Resoconto seduta n. 219 del 26/01/2005
La seduta inizia alle 11,25



Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 218 del 19.1.2005.

(E’ approvato)



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 288, in data 20 gennaio, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Ulteriori modifiche alla l.r. n. 20/01 sull’organizzazione e sul personale della Regione», assegnata alla II Commissione;
— n. 289, in data 20 gennaio, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Disciplina degli impianti di teleradiocomunicazione», assegnata alla IV Commissione in sede referente ed alla II per il parere obbligatorio;
— n. 290, in data 25 gennaio, ad iniziativa dei consiglieri Franceschetti e Luchetti, concernente: «Norme relative alle elezioni regionali dell’anno 2005. Modifica della l.r. 16 dicembre 2004, n. 27 “Norme per l’elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta regionale”», assegnata alla Commissione Statuto.



Proposte di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di atto amministrativo:
— n. 159, in data 22 dicembre u.s., concernente: «L.r. n. 52/1977 modificata con l.r. n. 7/2003. Adesione della Regione Marche alla costituenda associazione NETAM Net Etica e Ambiente (la rete della conoscenza etica e ambientale)», assegnata alla I Commissione in sede referente ed alla II per il parere obbligatorio;
— n. 160, in data 19 gennaio, concernente: «L.r. n. 6/2004 e risoluzione del Consiglio regionale adottata nella seduta del 15 settembre 2004. Approvazione del Piano di risanamento dell’area di Ancona, Falconara e bassa Valle dell’Esino, dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale con deliberazione n. 305/2000», assegnata alla IV Commissione;
— n. 161, in data 20 gennaio, concernente: «L.r. 3 giugno 2003, n. 12 – Programma operativo concernente: “Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano’ annualità 2004-2005”», assegnata alla III Commissione in sede referente ed alla II per il parere obbligatorio.
— n. 162, in data 25 gennaio, concernente: «Aggiornamento del programma finanziario di ripartizione dei finanziamenti per la ricostruzione post-terremoto — anno 2005», assegnata alla IV Commissione.


Dichiarazione di non ammissibilità
della questione di legittimità costituzionale


PRESIDENTE. Comunico che la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 20 dell’11 gennaio 2005, ha dichiarato la non ammissibilità della questione di legittimità costituzionale della legge regionale 14 aprile 2004, n. 7, concernente: “Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale”, in ragione della tardività del deposito del ricorso da parte dell’Avvocatura Generale dello Stato.



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Ascoli, Mollaroli, Viventi, Ricci, Romagnoli, Procaccini e Martoni.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Per le condizioni climatiche molto avverse in gran parte della nostra regione, la partecipazione dei consiglieri è abbastanza ridotta e c’è quindi anche la necessità di ridurre anche la durata del nostro Consiglio, che limiterei alla seduta antimeridiana.






