Resoconto seduta n. 80 del 27/03/2002
La seduta inizia alle 16,15



Proposta di atto amministrativo (Discussione generale): «Piano regionale delle attività estrattive — l.r. 1 dicembre 1997, n. 71 — l.r. 17 dicembre 1999, n. 33, artt. 1 e 2» Giunta (47)


PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 47, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Martoni.

GABRIELE MARTONI. Quello che viene sottoposto al nostro esame è un piano atteso da oltre vent’anni e costituisce il primo piano per le attività estrattive della nostra regione. E' questo un atto di pianificazione di rilevante significato in quanto destinato a regolamentare un settore delicatissimo e ad elevato impatto ambientale.
Il piano regionale delle attività estrattive (PRAE) fu previsto per la prima volta dalla L.R. n.37 del 1980. Sulla base della predetta legge regionale furono presentate alcune proposte di piano che non trovarono approvazione da parte del Consiglio regionale.
La necessità di una pianificazione del settore delle attività estrattive venne riproposta dal P.P.A.R. (Piano Paesistico Ambientale Regionale) e successivamente dalla L.R. n. 71 del 1997, come modificata dalla L.R. n.33 del 1999, (attualmente unica legge regionale che disciplina la materia, poiché la stessa ha abrogato la L.R. 37/80) che ne regola i contenuti e le modalità di approvazione.
Va ricordato che la legge regionale n. 71/97, con la evidente finalità di costringere la Regione a dotarsi di un piano per le attività estrattive, introdusse una norma secondo la quale l'attività estrattiva è soggetta ad autorizzazione comunale conformemente alle previsioni del PRAE e del piano provinciale per le attività estrattive (PPAE). Di conseguenza la predetta legge regionale ebbe a prevedere una disposizione transitoria che doveva regolare l'attività estrattiva regionale in attesa dell'adozione del piano.
Detta norma, tuttavia, a causa di difficoltà di carattere intepretativo e applicativo, anche in conseguenza della previsione di un regime di tipo concorsuale legata all'assegnazione di un quantitativo massimo estraibile distinto per provincia, non dette i risultati che ne avevano suggerito l'introduzione tanto da costringere il legislatore regionale ad intervenire nuovamente con la L.R. n.33 del 1999. Questa legge, in assenza di un piano, da un lato ha inaugurato una nuova disciplina transitoria, dall'altro ha modificato la L.R. 71/97 anche nella parte relativa ai contenuti del PRAE.
Il piano, formulato su base decennale, ha efficacia a tempo indeterminato ed è soggetto a revisione almeno ogni 10 anni.
Quanto alla natura, va detto che il PRAE è un documento di indirizzo, programmazione e pianificazione regionale delle attività estrattive ed ha come obiettivo quello di conciliare due esigenze divergenti: la tutela dell'ambiente e la richiesta da parte del mondo produttivo di materiali naturali. Un buon piano si misura dal corretto rapporto tra le predette esigenze.
I contenuti specifici del piano sono indicati esattamente dalla L.R. 71/97, così come modificata dalla L.R. 33/99. Esso deve contenere: il censimento delle cave in attività e quelle dimesse; una relazione illustrativa generale; una relazione contenente l'individuazione dei livelli produttivi e la stima dei trend evolutivi; cartografia informatizzata con l'individuazione delle aree dove è vietata l'attività estrattiva ai sensi dell'art 6, comma 3, della L.R. 71/97, nonché la previsione di una normativa per le aree di divieto non ancora cartografate (vedi pagg. 99-104 dello schema di Piano pubblicato sul BUR); cartografia informatizzata delle aree dove è possibile l'eventuale esenzione ai sensi dell'art. 60 delle NTA (Norme tecniche di attuazione) del PPAR per quelle tipologie di materiale per le quali sia comprovata l'effettiva irreperibilità o non risulti possibile la loro sostituzione con altri materiali (Vedi pagg. 105-110 dello schema di Piano); una serie di direttive di cui si dirà oltre.
Nelle Marche l'attività estrattiva di cave indica i seguenti indici (Aggiornamento al 1998): cave n.166; addetti direttamente impiegati n.657. Dal 1985 al 1998 la media di materiale utile prodotto è di 4.853.000 metri cubi/anno, equivalente a circa 10 milioni di tonnellate; imprese registrate (aggiornamento 1997) n.137 su un totale nazionale di 154.152; il 53% della produzione di materiale di cava nel periodo 1985-1996 proviene dall'estrazione delle ghiaie e delle sabbie alluvionali; il 36% della produzione deriva dalla estrazione di calcare; il 6% riguarda le argille e gli aggregati argillosi e sabbiosi per la produzione di laterizi; il restante 5% è relativo alla produzione di conglomerati, gessi, calcari ornamentali, travertini e arenarie; il 44% dei volumi estratti provengono dalla provincia di Pesaro e Urbino (con prevalenza di sabbia e ghiaia e calcare), seguono le province di Ancona e Macerata rispettivamente con il 26% ed il 22%; la provincia di Ascoli è la minore produttrice di materiale con 1'8% della produzione regionale.
Le cave della regione sono mediamente di piccole dimensioni. L'ubicazione geografica prevalente delle cave attive è quella che accomuna il fondo valle e la pianura con il 60% delle cave. La posizione montana di mezzacosta rappresenta il 26% del totale. Il resto delle attività risulta localizzato in aree montane e collinari. Il fatturato complessivo è stato stimato in circa 208 miliardi di lire annui.
