad individuare le vere cause.
Innanzitutto non c’è dubbio che le responsabilità della politica economica di questo Governo, così come dei Governi precedenti nel creare questa situazione sono chiare ed evidenti. Il vincolo di Maastricht ha agito nel nostro paese come uno strumento permanente di compressione della domanda, che ha causato una situazione di stagnazione strisciante durata per tutti gli anni ‘90. La politica delle privatizzazioni, dei tagli alle spese sociali, della riduzione dell’intervento pubblico nell’economia, nella ricerca, nello sviluppo dell’ammodernamento tecnologico del paese sono alla radice di questa situazione di crisi. Ma d’altra parte vi sono anche pesanti responsabilità delle imprese e degli imprenditori privati, perché nel corso degli ultimi dieci anni i profitti sono aumentati esponenzialmente, anche i profitti della famiglia Merloni, in tutte le sue varie componenti, a scapito dei salari e degli stipendi. Solo che le imprese hanno preferito investire questi lauti guadagni non in investimenti produttivi ma in speculazioni finanziarie. Quanto è accaduto con Parmalat e Cirio è una palese dimostrazione di questo atteggiamento predatorio del capitalismo privato italiano.
La crisi generale del paese investe anche le Marche. Chi si era illuso che un grande paese industriale potesse sopravvivere e prosperare basandosi esclusivamente sulla piccola e piccolissima impresa, oggi viene smentito clamorosamente dai fatti. Non abbiamo solo la crisi di Fabriano, nella nostra regione una situazione altrettanto e forse più drammatica, si verifica nella provincia di Ascoli Piceno: non a caso c’è stato uno sciopero generale appena un mese fa, per denunciare una situazione di grave crisi occupazionale che rischia di mandare in fumo migliaia di posti di lavoro in quella realtà.
Siamo di fronte, oggi, ad una crisi dei distretti industriali, perché la crisi della Antonio Merloni non è la crisi di una singola impresa, ma la crisi di un distretto industriale fortemente integrato — quello degli elettrodomestici di Fabriano — al cui interno le varie imprese capofila del distretto si erano suddivise compiti, funzioni e mercati, specializzandosi ognuna in particolari filiere produttive e oggi la crisi della Antonio Merloni ci dice che quel modello del distretto elettrodomestico di Fabriano è in crisi.
E’ vero che l’altra grande azienda di quel distretto ha proprio qualche giorno fa, reso noto un record nel 2003 per quanto riguarda gli utili e il fatturato, tuttavia la situazione dell’impresa gemella della Antonio Merloni mette in crisi il sistema che nel distretto elettrodomestico di Fabriano si era costruito in questi anni.
Negli scorsi anni fu proprio Merloni — non Antonio — a indicare come modello sviluppo e di industrializzazione da esportare nei paesi dell’est e da copiare, il modello del distretto elettrodomestico di Fabriano, che è un distretto particolare, perché è un distretto industriale fortemente gerarchizzato intorno a poche grandi imprese, al cui interno la vasta rete di piccole e medie imprese fornitrici non gode di nessuna autonomia, né commerciale, né produttiva, né tecnologica. Un modello, quello del distretto di Fabriano, che si è costruito attraverso l’asservimento dell’intero tessuto produttivo e sociale, intorno alle poche grandi imprese capofila.
E’ necessario, di fronte a una situazione così grave e profonda, non limitarsi soltanto all’emergenza. E’ chiaro che il primo obiettivo per le istituzioni pubbliche deve essere quello di salvaguardare l’occupazione ed evitare che 450 lavoratori, oggi, si trovino senza lavoro e domani che molti altri lavoratori possano trovarsi nella stessa situazione. Tuttavia non possiamo più limitarci alla sola emergenza, occorre invece mutare la strategia complessiva della politica economica e industriale. Mutarla innanzitutto a livello nazionale, superando i modello neoliberista che in questi anni è stato selvaggiamente applicato e ripristinando un ruolo fattivo del pubblico, in termini anche di interventi diretti e gestionali, in grado di promuovere l’ammodernamento tecnologico dell’apparato produttivo italiano per mutare la specializzazione produttiva in prodotti maturi e tradizionali che subiscono sempre più la concorrenza dei nuovi paesi industrializzati dell’estremo oriente.
Ma occorre mutare anche strategie a livello di politiche industriali territoriali.
Io credo che a livello territoriale bisogna orientare gli interventi in modo tale da consentire l’acquisizione di una sempre maggiore autonomia in termini gestionali, commerciali, organizzativi, logistici per le piccole imprese. Non funziona il meccanismo gerarchico, che vede un vasto numero di piccole e piccolissime imprese fornitrici di poche, grandi imprese.
Per fare questo penso che la politica industriale territoriale debba orientarsi verso la fornitura pubblica dei servizi strategici, che sono necessari per fare acquisire autonomia alle piccole e piccolissime imprese, non demandando questo compito alle poche grandi imprese capofila.
Da questo punto di vista ritengo che anche gli interventi industriali della Regione debbano orientarsi in tal senso. Naturalmente non è concepibile che imprese che delocalizzano all’estero e che riducono l’occupazione nel nostro territorio possano godere di sussidi, ausili, incentivi pubblici. Sarebbe una politica autolesionista e suicida e qualora ciò avvenisse occorrerebbe cambiare politica.
Detto questo è del tutto evidente che il ruolo che gli enti locali e la Regione possono avere per invertire questo trend di crisi e di declino industriale è molto limitato. Senza un cambiamento complessivo della politica economica generale del paese, che abbandoni le ricette neoliberiste, è difficile, anzi è impossibile che si possano mettere in moto meccanismi di sviluppo autopropulsivo a livello locale semplicemente con l’azione del sistema delle autonomie locali.
Queste due strategie — la politica industriale nazionale, la politica industriale territoriale — devono essere strettamente integrate e da questo punto di vista è necessario che la Regione Marche si faccia portavoce anche a livello nazionale di una nuova politica industriale del paese che possa vedere le Regioni e gli enti locali da un lato e il Governo nazionale dall’altro, protagonisti di un nuovo modello di sviluppo.
Nel merito della situazione della Antonio Merloni noi crediamo che le esigenze di riduzione dell’occupazione chieste dall’impresa non possano essere accettate incondizionatamente senza una precisa verifica della reale situazione economico-finanziaria e senza precise garanzie rispetto ai piani industriali futuri. Non è accettabile che si possa mandare in mobilità e in cassa integrazione centinaia di lavoratori, senza una precisa conoscenza della situazione attuale e degli intenti futuri dell’impresa.
Da questo punto di vista riteniamo quindi che qualsiasi iniziativa della Regione, compreso lo stesso assenso e collaborazione nella implementazione degli ammortizzatori sociali, debba essere condizionata preventivamente da questa opera di informazione e di conoscenza.
Il piano industriale della Antonio Merloni non deve soltanto essere reso noto, ma deve essere condiviso dalle organizzazioni sindacali che rappresentano i lavoratori e dai pubblici poteri — la Regione in primo luogo — a cui l’impresa chiede aiuto per attivare gli ammortizzatori sociali necessari all’opera di ristrutturazione. Basta con gli atteggiamenti accondiscendenti, basta con le promesse da marinaio, vogliamo dall’impresa fatti, certezze, prospettive sicure, altrimenti non è più possibile erogare pubblico denaro per far ingrassare i profitti degli imprenditori.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Ho colto l’ultima battuta del consigliere Ricci che si propone in una prospettiva che non voglio dire appartiene ad anni passati ma addirittura alla preistoria nelle conflittualità che esistono nelle economie del mondo. Oggi il problema, in Italia non è che stanno rischiando di andare a finir male i lavoratori e non i padroni, per dirla con termini ormai desueti, ma stanno per andare per aria datori di lavoro e lavoratori, questo è il problema di fondo. Non siamo più al vecchio scontro di classe delle dinamiche dell’economia ottocentesca e novecentesca con le sue verità e le sue forzature. Siamo di fronte a un cambiamento epocale dell’economia del mondo in cui l’occidente, così come viene definito, ha una situazione diversa rispetto agli anni passati, nel senso che, grazie a Dio — questo dobbiamo salutarlo come un fatto positivo — alcune nazioni che chiamavamo “in via di sviluppo” — in realtà era una civiltà addirittura più antica e più forte della nostra nel passato (cito la Cina), ricominciano ad organizzarsi in maniera diversa e si propongono sul mercato del mondo in condizioni fortemente differenziate nei confronti dell’occidente che ha acquisito benessere, diritti e garanzie.