Interrogazione (Svolgimento): «Libertà di scelta dei cittadini del luogo di diagnosi e di cura per le prestazioni specialistiche» Giannotti, Ceroni, Cesaroni, Brini, Grandinetti e Trenta (1127)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1127 dei consiglieri Giannotti, Ceroni, Cesaroni, Brini, Grandinetti e Trenta. Per la Giunta risponde l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Questa interrogazione ha una valenza più di tipo di politica generale, quindi di scelte di sistema che un effetto reale di declinazione per lo specifico dell’assessorato di competenza. Con questa interrogazione si chiede se non si ritenga di dover prendere atto che le scelte fatte dentro il sistema, dando dei livelli di spesa nel mondo del privato, degli ambiti definiti di possibilità di operatività, ledano il diritto di libera scelta dei cittadini e soprattutto determinino una grave discriminazione in rapporto al periodo dell’anno in cui gli stessi si ammalano.
Risponderò per punti.
Il principio della libera scelta del cittadino del luogo di diagnosi e cura delle prestazioni specialistiche agisce a valle del principio generale della compatibilità economica che deve sottostare a qualunque scelta di politica sanitaria.
La necessità di programmare la spesa per la produzione in proprio e l'acquisto da privati di prestazioni sanitarie fa si che nella stragrande maggioranza delle Regioni le strutture sanitarie private accreditate abbiano un budget predefinito a inizio anno. Ieri i telegiornali riportavano la notizia che per una qualche infiltrazione mafiosa in Sicilia c’è stato nel privato un forte aumento — addirittura il 140% — delle prestazioni radiologiche.
Tale impostazione e richiesta anche dal livello centrale che richiede alle Regioni l'introduzione di tetti di spesa per evitare una crescita incontrollata dell'offerta, dei consumi e dei costi.
Da anni la regione Marche opera secondo questo modello assicurando alle singole strutture private un budget di base pari a quello dell'anno precedente e la possibilità di incrementarlo sia a seguito di accordi con le ASL (oggi Zone) di competenza che per iniziativa regionale in occasione del rinnovo dei contratti di lavoro.
Le strutture private debbono distribuire la produzione in convenzione nel corso dell'anno in modo da evitare di esaurire il budget nei primi mesi.
In ogni caso le strutture pubbliche sono in grado di eseguire tutte le prestazioni indifferibili ed urgenti di cui hanno bisogno i cittadini;
Questa impostazione è ormai condivisa da anni con le Associazioni dell'Ospedalità privata e con quelle delle strutture private di riabilitazione che hanno nei vari anni sottoscritto accordi ispirati all'impostazione sopra descritta. Negli ultimi anni questo aspetto si è rafforzato, perché a fronte di un nostro impegno sul budget di tipo pluriennale, questo ha consentito alla ospedalità privata di poter fare scelte di programmazione diverse e comunque in linea con i fabbisogni della nostra regione.
Molto si sta facendo per l'integrazione pubblico/privato nella sanità della nostra Regione in 'modo da offrire più punti di riferimento al cittadino e maggiori prospettive all'imprenditoria privata.
Il principio astratto della libertà di scelta del luogo di cura è incompatibile con i vincoli economici entro cui si muove il Servizio Sanitario Regionale.
Quindi, una volta avuto l’indirizzo — dalla 833 in poi, in particolare la 229 — di scelta, questo ci impone di fare un percorso virtuoso rispetto alle disponibilità economiche, garantendo comunque i servizi ai cittadini.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Mi sarei aspettato dall’assessore alla sanità una maggiore disponibilità nell’affrontare questa che non è una questione di poco conto. Dire, come ha detto l’assessore, che questo è un problema che ha delle implicazioni nazionali e, conseguentemente, di ordine economico che hanno una ricaduta sul versante regionale mi sembra estremamente riduttivo. In sostanza affermiamo che il sistema sanitario regionale impegna le singole aziende sanitarie e fissare dei budget di spesa da non sforare per quello che riguarda l’assistenza specialistica.
Qual è il punto dolente della questione? Che se noi fissiamo un budget senza introdurre un meccanismo di correzione, si verifica quello che sta succedendo in tuta la regione, cioè che questo budget viene raggiunto nel mese di giugno di ogni anno, quindi creiamo due tipi di malati: quelli che hanno la possibilità di utilizzare il ticket perché si ammalano entro giugno e quelli che da giugno in poi non hanno più la possibilità di utilizzare il ticket perché quello studio privato ha esaurito al disponibilità di spesa che gli è consentita. Quindi lo stesso pensionato, se si ammala a gennaio ha la riduzione, se si ammala a ottobre deve pagare per intero la prestazione specialistica. Questo è il danno, questo è il diritto che viene violato, cioè noi non mettiamo i cittadini marchigiani nella stessa condizione, privilegiando quelli che si ammalano e sono costretti a dover ricorrere al servizio sanitario nella prima parte dell’anno, mentre invece quelli che si ammalano nella seconda parte dell’anno sono costretti a pagare per intero, perché la malattia non è un optional, non è una cosa marginale nella vita di una persona: se una persona ha bisogno di un esame specialistico perché ha il timore di essere colpita da un “malaccio” e va dallo specialista privato — perché probabilmente il servizio pubblico non è in grado di soddisfare in tempi accettabili la richiesta del malato — che gli dice “caro pensionato, io ho esaurito il budget che la Regione mi ha riconosciuto, quindi non posso farti questa prestazione con il ticket: o vai da un’altra parte, oppure devi pagare. La persona malata paga, è costretta a pagare.
Questo è il danno, rispetto al quale noi chiediamo che siano apportati dei correttivi, e non mi sembra che la risposta dell’assessore vada nella direzione della ricerca di una soluzione. Da questo ne deriva un giudizio sul livello di efficienza. Quando noi diciamo che la riforma del sistema sanitario non ha sciolto i nodi della crisi, non ha sciolto i nodi di carattere finanziario è perché ancora la spesa sanitaria continua a incidere in misura esorbitante sul bilancio regionale, non ha risolto i problemi della gestione, per cui l’Asur è ancora un grande centro di potere sottratto al controllo democratico della politica, non sono risolti i problemi della mobilità passiva, perché la gente continua ad andare fuori regione per curarsi, sottoponendo le casse marchigiane ad una partecipazione finanziaria enorme, non ha risolto il problema del contenimento della spesa farmaceutica che continua ad essere pesante, aldilà delle assicurazioni formali di qualcuno, ma soprattutto non ha recuperato un adeguato livello di efficienza ed efficacia del servizio e non ha ridotto le lunghissime ed inaccettabili liste di attesa che ancora si registrano in tantissimi centri ospedalieri della nostra regione per le visite specialistiche.
Questo è il vero tarlo della sanità regionale, rispetto al quale il gruppo di Forza Italia chiede con fermezza un atto di coraggio da parte di questa Giunta, in modo che, aldilà delle tante consulenza assegnate, metta veramente mano a questo miglioramento della qualità del servizio sanitario regionale.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. I relatori di alcune proposte di legge e di atto amministrativo Ricci e Mollaroli, ci hanno fatto conoscere che rinunciano ad illustrare le proposte di cui sono relatori e se la minoranza è disponibile a trattare comunque, nella seduta odierna, tali proposte di legge e di atto amministrativo, possiamo procedere.
Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Per quello che mi riguarda, sulla proposta di atto amministrativo 157 e sulla proposta di legge 256 non ci sono problemi. Per quanto riguarda invece l’ordine dei lavori, volevo segnalarle che si è dimenticato l’interrogazione 1029 che veniva prima dell’interrogazione 1127.

PRESIDENTE. Mi scuso, procediamo con l’interrogazione n. 1029.



Interrogazione (Svolgimento): «Mortalità infantile in cardiochirurgia» Cecchini (1029)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1029 del consigliere Cecchini.
Ha la parola, per la risposta, l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Do lettura dell’interrogazione, che è molto breve e chiara: “La sottoscritta Maria Cristina Cecchini, consigliere regionale di Sinistra democratica, avendo fatto una verifica dei casi di mortalità infantile cardiochirurgica e avendo verificato che nel 1997 la mortalità era del 7,46 a fronte di 67 interventi e oggi, 2003, è del 15,15% a fronte di 33 interventi, con punte, nel 2002, del 17,24% con 21 interventi, interroga il Presidente della Giunta regionale per verificare se ci sono spiegazioni a questi dati.
Con riferimento alla interrogazione in oggetto si precisa quanto segue:
a) i dati riportati non trovano riscontro con le risultanze ufficiali relative agli anni 1997, 2002 e 2003: nell'anno 1997, gli interventi effettuati sono stati 73 (e non 67 come indicato nell'interrogazione) ed i decessi registrati sono stati dell'ordine del 6,85% (e non 7,46% come indicato nell'interrogazione); nell'anno 2002, gli interventi effettuati sono stati 56 (e non 21 come indicato nell'interrogazione) ed i decessi sono stati dell'ordine del 16,07% (e non del 17,24% come indicato nell'interrogazione);. nell'anno 2003, gli interventi effettuati sono stati 53 (e non 33) ed i decessi sono stati dell'ordine del 9,43% (e non del 15,15%);
b) a prescindere dalla mancata corrispondenza dei dati riportati, si ritiene che attraverso gli stessi non sia possibile individuare nulla che possa essere riferito ad eventuali modalità di operare da parte degli addetti ai lavori, infatti il raffronto con la mortalità indicizzata a livello nazionale e per interventi su pazienti pediatrici la media dei decessi oscilla tra il 4,50 % ed il 15%, si noti che mentre l'intervallo di età cui si riferiscono le rilevazioni nazionali è 1 - 16 anni, i dati del Lancisi sono riferiti a soggetti tra 1 e 14 anni (con relativa rilevanza di maggiore incidenza di mortalità per effetto della minore età a confronto);
c) una analisi che consideri l'età del paziente evidenzia al Lancisi, un andamento positivo rispetto a tale media, pur nelle oscillazioni derivanti dal numero limitato di casi oggetto di analisi, poiché: nel 1997, su 73 soggetti operati, 42 avevano un'età inferiore ad un anno di cui 4 deceduti (percentuale 9,52%) e 31 soggetti avevano un'età superiore ad un anno, ma non superiore a 2 anni, con un solo decesso verificatosi (percentuale 3,23%); nell'anno 2002, su 56 interventi, 36 pazienti avevano un'età inferiore ad un anno di cui 4 deceduti (19,44%) e 20 avevano una età superiore ad un anno, ma al di sotto di 2 anni con 5 deceduti (10%); nell'anno 2003, su 53 interventi, 53 pazienti avevano tutti una età inferiore ad un anno di cui deceduti 5 (9,43%).
Da quanto sopra si rileva che l'andamento della mortalità post operatoria, analizzata considerando l'età del paziente e la tipologia di patologia trattata, non evidenzia alcuna anomalia nell'attività operatoria della cardiochirurgia pediatrica del Lancisi.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatta o meno, il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Per quello che ho sentito dalla risposta non posso essere d’accordo con la valutazione. La risposta dell’assessore tendeva a parlare di modalità di operare. Non era questo lo spirito che stava dietro l’interrogante, cioè non si voleva dire che pochi erano nel 1997 e tanti erano oggi a causa di chissà quale primario o di chissà quale ragione. Si voleva dire, sia nel 1997 con il 6,85 — parlo di dati giusti, non di quelli da me forniti che erano parzialmente sbagliati — sia con il 16,27, sia con il 9,43 come dato di mortalità, la cifra è spaventosamente alta.
Devo anche segnalare all’assessore, che credo lo sappia bene, che la quantità di personale complessivamente impegnato nella cardiochirurgia pediatrica è assai limitato, sia per il fatto che siamo in sostituzione del primario D’Eusanio e quindi c’è già un esodo fuori regione dei bambini e quindi il bando deve essere fatto al più presto e si è ritardato troppo, sia relativamente alle soluzioni che si vorranno dare in generale per la cardiochirurgia, essendo, come si è voluto, l’unica cardiochirurgia delle Marche. Le difficoltà della cardiochirurgia pediatrica per gli interventi verso i bambini sono note, perché questi interventi sono ancora più complicati da realizzare rispetto agli adulti, quindi è chiaro che ci vuole non solo attitudine ma anche personale dedicato in numero sufficiente. Questo l’assessore lo sa bene, ma ricordarglielo non fa male, dato che le scelte che si fanno non sempre sono condivise.