Di fronte a questo meccanismo in cui c’è questo “villaggio globale” dove tutti sono in contatto con tutti, in cui si affacciano paesi dove il costo della manodopera è molto basso, la cui struttura sociale è in corso di riorganizzazione, in cui i diritti sono fortemente compressi e quindi sostanzialmente non garantiti, avviene che le vecchie economie occidentali e industriali implodono. Di più, ci sono altri due fattori molto importanti. Uno è legato alla contingenza internazionale: la tensione nel mondo non fa bene alle economie, quindi quanto accaduto nel 2001 a New York con le due Torri, ma quanto accaduto qualche giorno fa in Spagna, a Madrid, quanto sta accadendo in queste ore in Israele e Palestina è un elemento che scoraggia gli investimenti, quindi scoraggia l’economia, scoraggia gli acquisti e crea una situazione di fortissima turbativa.
Accanto a questo la trasformazione dell’economia per quanto riguarda le nostre aree. Sostanzialmente l’Italia è stato un paese di economia manifatturiera, privo di materie prime. La sua vitalità era dovuta alla trasformazione. Oggi il costo della trasformazione in Italia — nelle Marche le calzature, il mobile, gli elettrodomestici — riguarda cose che possono essere costruite o prodotte in altre aree a prezzi molto inferiori. E’ chiaro che questo ci svuota di quella funzione e il fatto che l’Italia fosse un paese fortemente manifatturiero, fortemente di trasformazione e questo ci vedeva protagonisti come concorrenti forti in tanti altri paesi dell’economia occidentale, non lo è più. Questo comporta una fortissima ristrutturazione di tutta la nostra economia. Sono fatti che vanno al di là delle banali cose che accadono. Ciò che accade sul mercato, la legge tra la domanda e l’offerta nel mondo va al di là della volontà dei politici, degli economisti. Giscard d’Estaing una volta disse una frase molto bella: “Quello che accade sul mercato sono fatti, quanto dicono gli economisti politici sono teorie”. Quello è un fatto al di là della volontà dei governi, al di là della volontà dei ministri, degli esperti e via di seguito.
Qual è la forza e il ruolo della politica, di chi dirige l’economia? Di cercare di indirizzare in maniera diversa l’andamento, cercare di correggerlo in funzione di garantire la coesione sociale, il benessere e via di seguito.
Il problema della Antonio Merloni ha una responsabilità di gestione, legata al fatto che non ha colto nel tempo, uno o due anni fa, le prime avvisaglie di una tendenza che poi è diventata prorompente. Probabilmente, nella speranza che il mercato riprendesse, che l’economia riprendesse, che la produzione trovasse una nuova collocazione si sono ritardati interventi direttivi. Però, detto questo ciò che è accaduto nei giorni scorsi alla Antonio Merloni, cioè la chiusura della trattativa, con la messa in mobilità di 120 persone per pre-pensionamento, la cassa integrazione a rotazione — nessun licenziamento — dal punto di vista oggettivo è una buona soluzione. Ma dov’è il limite di questa e di tante altre vertenze? Che ci deve essere uno sbocco nella ripresa dell’economia. Se l’economia italiana non riprende e non riprende l’economia mondiale perché l’economia italiana è fortemente interconnessa con le altre economie, è un dramma per tutti, andiamo verso un 1929 prossimo venturo tremendo per quanto riguarda l’occidente. La crisi del ‘29 ha fatto scuola in tutte le tesi di economia, perché è stato un momento in cui si sono incrociati nella politica, nella storia, nei movimenti delle persone e via di seguito, una serie di fattori che per alcuni anni hanno messo in ginocchio l’economia e il benessere dell’Europa occidentale. Se l’economia dell’Europa occidentale non trova nuovi indirizzi, nuovi passaggi, nuove prospettive, essendo l’industria in quanto tale, in particolare quella manifatturiera molto “matura”, il rischio è che si inizino forti aree di disagio e sofferenza sociali.
Tra l’altro nel caso italiano c’è il particolare dell’introduzione dell’euro che non è irrilevante, perché l’euro forte nei confronti del dollaro ha messo fuori mercato tante piccole e medie aziende della nostra regione e d’Italia. L’euro è stata una grande conquista, l’euro forte nei confronti del dollaro ci dà anche orgoglio, però mette in ginocchio la nostra capacità di essere concorrenti, perché il dollaro forte permetteva alle nostre aziende di lavorare di più.
Quindi il problema è epocale, non si ferma alla Antonio Merloni. Questa prima fase della trattativa si è chiusa in maniera decente, secondo me, alla Antonio Merloni: nessun licenziamento, 120 in mobilità alla vigilia della pensione. Il problema è il futuro della Antonio Merloni e di tante aziende come la Antonio Merloni nelle Marche.
Cito un mio amico calzaturiere di livello, fatturato alcune decine di miliardi l’anno, che ha aperto un’azienda in Messico e una in Cina che verrà inaugurata il 18 aprile. Lui mantiene, con le due aziende in Messico e in Cina l’azienda italiana che sta cominciando a perdere. Allora qui può venire il migliore dei sindacalisti, il migliore dei politici, il migliore degli economisti, ma se lui, per orgoglio, tiene in piedi l’impresa italiana con gli utili del 33% in Cina e del 25% in Messico, mentre qui quando va bene è a pareggio, guadagna l’1-2% che non può neanche investire, è una prospettiva economica delicatissima.
Sicuramente le istituzioni devono proporsi dei modelli. Non è cosa semplice, non è cosa che si indirizza a tavolino. Ricordo Giscard che dice “il mercato e l’economia sono fatti e le teorie sono un’altra cosa”. Dobbiamo cercare di creare nuove aree di occupazione, perché l’internazionalizzazione non è la soluzione, l’internazionalizzazione è il caso di quel calzaturificio che, producendo in Messico e in Cina riesce a tenere la testa viva in Italia con quegli utili.
Quindi occorrono nuove prospettive all’economia, all’occupazione, attraverso settori — agroalimentare, accoglienza, beni culturali — che non ci possono rubare, perché come una volta eravamo concorrenziali sulle manifatture, lì non ci possono rubare. Certo, il terzo mondo può avere delle zone incontaminate, ma certe cose come la storia, la cultura, i monumenti, alcune aree le abbiamo noi, punto e basta.
Quindi dobbiamo cambiare le prospettive, gli indirizzi dell’economia, cosa non semplice, e dobbiamo avere molta attenzione nel cercare il minor disagio sociale possibile ai lavoratori dipendenti e alle loro famiglie.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Il rischio che noi corriamo quando parliamo di queste cose è sempre quello di aprire un varco per esternazioni di carattere politico che poi travalicano anche rispetto alle nostre competenze. A me piace sempre sentire i comunisti parlare, con il livore che hanno, delle responsabilità del Governo Berlusconi, delle responsabilità del presidente Bush. Questo vizio di spaziare sul nazionale e sull’internazionale per non affrontare i problemi veri della nostra regione, ormai non ci meraviglia più. Però se questo è un costume a cui la sinistra si è abbonata, ben venga questo costume, siamo disposti a recitare anche noi la nostra parte. Lo ha fatto il mio collega consigliere Brini con molta proprietà e mi veniva da sorridere rispetto alle reazioni dell’assessore Silenzi quando diceva “cosa c’entra la Russia?”. Mi verrebbe da rispondere all’assessore Silenzi “c’entra”. Se per esempio uno delle scelte strategiche della politica industriale delle Marche è stata la creazione di un distretto industrial in Russia, vuol dire che qualcosa c’entra. Poi non ha detto — ma lo dico io — che criticammo quella scelta, perché non erano certi i risultati ma era certo il riferimento industriale nella nostra regione, che era sempre una grande azienda di Fabriano. Comunque non mi interessa seguire la sinistra estrema su questo versante che non ci porta lontano.
Così come sono un po’ preoccupato dei lavori di oggi. Dovevamo discutere della oggettiva situazione di difficoltà del personale dei consorzi di bonifica e non ne stiamo discutendo, dovevamo parlare della “legge truffa” sul personale, cioè la decisione della Giunta di aumentare il numero dei dirigenti regionali a tempo — perché anche questo accade, ma avremo modo di ritornarci nel dibattito successivo — e invece niente di tutto questo.
Voglio fare una brevissima osservazione aggiuntiva a quello che è stato detto con molta proprietà dal mio collega Brini. Intanto credo che si possa rilevare quanto venga meno una preoccupazione rispetto alla condizione occupazionale della Antonio Merloni. Credo che il dibattito di queste settimane, le rassicurazioni che sono state formulate non solamente da parte industriale ma anche da parte sindacale, ci portano a dire che il quadro non è buio, così come qualcuno aveva tentato di dipingere. Quindi da questo punto di vista credo che si possa guardare con molto più ottimismo al futuro. Questo però non può esimerci dal rilevare quali sono gli elementi che hanno provocato questa situazione, soprattutto nel settore della media e grande industria regionale.
Intanto non si può non considerare gli effetti prodotti dalla svalutazione monetaria. Non capisco perché siamo sempre bravi a trovare motivazioni di carattere politico, ma non abbiamo mai la forza di andare a cercare quali sono gli elementi concreti che determinano una situazione di pesantezza, di crisi del nostro sistema.
L’altro aspetto è il discorso della delocalizzazione. C’è ormai questa moda, questa tendenza di molte imprese di andare all’estero a produrre perché costa meno il personale, costa meno l’intervento sociale, quindi c’è un abbattimento dei costi produttivi che sono oggettivamente concorrenziali. Io sono un cittadino della “grande provincia di Pesaro”, l’altro giorno citavamo il fatto di un’industria del tessile di Apecchio, che il comune più lontano, ai confini di questa regione, la cui economia viveva sull’attività di una grande azienda del settore del tessile. Questa azienda ha trasferito il proprio sistema produttivo in Marocco e quindi, di fatto il paese è ridotto sul lastrico, in termini economici. Nel senso che tutte le commesse alle piccole aziende artigiane, o se volete al lavoro su commissione dato a persone singole e famiglie non produce più ricchezza per gli abitanti. Questo è un altro dato che va considerato e che non credo sia tanto legato alle responsabilità del Governo nazionale, così come si è tentato di accreditare.
Mettiamoci infine una crisi congiunturale internazionale che è sotto gli occhi di tutti, che è l’altro dato acquisito, le cose diventano chiare. Dopodiché io non sono quello che si ostina a blindare le responsabilità di chi governa questo paese. Certo, chi governa questo paese ha fatto tantissime cose buone come, probabilmente, si è dimostrato inadeguato e insufficiente su altre. Si tratta di correre su questa strada.
Torniamo al tema: noi che facciamo? La Regione Marche cosa fa rispetto a questa situazione? Cosa fa rispetto al tessuto produttivo di questa regione? Cosa fa per corrispondere all’esigenza di mantenere il nostro tessuto produttivo competitivo, capace, organizzato, in grado di produrre occupazione e ricchezza?
Credo che se facessimo meno tavoli istituzionali come piace fare all’assessore al lavoro Ascoli, inutili e improduttivi... Poi, magari, si assiste anche al paradosso che sulla vicenda di un’azienda a partecipazione statale qual è l’Aquater, l’assessore percorre strade che rasentano la stupidità, perché di fronte ad una richiesta di coinvolgimento reale fatto da alcuni esponenti della minoranza — mi riferisco al consigliere Gasperi — di una delegazione autorevole che in qualche modo si rapporti con la direzione dell’azienda, fugge per la tangente e di nascosto incontra i dirigenti dell’azienda per poter vantare, politicamente, una cosa che poi è poco vantabile. (Interruzione). Ho detto che devi fare meno tavoli: questa volta fai parlare me e cerca di evitare le stupidaggini che hai detto l’altra volta. (Interruzione). Sono pronto a risponderti io sulle altre stupidaggini, cretinate che hai detto in questo Consiglio, rispetto alle quali ho chiesto questa mattina, se non sei stato informato, che ci sia una censura ufficiale da parte della presidenza, perché quelle cose non ti sono permesse. Quindi cerchiamo di essere seri, perché quando parliamo di “legge truffa” e di tentativi di abbindolare... (Interruzione). Tu hai proposto a questo Consiglio una “legge truffa” che non riesci a far approvare, al punto che l’ultima seduta di Consiglio regionale ti è saltata perché non avevi i numeri per farla approvare, pur avendo la maggioranza qualificata. Questa mattina stai mendicando un voto e un concorso che certamente da parte nostra non avrai. Vieni qui nudo e dicci le cose che pensi: noi diremo quello che pensiamo.
Quindi meno tavoli e meno tasse, perché nessuno dice che questa è la prima regione d’Italia sul piano dell’imposizione fiscale alle imprese. Nessuno ha detto in questo Consiglio, tanto meno la “pentita” comunista Cecchini, tanto meno la maggioranza, che in questa regione è stata introdotta una tassazione Irap che è una rapina alle imprese e un elemento di difficoltà oggettiva.
Sapete quanto ha parlato la Antonio Merloni di Irap lo scorso anno? Ha pagato più di 3 miliardi.

SILVANA AMATI. Faremo la colletta, adesso...

ROBERTO GIANNOTTI. Credo veramente che a volte la politica annebbi gli occhi. Se alla fine il problema è quello di dire “facciamo la colletta”, rispetto al fatto che una manovra regionale ha prelevato dalle tasche dei marchigiani 400 miliardi l’anno in termini di aumento dell’imposizione fiscale alle famiglie e alle imprese e ancora oggi avete il coraggio di dire “facciamo la colletta”, cominci a farla lei dando una parte dell’indennità che percepisce.
Meno tavoli istituzionali, meno parate, meno tasse, più azioni concrete. Nessuno ha detto che questa Regione ha fallito, per esempio, sul piano delle agenzie. L’altro giorno abbiamo assistito al fallimento del tessile-abbigliamento a Pesaro, si è dovuto correre per pagare i “buffi” di una avventura scellerata. Abbiamo fallito sul piano della promozione all’estero, con il discorso delle “antenne”. Oggi ci reinventiamo parole, parole, parole, per giustificare le cose. Stiamo fallendo sul piano del sistema fieristico, rispetto al quale non siamo capaci nemmeno di produrre una legge che in qualche modo individui, metta a capo di un sistema un punto di riferimento oggettivo e continuiamo in questa diaspora del sistema fiere. Dei distretti abbiamo parlato. Ha ragione Brini: manca una politica regionale adeguata a sostenere i comparti produttivi, questo è il dato di fondo, questo è l’elemento di debolezza.