Interrogazione (Svolgimento): «Costituzione di una banca per la raccolta del sangue cordonale», Favia (1215)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1215 del consigliere Favia.
Ha la parola, per la risposta, l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Con riferimento alla interrogazione in oggetto si precisa quanto segue.
Con l'interrogazione del 9 ottobre 2004, il consigliere regionale avv. David Favia, chiede di conoscere lo stato del progetto di raccolta sangue cordonale e della realizzazione della relativa banca e se verranno stanziati fondi nella finanziaria 2005.
A riguardo, si precisa quanto segue.
In data 28 febbraio 2002 è stata costituita la "Fondazione Centro Studi e Ricerche sulle cellule emopoietiche - Banca Regionale Cellule Staminali, con lo scopo di:
1) promuovere e sostenere in conformità ai principi etici dei valori umani, attività di studio e ricerca nel campo delle cellule staminali;
2) favorire nelle Marche lo studio e la cura delle patologie ematologiche, immunologiche e di ogni altra patologia modificabile con l'impiego di cellule staminali.
In seno al Consiglio di Amministrazione della Fondazione, la Regione Marche ha un proprio rappresentante.
L'attività finora svolta dalla Fondazione è stata quella di formare il personale sanitario coinvolto (medici ostetrici e trasfusionisti, ostetriche e tecnici di laboratorio) così come previsto dall'articolo 5 del DM 25.1.2001.
A riguardo sono state realizzate, in collaborazione con la Regione Marche, due giornate formative: una per il personale medico; una per il personale tecnico e ostetrico.
Con l'attivazione di due Corsi ECM, si è inteso formare il personale dei Servizi Trasfusionali della regione e il personale delle U.O. di Ostetricia, sulle basi biologiche del trapianto di cellule staminali da sangue di cordone ombelicale e sulle tecniche di raccolta del sangue di cordone ombelicale (SCO). Ai corsi sono state presentate, inoltre, tutte le Procedure Operative di Raccolta, Conservazione, Trasporto delle unità di SCO per l'espletamento delle successive fasi (manipolazione, validazione, stoccaggio).
E' intendimento dell'Assessorato, che le diverse strutture sanitarie regionali possano iniziare la raccolta solo dopo aver raggiunto gli standard di organizzazione e di formazione necessari previsti nell'Accordo Stato-Regioni del 10 luglio 2003 con il quale sono state approvate le "Linee guida in tema di raccolta, manipolazione e impiego clinico dì cellule staminali emopoietiche".
L'art. 15 dello Statuto della Fondazione, istituisce la Banca delle Cellule Staminali allo scopo di raccogliere e procedere alla crioconservazione delle cellule staminali midollari, periferiche e cordonali di tutto il territorio regionale.
A riguardo si prende atto e si dà atto che:
1) il Consiglio di Amministrazione della Fondazione ha nominato il Dott. Mario Piani, Direttore del Dipartimento regionale di medicina trasfusionale, Responsabile della Banca;
2) che per l'istituzione della Banca sono già disponibili i locali all'interno del Servizio Trasfusionale dell'Az. Ospedaliera universitaria "Ospedali Riuniti" di Ancona.
L'ordinanza Ministeriale del 25 febbraio 2004, Ordina la conservazione di cellule staminali da cordone ombelicale presso le strutture pubbliche ; detta conservazione è soggetta a preventiva autorizzazione da parte delle regioni. Le banche per la conservazione di sangue da cordone ombelicale sono dunque individuate dalla regioni e debbono essere accreditate sulla. base di quanto stabilito dall'Accordo Stato Regioni del 10 luglio 2003 sopra citato.
Considerata la modalità d'impiego a scopo di trapianto del SCO, è stato rilevato a livello nazionale e internazionale che la raccolta e la criopreservazione (attività di bancaggio) è un'attività ad alto costo come pure significativa è la spesa che ogni banca deve sostenere per l’accreditamento FACT-NETCORD (organizzazione sopranazionale). Ferma restando la facoltà di ogni Assessorato di creare in ambito regionale le strutture sanitarie che ritiene più opportune, si ritiene necessario sottolineare che:
1) le caratteristiche delle Banche Cordonali devono rispecchiare in normativa internazionale relativa ai laboratori dove sono processate cellule staminali;
2) che il costo di gestione delle banche è elevato;
3) che il costo di gestione non è attualmente compensato dalle entrate relative alla distribuzione dei Cordoni Ombelicali stessi (i Cordoni distribuiti per trapianto rappresentano 1-2% dei Cordoni stoccati - fonte ISS)
4) la stessa Commissione nazionale OITMO invita gli Assessorati a valutare con attenzione l'opportunità di allestire nuove Banche cordonali.
Alla luce di questo c’è un lavoro istruttorio dentro l’assessorato che ci consentirà, entro il 2005, di poter avanzare una proposta organica e seria. Per quello che riguarda le risorse di competenza, credo che anche su questo saremo in grado di dare molto presto una risposta, anche perché alla fine di questa settimana è previsto un incontro, probabilmente definitivo, fra i presidenti delle Regioni per quello che riguarda il riparto dei finanziamenti e con quello strumento, se definito, riusciremo ad assegnare i budget 2005 che, come lei sa, da legge è previsto che vengano istituiti entro il 31 marzo di quest’anno. Noi saremo in grado di rispettare questo percorso, ed è intendimento di questo assessorato procedere, in quell’occasione, ad un sostegno economico rispetto a questo percorso.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Favia.

David FAVIA. .Sono soddisfatto.




Proposta di legge (Discussione e votazione): «Norme in materia di attività e servizi necroscopici funebri e cimiteriali» Procaccini e Martoni (256)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 256 dei consiglieri Procaccini e Martoni.
Il relatore di maggioranza ha rinunciato alla relazione. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Con questa proposta di legge la nostra Regione si mette sulla linea di alcune Regioni italiane — in verità poche — che hanno legiferato dopo la legge nazionale del 2001. Il nostro testo è molto simile a quello della Lombardia, ma è un testo sul quale la Commissione ha voluto lavorare sapendo che la materia è complicata, non solo e non tanto perché comunque è una proposta di legge delicata dal punto di vista delle singole persone, quindi dei diritti dei cittadini — si tratta di rispettare la dignità, le diverse concezioni religiose e culturali di ogni persona, verificare e tutelare gli interessi degli utenti dei servizi pubblici e quindi questa è una legge complicata, perché morte e riti funebri nella società occidentale contemporanea sono un evento comunque delicato — ma perché questa legge tenta un approccio interdisciplinare sul tema dei riti funebri, prova ad esaminare i molteplici volti di questo problema, diventato complesso nella nostra società, una società che ha perso i propri legami con la tradizione, che è diventata pluriculturale, multietnica, ma che continua a manifestare l’esigenza di parole capaci di contrapporsi alla morte.
La questione che riguarda la diversità dei riti funebri e come risolvere questo problema legato alla società multietnica, è stata rimandata a un regolamento. Il tema della memoria, come idea di una immortalità mondana, terrena, di una posteriorità nella mente dei vivi, è stato al centro della legge e si sono prodotte anche delle modifiche, in modo particolare si è voluto togliere il comma 6 dell’art. 7 relativo alla cremazione, nel quale si rendeva questa come pratica per tutti, dopo dieci anni per le salme tumulate, ad almeno vent’anni. Questa è sembrata alla Commissione una forzatura eccessiva e quindi si è voluto procedere a rendere possibile la cremazione come rito funebre anche nella nostra regione, senza renderlo un obbligo.
Questa legge infatti, introduce la cremazione come rito. In Asia era una consuetudine che si è mantenuta inalterata, ad esempio, in India. Anche in Europa esisteva l’importanza di cremare le persone. L’importanza del rito faceva in modo che venisse limitato alle persone più nobili e famose. Il Cristianesimo e poi l’Islamismo ne hanno fatto decadere la pratica a favore della sepoltura e solo negli ultimi secoli si è tornati a parlare di cremazione e dal 1963 la Chiesa cattolica ha abolito il divieto di farsi cremare per i propri fedeli e nell’aprile 2002 il cardinale Jorge Medina Esetevez, prefetto della Congregazione per il culto divino, ha annunciato che si sta preparando una liturgia apposita per questa cerimonia e la cremazione è ormai diventata la scelta di centinaia di persone in tutto il mondo e la Chiesa vuole non rimanere fuori da questa scelta, anche se il Codice di diritto canonico sostiene ancora che la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti, tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana.
In Italia la cremazione è praticata dal 7,6%. Il ritardo è dovuto al fatto che mancano le strutture attrezzate, presenti solamente in una quarantina di province e questa proposta di legge introduce tale possibilità anche nella nostra regione.
Negli ultimi decenni la spinta a legiferare si è più volte manifestata nel Parlamento nazionale e alla fine il Parlamento ha definito una proposta di legge nel marzo 2001. La principale novità del testo, che adesso introduciamo nella nostra normativa regionale, è data dal venir meno del divieto di dispersione delle ceneri e quindi è caduto l’obbligo di conservazione nei cimiteri, per cui le ceneri verranno consegnate direttamente ai familiari. Questo dice la norma nazionale e la dispersione potrà essere effettuata in spazi aperti (mare, bosco, montagna, campagna), in aree private, oppure conservate direttamente dai familiari, purché nell’urna, in casa, sia riportato il nome del defunto. La legge dà indicazioni alle amministrazioni locali e infatti l’art. 7 della nostra proposta di legge dice appunto che “La dispersione delle ceneri avviene nei luoghi indicati dall’art. 3 della legge nazionale e l’Asur autorizza l’uso dei feretri di legno. Le ceneri vengono riposte in un’urna sigillata recante i dati anagrafici...” ecc. Quindi niente di più rispetto alla normativa nazionale.
L’altra questione, sulla quale voglio tornare, oltre a quella della cremazione, è quella di affermare una modalità laica garantita dalla Costituzione ma mai potuta esercitare dai singoli cittadini, quindi questo è un tema importante, perché mentre nella religione, per una certa parte della società tardo-moderna la concezione del corpo era il sintomo sostanziale della sepoltura, quindi la modalità concreta con la quale si faceva la scena degli addii — il rito funebre occidentale è un rito sul corpo — con la cremazione, di fatto si contrappone il corpo al soggetto e quindi la percezione del corpo privato di fronte alla morte ha la possibilità, con questa legge, di essere superata.
Questa istanza di celebrazione torna a coinvolgere le amministrazioni pubbliche. Ad esempio a Bologna varie associazioni di donne si sono impegnate, finora con pochi risultati, per ottenere dall’amministrazione pubblica, locali attrezzati per poter approntare un rito funebre laico, così come esiste un matrimonio laico, per sottrarre i non credenti all’afasia e alla tristezza dell’assenza di un rito. Alcune altre esperienze ci sono in Europa: per esempio a Marsiglia l’amministrazione cittadina ha commissionato ad un artista l’allestimento di uno spazio non confessionale o pluriconfessionale, dove tutti i membri di una società possono celebrare i loro riti funebri e non. Su questa questione la Commissione ha dibattuto e ha ritenuto di dover affrontare il problema con la Consulta per l’emigrazione, perché ormai anche le Marche sono una società plurietnica e c’è la necessità di dare la possibilità alle diverse religioni, alle diverse modalità di vivere il rito funebre, di poter avere una risposta.
Questa è la parte della legge che riguarda la scena degli addii, quindi il rito funebre come problema della società occidentale. Contemporaneamente a questo c’è anche un problema che riguarda le imprese funebri, che sono ben più numerose di quanto non si possa pensare, nel senso che sono addirittura 200 le imprese funebri nella nostra regione, attendevano questa legge. E4’ particolarmente importante anche per solo la definizione delle “sale di commiato”, così come è per loro importante un ragionamento che tenda a dividere chi fa il trasporto funebre da chi gestisce le “sale di commiato”.
Complessivamente questa è una legge delicata per i temi che affronta, ma che ha avuto l’unanimità in Commissione e si è voluto licenziarla perché si è voluto fare un passo in avanti sulle questioni dei nuovi riti per dimostrare che la nostra è una società sicuramente laica. Poi nel regolamento dovremo fare in modo che diventi anche plurietnica e sappia contemplare le modalità con le quali altre razze, altri popoli danno la modalità di avere un rito funebre adeguato alla propria religione. Questo si è pensato di risolverlo con il regolamento.