Cerchiamo di essere concreti. Siccome abbiamo un ruolo, ancora, di consiglieri regionali, di rappresentanti del popolo di questa regione, cerchiamo sempre di venire in questa assise a rappresentare le responsabilità che dobbiamo svolgere e non quelle dei parlamentari nazionali.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Io ritengo, come anche emerso dal dibattito, che viviamo in un momento drammatico relativamente al problema del lavoro e dell’occupazione. Noi abbiamo sempre detto, come Verdi, che per una vita normale è indispensabile garantire in modo fondamentale, prioritario due diritti: quello della salute e quello del lavoro. Quindi è un diritto fondamentale della gente che va salvaguardato. Solo che ci troviamo in una situazione di crisi economica immensa, dovuta ad una più generale crisi europea e mondiale, ma è indispensabile che in questo contesto — stiamo parlando della situazione dell’impresa Antonio Merloni ma la generalizzerei a tutte le altre imprese — in cui ci si trova in una emergenza occupazionale spaventosa, mai verificata di tale entità nell’ultimo quarantennio, che si trovino adeguate soluzioni.
Il discorso relativo alla Antonio Merloni va generalizzato a tutte le altre situazioni di crisi, perché di fatto va a colpire tutti i settori, dal calzaturiero al tessile, agli elettrodomestici, all’industria pesante, all’elettronica e quant’altro. E’ quindi una situazione generalizzata difficile. E’ chiaro che, collega Giannotti, questo Governo non ha come punto prioritario la salvaguardia dei posti di lavoro e dei lavoratori ma quello delle imprese, di coloro che comunque, anche nelle situazioni di crisi, possono rimetterci un po’ di soldi ma mai si troveranno sul lastrico. C’è quindi una bella differenza fra la posizione di un lavoratore che da un giorno all’altro si può trovare sul lastrico e quella di un imprenditore che, magari, esporta i capitali all’estero o, peggio, che emette anche obbligazioni false.
Abbiamo un panorama molto variegato, ultimamente, quindi possiamo benissimo vedere quello che succede in Italia. Se c’è qualcuno, oggi, in Italia, che non è protetto o non è protetto sufficientemente, questo è il lavoratore indipendente.
E’ allora indispensabile che questa attenzione nei confronti del lavoro dipendente sia attivata, anche in relazione al fatto che la legge di mercato, che funziona in base al profitto, che è dipendente dal profitto, ha portato molti imprenditori della nostra regione ad avviare le proprie attività all’estero, dove non c’è un sindacato che difende i diritti dei lavoratori, dove si sottopagano i lavoratori e dove il costo della manodopera è bassissimo. Basti vedere quello che è successo nel settore calzaturiero. A nord della provincia di Ascoli Piceno noi abbiamo un settore calzaturiero che si è quasi totalmente trasferito in Romania. Mi chiedo: se gli imprenditori, per seguire una legge di mercato trasferiscono tutte le loro attività nei paesi dove il costo del lavoro è ridicolo, dove gli italiani dovranno trovare occupazione? Tutti nel terziario? Mi sembra che questo non possa avvenire. Occorre quindi che la Regione, nel suo piccolo, cerchi di condizionare i contributi e gli aiuti alle imprese in funzione della salvaguardia del posto di lavoro. Questo deve fare la Regione: salvaguardare i posti di lavoro, condizionando le agevolazioni e i contributi.
Contestualmente ci deve essere un intervento del Governo nazionale, oltre che per salvare il “made in Italy”, così in qualche modo tamponiamo questa emorragia di posti di lavoro che si spostano nei paesi dell’est, per condizionare le imprese ai posti di lavoro che garantiscono.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Spacca.

GIAN MARIO SPACCA, Vicepresidente della Giunta. A parte la presenza di Brini non vedo gli altri presentatori della mozione e delle interrogazioni che sono state formulate su questo argomento e siccome sono state poste alcune questioni abbastanza puntuali, volevo rispondere in modo che non si torni, nelle prossime occasioni, sugli stessi argomenti chiedendo delucidazioni che poi non sembrano essere utili a chi le richiede.
Non vorrei riprendere gli argomenti, seppur pregevoli in termini generali di analisi, che qui sono stati presentati e formulati, sia dalla maggioranza sia anche dal consigliere Ciccioli da parte dell’opposizione. Vorrei riprendere invece alcune delle questioni più precise, con una specifica richiesta di risposta che alcuni consiglieri hanno fatto.
Concordo con Silvana Amati quando ha definito, nel suo intervento di apertura, delicatissima la situazione del distretto della meccanica della provincia di Ancona, come è delicatissima la situazione dell’economia regionale nel suo complesso, a fronte dei dati di scenario che voi avete correttamente interpretato. Eppure non ci dobbiamo far prendere né dalla rassegnazione né da analisi frettolose, perché comunque esiste una sostanziale tenuta dell’economia regionale, più elevata della media nazionale. Cito un ultimo dato avuto recentemente, riferito alle esportazioni 2003 in cui la nostra regione, è l’unica delle regioni italiane sviluppate del centro-nord, a presentare dei dati positivi. Noi abbiamo un +1,9%, mentre la media nazionale delle esportazioni è -4% riferita all’anno 2003. Questo è l’indice di una maggiore fiducia che esiste nella comunità regionale rispetto ai percorsi della competitività.
Questi dati, come voi avete potuto vedere, si riferiscono in modo particolare al discorso della meccanica, quindi le migliori performances ottenute dalle industrie della nostra regione nel 2003 si riferiscono proprio al distretto della meccanica che è cresciuto, soprattutto in provincia dio Ancona, a un tasso molto elevato.
Quindi credo che non si possa generalizzare, come non si può generalizzare nel sistema delle calzature, nel sistema del mobile, dove ci sono imprese che crescono, si sviluppano e imprese che hanno delle difficoltà.
Il problema dunque — e questo vale anche per il distretto della meccanica di Fabriano — è verificare quali sono i percorsi virtuosi che le imprese pongono in essere, che danno loro possibilità di successo e quali sono invece i percorsi negativi, che il mercato stigmatizza e non premia.
Le imprese che ottengono questi risultati positivi sono quelle che innovano, quelle che internazionalizzano, quelle che sviluppano conoscenze, quelle che sviluppano soprattutto capacità creativa. Questo è il caso della vicenda che questa mattina prendiamo in esame. Abbiamo un distretto dove vi sono imprese, sia pure nella medesima tradizione imprenditoriale, che crescono e si sviluppano, e sono quelle che internazionalizzano, che sviluppano conoscenze, che sviluppano capacità creativa, quelle che innovano sui prodotti e sui processi, quelle che diversificano le loro fonti di approvvigionamento, e ci sono invece imprese che rincorrono la competizione dei costi, quindi non hanno capacità creativa, non hanno management, non hanno capacità di innovazione e hanno difficoltà. Questo vale per la meccanica come vale per le calzature. Sa benissimo Brini che anche nel settore delle calzature ci sono imprese che hanno internazionalizzato, hanno fatto investimenti sul prodotto, sviluppano innovazione, capacità creativa, quindi vengono premiate anche in questa congiuntura negativa. Su questo si sviluppa anche la politica industriale della nostra regione. L’abbiamo ripetuto tante volte: abbiamo alcuni parametri di riferimento che ispirano leggi regionali che i consiglieri conoscono perché hanno approvato... Vorrei che ricordare che il piano strategico, testo unico per le attività produttive, l’abbiamo approvato in pochi minuti con una sostanziale condivisione dell’aula, quindi quelle strategie, quelle proposizioni che ci porteranno al 2005 sono state condivise dall’Assemblea regionale delle Marche e si fondano sul sostegno all’innovazione, alla ricerca attraverso l’università, all’internazionalizzazione, allo sviluppo delle conoscenze e delle capacità creative.
Non voglio riprendere questi argomenti, perché al di là delle polemiche sterili che questa mattina sono state formulate, c’è un dato di fondo sostanziale che è l’approvazione da parte dell’aula di questi due documenti: il testo unico per le attività produttive e il piano che ne consegue.