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. E’ soppresso. Art. 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Emendamento a firma Luchetti, che ha la parola per illustrarlo.

Marco LUCHETTI. Abbiamo fatto questo emendamento per chiarire chi doveva firmare, perché si poteva interpretare che dovesse firmare pure il defunto. Per evitare interpretazioni strane abbiamo fatto questo emendamento per chiarire che ci si rivolge, ovviamente, ai familiari.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 7 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

PRESIDENTE. Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Ha la parola l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Sono in piena sintonia con la relazione del consigliere Cecchini rispetto a questo lavoro su un argomento n on all’ordine del giorno nella cultura occidentale. L’intervento è per ringraziare il servizio rispetto al lavoro svolto e per richiamare l’impegno che dobbiamo mettere per andare velocemente al regolamento, perché credo che questo sia l’aspetto operativo che ci manca e che vogliamo concludere velocemente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva




Proposta di legge regionale (Votazione): «Celebrazione del V centenario dell’Università di Urbino» Giunta (263)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 263, ad iniziativa della Giunta.
Non vi sono relazioni. Passiamo all’esame degli articoli.

Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge.

Il Consiglio approva






Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Progetto obiettivo “Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” (attuazione del PSR 2003/2006 – delibera consiliare n. 97/03)» Giunta (157)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 157, ad iniziativa della Giunta.
Il relatore di maggioranza consigliere Ricci ha rinunciato all’intervento. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Questa proposta di atto amministrativo doveva nascere a fine 2003, invece nasce a fine 2004, comunque è importante che prima dello scadere di questa legislatura si definisca il progetto obiettivo “Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. Complessivamente, per le cose che sono qui scritte, è un atto importante e anche positivo. Voglio però segnalare due-tre cose. Qui si parla di alleanze nei luoghi di lavoro come metodo sperimentale da consolidare. Mi sono studiata i report che i dipartimenti di prevenzione e sicurezza hanno fatto come lavoro iniziale per redigere poi questo piano. I dati non sono positivi. In verità non potrebbero essere positivi, stante il difficile primato della nostra regione di maggior numero di infortuni sul lavoro in Italia.
Vorrei riportare alcuni dati che possono far comprendere lo stato di salute e anche le condizioni di vita dei lavoratori. Lo dico perché quest’aula ha votato le nuove norme su occupazione e lavoro nella seduta precedente. Credo che la legge che è stata fatta contrasti poco la fragilità e le difficili condizioni dei lavoratori nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Vorrei riportarvi qualche dato che viene direttamente dal monitoraggio fatto dai servizi del dipartimento di prevenzione e sicurezza sul lavoro.
In teoria alcuni dati sono positivo: la quasi totalità delle imprese, nel campione preso dalle Marche nel monitoraggio nazionale, ha effettuato al valutazione dei rischi. Il 75% delle imprese che avevano l’obbligo di aggiornamento del documento di valutazione ha provveduto ad aggiornare il documento stesso. Nella maggioranza dei casi è stato elaborato un documento, anche se per alcune di queste imprese la legge consentiva l’autocertificazione, e sono stati raggiunti anche buoni livelli di completezza e coerenza.
Se guardiamo le imprese sopra le 6 unità si è cominciato a lavorare sulla sicurezza, ma chi guarda questa statistica con un minimo di attenzione si accorge che le imprese di questa regione in media hanno 4 dipendenti e una infinità di aziende hanno meno di 2-3 dipendenti.
Questi dati che sembrano positivi, sono circoscritti alle imprese che hanno una soglia dimensionale abbastanza alta, perché 6 unità è già un’azienda con una organizzazione amministrativa affatto secondaria.
Quando invece si va a guardare il capitolo della programmazione degli interventi di prevenzione, si vede che “il risultato è stato senza dubbio carente, in misura sostanzialmente analoga ai dati nazionali”. Il programma, quando esiste, non è realmente tale nella maggioranza dei casi, in quanto privo della definizione dei tempi di attuazione e dei soggetti deputati alla stessa. Questo riscontro collima con quanto osservato dagli operatori nella loro attività di tutti i giorni e conferma le resistenze che ci sono in gran parte delle imprese marchigiane a impegnare risorse per la sicurezza sul lavoro. La tipologia degli interventi programmati è rivolta più a macchine, impianti e locali di lavoro e sembra volta a colmare storiche lacune nell’applicazione della precedente normativa.
Non è un mistero che l’avvento della legge 626/94 sia stato vissuto non come occasione per un adeguamento ma come problema per le imprese. Quindi si comincia a investire in formazione e informazione, però non c’è dubbio che il nostro dato regionale non si discosta dal monitoraggio nazionale. Le aziende risultano però, in percentuale rilevante, inadempienti verso l’obbligo formativo. Nelle aziende di minori dimensioni è invece assente un sistema prevenzionistico identificabile e le lacune sono davvero macroscopiche. E’ chiaro che con l’aumentare della dimensione dell’impresa gli obblighi di informazione e formazione vengono assolti con maggiore puntualità, però di fatto sono dati unidirezionali e non interattivi e privi delle necessarie verifiche. Quindi ci sono interventi sulla formazione migliori nelle Marche che non nel resto d’Italia, però relativamente alla partecipazione dei lavoratori, il dato delle Marche è inferiore a quello nazionale, così pure sulla valutazione dei rischi. Tutto questo, se ricordiamo che stiamo parlando di aziende con 6-9 dipendenti come classe principale, è chiaro che la partecipazione e tutto quanto è stato detto è diversamente grave e contemporaneamente la consultazione dei responsabili della sicurezza sul lavoro è una prassi largamente disattesa, in quanto meno del 50% delle aziende ha consultato i propri rappresentanti sulla sicurezza nella valutazione dei rischi, meno del 20% ha nominato il responsabile sulla sicurezza. Solo in pochissimi casi i responsabili della sicurezza sono interlocutori abituali dell’azienda, quindi il coinvolgimento dei rappresentanti della sicurezza non c’è. Non è poco, perché la struttura base della legge 626, che prevedeva di avere l’interlocutore nell’azienda, è un dato molto debole.