Vorrei riprendere invece la proposta che ha formulato il consigliere Cecchini per dire che siamo d’accordo nell’utilizzare, accanto ai Coico che già intervengono per sostenere i processi di competizione del distretto, un nuovo strumento, quello delle agende strategiche territoriali, per rilanciare i processi di differenziazione e di diversificazione dell’economia di questo distretto della meccanica della provincia di Ancona, in modo da avviare dei processi di differenziazione rispetto alla monocultura produttiva che la caratterizza.
Ma li dibattito questa mattina si è soprattutto concentrato su un tema che era contenuto nella interrogazione del consigliere Cecchini, ripreso in modo piuttosto polemico e veemente dal consigliere Brini nel suo intervento, con riferimento soprattutto a un progetto, che è quello del distretto della meccanica nell’area di Lipetsk in Russia. Orbene, consiglieri Brini e Giannotti, questo progetto di clonazione di un distretto industriale non è nato dalla testa e dalla capacità creativa della Giunta regionale e nemmeno dell’assessore all’industria e all’internazionalizzazione di questa Regione, ma dalla testa del presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, che si è impegnato in un incontro con il presidente Putin, nel 2003, a realizzare in Russia 4 distretti industriali, uno nella zona di Lipetsk, uno nella zona di San Pietroburgo, uno nella zona di Ekaterinburg e un altro nella zona sud della Federazione Russa, con riferimento al distretto del mobile. Questo impegno del presidente del Consiglio è stato sottoscritto dal premier Kassanov, dal ministro degli esteri Frattini, dal viceministro Urso e dal ministro per il commercio con l’estero Gref, in accordi solenni formali e ufficiali intervenuti tra il Governo russo e il Governo italiano. Come Regione Marche noi ci siamo sintonizzati su questa politica del Governo nazionale che non si riferisce soltanto ai distretti industriali e alle politiche per i distretti industriali, ma definisce anche gli interventi prioritari rispetto alle aree strategiche, che noi peraltro condividiamo, come Regione, che in questo momento, nello scenario del commercio internazionale privilegiano la Cina e la Russia. Questa è la politica del Governo nazionale in questo momento, una scelta giusta che noi condividiamo come Regioni, perché questi sono paesi e mercati che crescono a tassi del 7-8% annuo e quindi possono offrire alle nostre imprese degli sbocchi di mercato particolarmente importanti, significativi, offrire alle nostre imprese valore aggiunto, offrire alle nostre imprese dei margini che ritornano, come ha citato il consigliere Ciccioli, in un caso stilizzato, nella nostra regione per favorire dei processi di crescita competitiva. Quindi ci siamo mossi in direzione di Lipetsk, ma anche in direzione San Pietroburgo, dove esistono delle imprese calzaturiere della nostra regione che là si sono insediate già da diverso tempo, per partecipare al processo di realizzazione, di clonazione dei distretti industriali. Penso che voi non potrete essere in disaccordo con iniziative che partono dai vostri leader di governo nazionale, anzi penso che le condividiate, perché oltre ad essere delle iniziative che si inquadrano in una politica di personaggi politici che fanno a voi riferimento, sono fondate su una larga condivisione, dal punto di vista teorico, e su una forte dose di buon senso.
Il nostro progetto su Lipetsk che è stato citato dal consigliere Cecchini non dà risorse finanziarie ad un’azienda che è la presente da molti anni. La Merloni Elettrodomestici è presente sul mercato russo dal 1971 e non è con le risorse della Regione marche che incentiva o affievolisce la sua presenza, ma ci sta per conto suo. Quello che noi abbiamo cercato di realizzare, è offrire alle imprese più piccole della nostra regione che operano nel settore della meccanica, imprese artigianali e piccole imprese, così come stiamo facendo sul discorso di San Pietroburgo per la calzatura, altro distretto su cui il nostro Governo si è impegnato ad intervenire, affinché possano usufruire di quelle opportunità ambientali che su quel territorio si sono offerte, per crescere, per sviluppare il loro fatturato, per incrementare il loro valore aggiunto, quindi realizzare quel processo di internazionalizzazione che è utile per competere, come abbiamo tante volte detto. Questo ci ha portato a inserirci in una traiettoria favorita dall’Unione europea, per cui abbiamo portato delle risorse aggiuntive alla nostra regione...
...nell'ambito dell'accordo di programma intervenuto con il Ministero del commercio con l'estero, Istituto del commercio con l'estero, co-finanziato da governo nazionale e governo regionale, per attivare risorse nazionali del Ministero delle attività produttive, sezione commercio con l'estero, ma soprattutto per avere risorse aggiuntive dell'Unione europea, tant'è che ci siamo inseriti in un progetto Tacis finanziato dall'Ue che insiste proprio sul distretto di Lipetsk. Per cui l'ammontare complessivo delle risorse impiegate sarà di 615.000 euro su questo progetto, di cui 200.000 a carico della Regione Marche, il resto a carico del Governo nazionale e ci sarà soprattutto l'intervento prestigioso — perché il Tacis è un progetto che ha una rilevanza internazionale, dell'Unione europea che ci finanzierà la realizzazione di un centro di assistenza tecnica per le piccole imprese che investiranno su quel territorio.
E' la prima volta che una Regione europea entra nel progetto Tacis, perché per il resto ci sono entrati soltanto i Governi nazionali, fino adesso.
Come pure non abbiamo smesso di sostenere le nostre imprese rispetto a quelle iniziative promozionali che sembravano essere state abbandonate nell'intervento fatto dal consigliere Brini, ma che in realtà continuano ad avere gli incentivi della nostra Regione attraverso il fondo per l'internazionalizzazione sulle attività di carattere promozionale, perché siamo convinti che internazionalizzarsi, internazionalizzare le nostre imprese è una strategia vincente per competere, per vincere la sfida dei mercati internazionali. Una cosa diversa è la delocalizzazione. La delocalizzazione è la scelta di inseguire dei fattori di costo, è la scelta di non partecipare ai processi di crescita dei mercati internazionali e quindi di alimentare il valore aggiunto delle imprese industriali per investire sul nostro territorio, nella testa che rimane su questo territorio e, lo ripeto, ormai ci sono una infinità di casi, tra cui anche quelli presenti nel distretto della meccanica, e non è un caso che la Antonio Merloni sia entrata in difficoltà, proprio per i ritardi anche rispetto a un processo di internazionalizzazione che non ha riguardato paesi dove il mercato si stava sviluppando, cosa che invece è stata fatta dall'azienda omonima, dell'altro fratello che da tempo ha partecipato a questo processo e alle risorse da reinvestire sul territorio per alimentare la propria competitività. Quindi noi vogliamo che questa scelta sia appannaggio di un sempre maggior numero di imprese, sia condivisa soprattutto dalle piccole imprese artigianali e industriali della nostra regione che stiamo accompagnando su questi mercati importanti e strategici, come il mercato della Cina e il mercato della Russia, ma questi mercati non sono stati scelti dalla nostra regione, sono stati scelti in una logica concertata tra le Regioni italiane e il Governo nazionale, con cui abbiamo un ottimo rapporto rispetto al consolidamento e allo sviluppo di queste strategie che stanno dando dei risultati preziosi per la crescita dell'economia regionale. Del resto, se presentiamo questo dato del +1,9% nel 2003, unica regione del centro-nord d'Italia ad avere un dato positivo, una ragione ci deve pur essere e la ragione è che ci sono imprese che hanno capacità creativa, che hanno conoscenze, che hanno capacità di innovazione e che internazionalizzano e queste imprese noi vogliamo accompagnare.
Il problema di oggi non è più il pesce grande che si mangia quello piccolo, non esiste più una capacità di competizione fondata sulle dimensioni o sui fattori che un tempo valevano, oggi è il pesce più veloce, indipendentemente dalle dimensioni, che si mangia il pesce più lento, quindi si può anche essere impresa piccola ma veloce, e si può essere competitivi sul mercato. Questa velocità è data soprattutto dalla capacità di conoscenza, di innovazione e di essere presenti sul mercato internazionale.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Ascoli.

UGO ASCOLI. Vorrei cercare di dire delle cose che servano a capire meglio dove stiamo andando. Lascerò per la fine due-tre risposte ad alcune piccole e grandi ingiurie con cui i consiglieri di opposizione hanno voluto condire i loro interventi.
Per quanto riguarda la situazione economica complessiva credo che l'intervento del Vicepresidente Spacca sia stato già abbastanza esauriente. Posso dire che dal punto di vista delle politiche formative e del lavoro stiamo ragionando con la stessa lunghezza d'onda, proprio per consentire al sistema economico regionale di reggere la sfida dell'economia internazionale, di reggere la sfida della globalizzazione dei mercati. Su questo bisogna fare un grande sforzo, perché i fattori di difficoltà della nostra economia regionale sono, come noto, sia fattori esogeni, su cui già ci siamo intrattenuti, sia fattori endogeni, che hanno a che fare con un management che non è all'altezza dei suoi compiti, talvolta, per le esigue, piccolissime dimensioni o non è all'altezza dei suoi compiti per non avere affrontato per tempo la via obbligata della innovazione, la via obbligata della qualità dei prodotti, la via obbligata di una aggressione con velocità ai mercati internazionali, in quella logica che il Vicepresidente Spacca prima chiariva.
Su questo versante stiamo lavorando con molta forza su una tastiera molto complessa e molto ricca.
Il primo compito che ci stiamo proponendo come Regione e insieme alle Province è quello di ridurre il più possibile il danno delle crisi aziendali in atto e di ampliare, approfondire e utilizzare al meglio una rete di ammortizzatori sociali che possa rendere meno costosa possibile la riorganizzazione delle imprese o il passaggio di lavoratori da imprese ad imprese e qui si inquadra un successo che abbiamo ottenuto recentemente, trovando un ottimo ascolto, presso il Governo nazionale, quando abbiamo potuto usufruire di una provvidenza straordinaria — quelle famose risorse di cui parlava il consigliere Brini, di cui si è parlato a Civitanova — che ci consente di offrire ammortizzatori sociali ai lavoratori di aziende artigiane che non ne avrebbero potuto usufruire o a lavoratori di aziende industriali sotto i 15 addetti che sarebbero stati esclusi o ai lavoratori di aziende industriali che hanno già esaurito i normali strumenti della mobilità. Queste risorse sono state ottenute per il settore calzaturiero e pellettiero, per il distretto calzaturiero fermano-maceratese e sicuramente saranno una grande boccata d'ossigeno per il 2004, per sostenere gli ammortizzatori, a tutti i livelli, del settore più in difficoltà oggi. E' chiaro che è stata una capacità della Giunta e delle forze sociali marchigiane, degli enti locali poter arrivare ad ottenere queste risorse, ma è anche evidente che qualsiasi accordo si fa in due, che quindi non sarebbe stato possibile questo, se non ci fosse stata la disponibilità di chi ha sottoscritto con noi l'accordo, ma credo che questo sia talmente banale che non occorra qui ripeterlo. Quello che è importante è capire che è un accordo di grandissimo rilievo, perché è il primo accordo nazionale che attribuisce risorse in deroga alla legislazione vigente, per farsi carico di crisi di settore. Questo è un punto cruciale su cui, se Brini, Giannotti e gli altri fossero un po' più attenti, dovrebbero vantarsi del fatto che siamo riusciti complessivamente, come Regione, ad ottenere questo ed è un punto di qualità, un punto di grande importanza anche per il futuro della Regione, perché non è l'unico settore in difficoltà, ce ne sono altri e i processi di riorganizzazione settoriale aziendale non sono processi che si fanno in pochi mesi, quindi è bene avere una rete di tutela e di protezione per poter ridurre il danno e il costo sociale di qualsiasi opera di riorganizzazione.
Per il resto abbiamo chiarito che non ci limiteremo a dare sussidi a chi è disoccupato ma cercheremo di utilizzare allo stesso tempo una panoplia di strumenti molto ampia per riorganizzare, per riqualificare, per aggiornare, per fare formazione, per poter riportare queste persone da un lavoro ad un altro lavoro, senza che questo li porti invece alla disoccupazione. Su questo stiamo utilizzando una serie di altri strumenti, come Regione, insieme alle Province, per sostenere l'occupazione, per la creazione d'impresa, per i centri di servizi per l'impiego, per il sostegno all'innovazione. Vi dirò per esempio che sui master, sui progetti FTS, sui progetti di specializzazione che abbiamo approvato come Regione, la gran parte sono volti a produrre figure professionali nuove, i master sono quasi tutti collegati, per due terzi almeno, al discorso della cultura d'impresa e d'innovazione e dell'applicazione dell'infromation-comunication-technology, quindi c'è un'amplissima strumentazione su questo versante, così come ci stiamo occupando, sempre con le politiche formative del lavoro, delle problematiche del ricambio generazionale, cioè del passaggio di management dalle piccole imprese, dai genitori ai figli, o dai vecchi imprenditori ai nuovi imprenditori. Stiamo lavorando sul sostegno alla cultura d'impresa, così come ci stiamo occupando di favorire una massima ripresa dell'occupazione femminile che già è aumentata abbastanza, per una migliore utilizzazione delle risorse giovanili che, come noto, spesso non trovano nella nostra regione, una occupazione adeguata ai titoli di studio. Quindi, come vedete, è un'amplissima strumentazione su cui si sta lavorando e su cui la Regione Marche ha ottenuto anche dei riconoscimenti europei, perché la Regione Marche ha avuto anche, proprio su questo versante, una premialità straordinaria del Fse che ha posto questa Regione davanti a Regioni assai più paludate, assai più potenti come il Veneto. Questo significa che si sta lavorando bene. Il merito non è certo dell'assessore ma del corpo burocratico di questa Regione, delle Province, dell'ottima atmosfera di condivisione e di concertazione che c'è con tutte le forze sociali e datoriali. Vi ricordo che tutte le decisioni di quest'ultimo anno e mezzo della commissione regionale lavoro sono state prese all'unanimità, quindi con una condivisione complessiva con tutte le forze sociali, datoriali e sindacali della regione.
Detto questo è chiaro che per quanto riguarda il discorso della Antonio Merloni già mi pare Gian Mario Spacca abbia detto il punto cruciale. Qui ci troviamo di fronte ad un management che non ha imboccato la strada dell'innovazione nel tempo che doveva e si trova ora in difficoltà, come si trovano in difficoltà tutte le aziende che fanno contoterzismo in questa regione per lo spiazzamento che c'è stato di fronte all'apertura dei mercati internazionali, apertura che peraltro era perfettamente prevedibile, perfettamente conoscibile, quindi c'è un ritardo di presa di coscienza da parte di questo management sul tema. E' allora chiaro che la Regione seguirà con grande attenzione non solo le foto di gruppo che fanno le squadre in questa regione, ma anche e soprattutto le problematiche della Antonio Merloni , così come segue tutte le problematiche delle aziende e dei distretti che hanno questo processo in atto di riorganizzazione, di ammodernamento e di riposizionamento nel mercato.
Sulla Antonio Merloni sappiamo che c'è un progetto di riposizionamento, che c'è una rete di ammortizzatori sociali che sono stati ormai attivati, speriamo che questo serva a rimettere in sesto l'azienda, la seguiremo con estrema attenzione, così come stiamo seguendo con estrema attenzione la crisi delle multinazionali della provincia sud di Ascoli Piceno, la crisi dell'agroalimentare, la crisi del calzaturiero, la crisi del tessile-abbigliamento, le difficoltà del mobile e così via.