Le aziende che hanno adempiuto agli obblighi formali della 626 in merito alla designazione del responsabile servizio di prevenzione e protezione sono ancora troppo poche. Il datore di lavoro nelle aziende piccole e piccolissime spesso si occupa di questo, in altri casi sono dirigenti aziendali, talvolta sono consulenze esterne. In alcuni casi sono evidenti le carenze di tipo organizzativo e procedurale e nel 26% del campione esaminato è stato realizzato integralmente un sistema di responsabilità e quindi più della metà delle imprese sono prive di un sistema informativo dedicato alla prevenzione. I dirigenti preposti avevano coinvolto il sistema di prevenzione e sicurezza — in media il 50% — con le procedure per le emergenze, molto meno per la manutenzione, molto meno quando si parla di affidamento dei lavori di appalto, molto meno per gli acquisti, molto meno nell’analisi degli infortuni.
Il sistema dei responsabilità dei lavoratori della sicurezza, nelle Marche ancora non esiste, sostanzialmente e quindi le poche persone che se ne occupano non sono supportate da quello che è un obbligo di legge, di fatto non hanno questo sistema di verifica nel territorio.
Se i dati non si discostano in modo significativo da quelli nazionali, è chiaro che però ci sono elementi molto preoccupanti relativamente alla diffusione e alla capacità di assolvere davvero a questo compito. Se guardiamo la nomina del responsabile della sicurezza, formalmente l’abbiamo nel 96% delle aziende oltre 6 unità, ma sostanzialmente questi responsabili non hanno alcun potere nella valutazione dei rischi, nella modalità di formazione dei lavoratori, hanno difficoltà ad esercitare il loro lavoro.
Vi ho letto i dati ufficiali che la Regione Marche ha pubblicizzato relativamente al monitoraggio sulle condizioni di lavoro dei lavoratori delle aziende, che è alla base dell’atto amministrativo.
Tenuto conto di questo, la proposta di atto amministrativo risulta essere buona nelle volontà, carente nelle dotazioni finanziarie: non si capisce se si rimanda di nuovo al piano sanitario, però a fronte di un lavoro importante credo che bisogna consolidare questa modalità di lavoro. Credo che sia importante, per la regione Marche, approvare il piano per la tutela e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Va dato atto che si è fatto un lavoro di monitoraggio delle aziende, certo sopra le 6 unità, comunque importante. Il piano rischia di essere non vincolato ai soldi e scritto ottimamente: rispetto a questo l’auspicio è che intanto si consolidi una innovazione nei servizi del dipartimento di prevenzione e sicurezza e per questa ragione, nonostante che ci possano essere delle perplessità nella volontà vera di realizzare quanto qui scritto, voto a favore.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Vorrei evidenziare l’importanza di questo strumento nell’ambio delle problematiche della salute nella nostra regione con i dati che conosciamo, sui quali c’è stata una forte attenzione del governo regionale in questi anni. Quindi, a questo momento il progetto obiettivo ci mette nelle condizioni di essere in piena operatività su un’articolazione complessiva. Sulla consapevolezza dell’importanza dell’atto quindi non ci sono dubbi. Vorrei soltanto fare un riferimento ad una preoccupazione che sta emergendo nel nostro paese, che non trova motivo di attenuazione nelle parole del Governo a livello nazionale, anzi la preoccupazione cresce e a mio parere c’è il rischio che accanto alla flessibilità e alla provvisorietà della possibilità di lavorare, ritorni anche una precarietà sulla sicurezza negli ambiti di lavoro. Una volontà politica forse non sempre limpida, qualche volta strisciante ci sta portando nelle condizioni di rimettere in discussione tutto il discorso, difficile e complesso, ma anche in qualche maniera di primato, che il nostro paese ha avuto nell’attuazione della 626 su uno scenario europeo quanto mai complesso.
Credo che lasciare questo punto aperto di preoccupazione sia un motivo di incertezza e di inquietudine, a fronte della certezza che ha la nostra Regione di avere uno strumento di governo delle problematiche della salute e delle sicurezza nei luoghi di lavoro.
Rispetto alla preoccupazione della collega Cecchini, come scelta di sistemi in questa regione e proprio in una logica attenta a non creare elementi di priorità e di privilegio, riteniamo che il finanziamento, aldilà dei concetti generali, che comunque sono espressi nell’atto, sia dentro i finanziamenti di sistema da una parte e vorrei ricordare che tra le quattro priorità che questa Regione ha deciso comunque di pare avanti dentro un disagio che hanno tutte le Regioni sulla compatibilità economica, aldilà di quello che prova ogni tanto a farci intendere la nostra opposizione, abbiamo dato priorità, con risorse che sono cresciute nel 2003 e nel 2004 e che abbiamo intenzione di rispettare come progress che ci siamo dati in finanziaria, anche per il 2005. Credo che con questo ci siano anche le condizioni per garantire l’operatività e l’esecutività di questo importantissimo progetto obiettivo per la comunità marchigiana.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva






Proposta di atto amministrativo (Votazione): «Adesione della Regione Marche all’Associazione coordinamento Agende 21 locali italiane. L.r. 12 maggio 2003, n. 7» Giunta (142)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 142, ad iniziativa della Giunta.
Non ci sono relazioni, quindi se non vi sono interventi pongo in votazione la proposta il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva


Proposta di atto amministrativo (Rinvio in Commissione): «Modifica del Piano regionale per la gestione dei rifiuti di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 15 dicembre 1999, n. 284. L.r. 28 ottobre 1999, n. 28» Giunta (135)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 135, ad iniziativa della Giunta.
C’è una proposta di rinvio in Commissione, che pongo in votazione.

Il Consiglio approva



Comunicazioni del Presidente della Giunta

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Colleghi consiglieri, chiedo la parola non per parlare di argomenti all’ordine del giorno ma per ricordare una data. Domani sarà il 60° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. La Regione ribadisce quello che già numerose volte abbiamo detto: accanto a sentimenti di orrore per quello che è successo, cerca di predisporre atteggiamenti, prospettive, programmi futuri che rendano impossibile il ripetersi di simili esperienze che pensiamo di non dover mai più vivere.
Proprio nel omento in cui ci sono nel mondo una serie di conflitti che ci preoccupano e che ci allarmano, crediamo che una sottolineatura e una evidenziazione forte di quello che ha significato 60 anni fa la fine di questa esperienza e di questo orrore, siano necessarie.
Preannunciando che non mancherà sui mezzi di comunicazione una posizione della Regione, quindi un messaggio regionale, invito i colleghi del Consiglio regionale ad un minuto di silenzio, per celebrare questo anniversario.

PRESIDENTE. Invito il Consiglio ad osservare un minuto di silenzio.

(Il Consiglio osserva un minuto di silenzio)

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 12,35