Mi preme dire infine due cose, perché anche di questo ci siamo occupati. Il consigliere Giannotti ha fatto delle illazioni assolutamente gratuite sulla vicenda Aquater. Lui sa benissimo che il comitato che abbiamo messo in piedi per seguire i problemi di Aquater e di Snam è un comitato che ha lavorato e abbiamo chiesto un incontro alla Snam Progetti e all'Eni a Roma, dopo che c'era stato l'incontro fra il Presidente D'Ambrosio e l'amministratore delegato Mincato; l'incontro non è stato concesso al comitato, hanno detto che avrebbero potuto incontrare solamente l'assessore regionale che presiede il comitato. Io ho concordato con le Rsu, con i sindacati, con i consiglieri, con i membri di questo comitato che sarei comunque andato perché era bene approfondire la discussione, su questo c'è stato un ampio resoconto di stampa che non è una propaganda e su questo avremo modo poi di riunire il comitato a San Lorenzo in Campo o ad Ancona per fare il punto. Credo che sia stata un'azione estremamente corretta, estremamente trasparente e forse anche utile per San Lorenzo in Campo, per la Aquater e per la Snam.
Per quanto riguarda le altre amenità di cui ci hanno dato prima prova i nostri consiglieri mi riservo di rispondere nel pomeriggio quando affronteremo la discussione sulle modifiche alla legge 20, una legge importante, seria e trasparente, che naturalmente, con grande humor il nostro consigliere Giannotti chiama "legge truffa".

PRESIDENTE. Sono conclusi gli interventi sulla mozione n. 349 e sulle interrogazioni 1019 e 985.
E' stata presentata una proposta di risoluzione firmata da Avenali, Luchetti, Ricci, Amati, Cecchini, D'Angelo e Procaccini sulla mozione n. 349 che è a disposizione dei consiglieri e che metto in votazione.

Il Consiglio approva





Comunicazioni del Presidente della Giunta sulla situazione dei consorzi di bonifica

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D'Ambrosio per le comunicazioni sulla situazione dei consorzi di bonifica.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Le delicate e complesse questioni riguardanti i consorzi di bonifica sono da tempo all’attenzione della Regione.
I diversi passaggi del percorso che ha condotto all’assetto attuale risultano molto articolati e caratterizzati da non pochi contrasti istituzionali e contenziosi giurisdizionali.
Con la legge regionale n. 30/1997, in particolare, nella prospettiva della piena valorizzazione degli enti locali previsti dalla Costituzione, è stata effettuata la scelta della soppressione dei consorzi di bonifica e dell’attribuzione delle relative funzioni alle Province.
La Corte costituzionale, però, con sentenza n. 326/1998, a conclusione del giudizio instaurato dagli stessi consorzi, ha dichiarato l’illegittimità della legge regionale n. 30/1997.
La Corte ha rilevato, infatti, che solo il legislatore statale potrebbe sciogliere definitivamente l’intreccio di pubblico e privato che nei consorzi si esprime, per separare in modo netto le manifestazioni dell’autonomia privata dai caratteri pubblicistici impressi a tali enti dalla legislazione precostituzionale. Ha affermato, inoltre, che non può ritenersi precluso al legislatore regionale di dare vita ad un nuovo assetto delle funzioni in materia di bonifica e di attribuire quelle pubbliche ad altri enti, in specie territoriali.
Per effetto della pronuncia della Corte, l’attività di bonifica è disciplinata dalla legge regionale n. 13/1985, che si affianca alle fonti statali (Regio decreto n. 215/1933 e decreto del Presidente della Repubblica n. 947/1962).
L’assetto delle competenze legislative in materia non può ritenersi sostanzialmente modificato a seguito della revisione del titolo V della Costituzione. Anche in considerazione della polivalenza funzionale che la caratterizza, l’attività di bonifica, infatti, appare riconducibile alle materie del governo del territorio e della valorizzazione dei beni ambientali, oggetto di potestà legislativa concorrente, restando salva la potestà legislativa statale relativa alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Fermi i limiti delle competenze legislative regionali in materia di consorzi di bonifica, la Regione ha assunto diverse iniziative finalizzate, da una parte, alla ridefinizione dell’assetto delle funzioni pubbliche dei consorzi; dall’altra a garantire la riscossione dei contributi in relazione al beneficio diretto ed immediato derivante dalle opere di bonifica.
La legge regionale n. 13/1999, in particolare, ha conferito alle Province le funzioni amministrative inerenti la progettazione, la realizzazione e la gestione delle opere idrauliche di competenza regionale, nonché le funzioni amministrative relative alle gestione ed alla manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni interessanti la difesa del suolo.
L’articolo 13 della legge regionale n. 21/2000 ha previsto, poi l’esenzione dal pagamento del contributo di bonifica riferito ai servizi di raccolta, collettamento ed allontanamento delle acque meteoriche per i proprietari degli immobili ricadenti in zone urbane facenti parte dei comprensori di bonifica e soggetti all’obbligo di versamento della tariffa dovuta per il servizio di pubblica fognatura.
La Giunta regionale, con deliberazioni n.1749/2000, n. 2716/2000 e 1226/2002, ha impegnato, inoltre, i Consorzi di bonifica, ai sensi dell’articolo 13 della legge regionale n. 21/2000, ad esentare i proprietari degli immobili ricadenti in zone urbane dal pagamento del contributo di bonifica con effetto dall’entrata in vigore della stessa legge regionale ed ha definito le linee di indirizzo e direttive per la revisione dei piani di classifica degli immobili per il riparto della spesa consortile.
La Giunta regionale, poi, con deliberazione n. 2994/2001, ha preso atto del conferimento alle Province, con la legge regionale n. 13/1999, delle funzioni amministrative relative alla difesa del suolo, a decorrere dalla data di trasferimento delle risorse, stabilito successivamente alla data del 4 aprile 2002.
Ne è conseguita impossibilità, per i consorzi di bonifica, di esigere, a decorrere da tale data, il contributo per la manutenzione e l’esercizio delle opere idrauliche di scolo e delle opere idrauliche di difesa delle acque.
E’ rimasto naturalmente l’obbligo del pagamento del contributo di bonifica da parte dei consorziati in riferimento alle residue competenze istituzionali del Consorzio e sempre a fronte di un beneficio diretto ed immediato derivante dalle opere.
Rispetto agli atti adottati dalla Giunta regionale i Consorzi hanno instaurato diversi contenziosi con la Regione. Tali contenziosi, però, si sono conclusi con la soccombenza degli stessi consorzi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SANDRO DONATI

La Giunta regionale, poi, non disponendo di strumenti di intervento diretto rispetto agli atti di determinazione del contributo e di individuazione dei soggetti tenuti al pagamento, ha avviato una serie di iniziative finalizzate ad assicurare un corretto esercizio delle funzioni da parte degli stessi Consorzi.
E’ stata disposta, infatti, nell’esercizio dei poteri di vigilanza attribuiti dall’articolo 22 della legge regionale n. 13/1985, l’effettuazione di un’ispezione sui Consorzi di bonifica, con specifico riferimento all’adempimento degli obblighi di predisposizione dei piani di classifica; ai contenuti degli stessi piani, con particolare riguardo all’individuazione delle quote di riparto dei contributi consortili e all’indicazione del beneficio diretto e specifico derivante dalle opere di bonifica; alla situazione complessiva del personale dei Consorzi, nonché all’espletamento delle funzioni istituzionali ad essi assegnate dalla legge.
Dalle ispezioni effettuate dalla commissione è emersa una situazione complessiva che, pur con notevoli differenziazioni, può essere definita generalmente critica.
In relazione alle perduranti difficoltà dei consorzi, l’articolo 8 della legge regionale n. 19/2003 ha previsto l’obbligo per i Consorzi di bonifica di adottare piani di risanamento finanziario.
In ottemperanza a tale disposizione i consorzi di bonifica hanno trasmesso alla Regione i piani di risanamento finanziario.
Rispetto a tali piani è in corso di effettuazione un’approfondita analisi da parte delle competenti strutture regionali.
Nel quadro generale di difficoltà dei consorzi, risulta particolarmente grave la situazione del consorzio di bonifica del Tronto.
Già nel dicembre 2002, in relazione alla mancata approvazione del bilancio di previsione dell’esercizio 2003, il comitato regionale di controllo ha nominato un commissario ad acta.
Lo stesso commissario, nel gennaio 2003, ha depositato il Bilancio di previsione.
Sempre nel dicembre 2002, però, il Direttore Generale del Consorzio, ai fini dell’attivazione della procedura di scioglimento, ha comunicato alla Regione che, alla fine della seduta del Consiglio consortile del 19 dicembre 2002, quattordici componenti di tale organo, compreso il Presidente, avevano rassegnato le loro dimissioni irrevocabili dalla carica di consigliere.
Nel gennaio 2003 ha precisato che “in relazione all’adottando provvedimento di nomina del Commissario, il Presidente e tredici amministratori consortili avevano rassegnato le proprie irrevocabili dimissioni a causa dell’impossibilità di approvare il bilancio e di programmare l’attività futura.
Considerate le dimissioni irrevocabili presentate dagli amministratori, l’impossibilità di ricostituire in via ordinaria gli organi del Consorzio e di assicurare, quindi, il regolare funzionamento dell’ente, con decreto n. 33/ 2003, è stato disposto lo scioglimento degli organi del consorzio ed è stato nominato un commissario straordinario, per un periodo di sei mesi, con il compito di procedere, oltre che al rinnovo degli organi, all’adozione degli atti indifferibili ed urgenti e degli atti obbligatori per legge, di competenza degli organi del Consorzio.
Vista la particolare complessità del procedimento di rinnovo degli organi del consorzio, con decreto n. 258/2003, è stata disposta la proroga al 31 ottobre 2003 dell’incarico del commissario.
A causa della mancata costituzione degli organi ordinari alla data di scadenza dell’incarico e della perdurante difficoltà gestionale del consorzio, l’articolo 9 della legge regionale n. 19/2003, in attesa dell’attivazione delle procedure di fusione ed al fine di assicurare il risanamento del consorzio di bonifica del Tronto, ha demandato alla Giunta regionale la nomina di un commissario straordinario, con il compito di provvedere all’amministrazione del consorzio, di adottare un piano di risanamento finanziario, nonché di assumere i provvedimenti necessari alla sua attuazione.
Il commissario straordinario nominato dalla Giunta regionale con deliberazione n. 1478/2003 sta espletando il delicatissimo compito che gli è stato affidato.
Con decisione n. 4/2003, infatti, ha approvato il piano di risanamento finanziario del consorzio che, preso atto delle attività e delle passività, ammontanti rispettivamente ad euro 2.731.974,00 e ad euro 7.602.219,34, prevede la consegna alla Provincia, divenuta competente in materia, delle opere di bonifica idraulica, con conseguente assunzione degli eventuali oneri di ammortamento dei mutui contratti; la razionalizzazione dell’organico; la vendita del patrimonio disponibile; la diluizione nel tempo degli oneri gravanti sul bilancio dell’ente.
Il commissario, in attuazione dello stesso piano di risanamento, ha avviato, poi, a seguito della concessione dell’autorizzazione da parte della Giunta regionale, le procedure per l’alienazione dell’immobile sede del consorzio.
All’azione del commissario straordinario si è affiancata quella della Giunta regionale, che ha promosso diversi incontri ed ha acquisito gli elementi necessari alla completa conoscenza dell’effettiva situazione del consorzio di bonifica del Tronto e degli altri consorzi della Regione.
Nonostante gli sforzi effettuati, alla scadenza del mandato del commissario, fissata al 28 aprile 2004, in assenza di novità normative, dovrà essere disposto scioglimento del consorzio per impossibilità di funzionamento, legata ad una situazione di dissesto finanziario.
In considerazione del quadro attuale, si impone l’attivazione di significativi interventi su due versanti, certamente connessi ma non perfettamente coincidenti.
In primo luogo un intervento più immediato, relativo ai consorzi di bonifica operanti nella Provincia di Ascoli Piceno e, in particolare, al consorzio di bonifica del Tronto, che presenta una situazione non più sostenibile.
Al riguardo, nella seduta di ieri, la Giunta regionale, dopo aver valutato, in raccordo con altri soggetti istituzionali, in primo luogo con la Provincia di Ascoli Piceno, le vie percorribili per il conseguimento di economie gestionali complessive relative ai tre consorzi, con deliberazione n. 293/2004, ha assunto una specifica iniziativa legislativa, al fine di salvaguardare i posti di lavoro ed i diritti dei dipendenti, di assicurare la continuità del servizio irriguo e di evitare ripercussioni negative su un’economia locale già in notevole difficoltà.
La proposta approvata dalla Giunta prevede, previo accordo con le regioni Abruzzo e Lazio per la parte relativa al consorzio di bonifica del Tronto, la fusione dei consorzi di bonifica dell’Aso, del Tenna e del Tronto; la nomina di un commissario straordinario, incaricato di espletare la relativa procedura ed esercitare le funzioni degli organi ordinari dei consorzi, compresi gli atti di straordinaria amministrazione; l’adozione del decreto di costituzione del nuovo consorzio, entro quindici giorni dall’approvazione della relazione conclusiva e del progetto di fusione presentati dal commissario straordinario.
La proposta, poi, per consentire di mantenere distinte le situazioni nella fase transitoria, dispone che la gestione delle attività e delle passività pregresse è effettuata in maniera separata per ciascun consorzio.
La proposta impegna, altresì, la Regione a promuovere accordi con la Provincia per l’assunzione delle quote dei mutui relativi alle opere pubbliche di bonifica, per il trasferimento di unità di personale in esubero, nonché per l’erogazione di un contributo straordinario al nuovo consorzio.
Al fine di sostenere concretamente il processo di fusione, la proposta dispone, infine, la concessione al nuovo consorzio, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, della legge regionale n. 13/1985, a decorrere dal 2004, di un contributo ventennale di euro 305.000 per ciascun anno.
Allo specifico intervento relativo ai tre consorzi operanti nella Provincia di Ascoli Piceno deve affiancarsi un intervento, immediatamente successivo, di riordino complessivo dei consorzi di bonifica.
In merito è in fase di avanzata elaborazione una specifica proposta di legge regionale.
Tramontata definitivamente ormai, l’ipotesi di soppressione dei consorzi, in relazione alla sentenza della Corte costituzionale ed al permanere, dopo la modifica del titolo V della Costituzione, della competenza legislativa concorrente, è necessario ora valutare le possibili linee di azione: quella, già avviata, del ridimensionamento funzionale ed organizzativo dei consorzi e quella del recupero del ruolo degli stessi.
In entrambi i casi è indispensabile una piena corresponsabilizzazione delle Province, alle quali sono attualmente affidate le funzioni amministrative in materia di difesa del suolo.
Su questo terreno appare imprescindibile un coinvolgimento del Consiglio regionale, al fine di pervenire, su una materia così delicata, non solo sul piano istituzionale, a soluzioni adeguate ed ampiamente condivise.
Potrebbe essere un capitolo della legge, che sta quasi pervenendo alla conclusione della bozza tecnica, del riordino complessivo del governo del ciclo integrale delle acque che stiamo predisponendo e che pensiamo nel prossimo mese di inviare al percorso del ciclo della concertazione.

PRESIDENTE. Sono le 13,30, pertanto la seduta è sospesa. Riprenderà alle 16.


La seduta è sospesa alle 13,30