La situazione della cave dimesse è la seguente: siti monitorati 1600; 221 oggetto di recupero; 793 si sono rinverditi spontaneamente; 116 dei siti visionati non sono né recuperati, né rinaturalizzati. Partendo dal duplice presupposto che il materiale di cava è una materia prima non rinnovabile se non entro tempi geologici e che l'attività estrattiva è attività a rilevante incidenza sull'ambiente, il Piano si prefigge i seguenti obiettivi: le tecniche di coltivazione devono essere tali da limitare il più possibile sfridi e sprechi prevedendo l'utilizzo di tutto il materiale movimentato; i siti di cava abbandonati o dimessi non rinaturalizzati e non recuperati e che necessitano di un rimodellamento morfologico devono essere sistemati e restituiti a destinazione d'uso compatibili con il contesto ambientale del sito; ogni intervento estrattivo deve essere progettato privilegiando siti a minore visibilità e adottando tecniche volte a limitare al massimo l'impatto visivo dei fronti di scavo; deve essere favorita la riutilizzazione l'attività estrattiva deve essere dimensionata in rapporto ai livelli produttivi ed alla stima dei trends evolutivi; deve essere favorita la riutilizzazione di materiale di risulta proveniente dalla realizzazione di opere pubbliche; i capitolati per l'appalto di opere edili devono prevedere la possibilità di adoperare materiale proveniente dal riciclaggio delle macerie in sostituzione di quello di cava per quelle applicazioni ingegneristiche che lo consentono.
Il piano contiene inoltre n.6 direttive riguardanti rispettivamente: 1) direttiva recante norme di attuazione per una razionale coltivazione, un appropriato uso del materiale, per l'esercizio dell'attività estrattiva nelle formazioni boscate e per il recupero e la ricomposizione finale delle cave; 2) direttiva per le cave di prestito per la realizzazione di opere pubbliche di interesse statale o regionale; 3) direttiva per i casi in cui dalla realizzazione di opere pubbliche vengano ottenuti materiali di risulta; 4) direttiva per l'individuazione, il recupero e la ricomposizione ambientale delle cave abbandonate o dimesse; 5) direttiva per il riutilizzo degli inerti con riferimento a quelli derivanti dall'edilizia; 6) direttiva per l'adozione di tecniche di escavazione innovative.
Il piano contiene, altresì, gli indirizzi generali ai quali dovranno attenersi le province in sede di predisposizione dei piani provinciali delle attività estrattive (PPAE). Questi i contenuti dell'atto di cui vi si chiede l'approvazione.
La IV Commissione ha proceduto ad un'ampia consultazione con i soggetti interessati al fine di raccogliere le loro osservazioni e proposte. Alcune di queste sono state ritenute meritevoli di accoglimento e ve ne darò conto nel prosieguo della relazione.
Quello che ora ritento opportuno farvi presente è che questo piano - a nostro avviso - costituisce un giusto punto di equilibrio tra le esigenze estrattive e quelle di tutela del territorio e dell'ambiente. E' tuttavia un piano dinamico e come tale suscettibile in futuro di essere migliorato.
Come prima detto, rispetto alla proposta della Giunta, la Commissione ha apportato alcune modifiche che si ritengono migliorative e che di seguito sinteticamente riepilogo: il sistema pianificatorio dell'attività estrattiva previsto dall'art. 5 della L.R. 71 del 1997 - che vedono nel Piano regionale ed in quello provinciale oltre che nel progetto e nella autorizzazione le basi di tale sistema - risulta meglio delineato nel senso che risultano meglio chiariti i rapporti tra i diversi livelli di pianificazione (regionale: PRAE; provinciale: PPAE; comunale: piano regolatore ed altri strumenti urbanistici). Così se il PRAE ed il PPAE provinciale prevalgono sulle previsioni degli strumenti urbanistici comunali, senza bisogno di specifici adeguamenti di questi ultimi ai primi, le Province, nella fase di individuazione di giacimenti compatibili per materiali senza possibilità di esenzione, dovranno tener conto delle previsioni di destinazioni d'uso del territorio previste negli strumenti urbanistici. Per gli stessi giacimenti le scelte dovranno essere operate nel rispetto delle prescrizioni delle norme tecniche di attuazione del PPAR e dei piani regolatori adeguati al PPAR. L'individuazione delle aree di esenzione da parte delle Amministrazioni provinciali deve essere realizzata con l'obbligo di consultare i Comuni in due momenti distinti: nella fase preliminare alla formazione del programma provinciale; nella fase preliminare alla adozione del programma stesso. Si è scelto cioè di coinvolgere i Comuni fin dalla fase di formazione del piano.
E' stata ampliata la tipologia dei materiali di difficile reperibilità o non sostituibili introducendo tra questi la formazione della scaglia rossa delle province di Pesaro e Urbino e Ancona e i conglomerati plio-pleistocenici della provincia di Ascoli Piceno. A tali litotipi è stata però assegnata l'esenzione limitata ai soli ambiti di tutela dei crinali di terza classe previsti dal PPAR.
La limitazione dell'esenzione ai soli ambiti di tutela di terza classe, è motivata dal fatto che questi litotipi presentano affioramenti potenzialmente utilizzabili arealmente molto estesi. Pertanto, trattandosi di un vasto numero di aree esentabili, le Province potranno effettuare la scelta sui siti migliori sia da un punto di vista paesistico ambientale che minerario.
Viene favorito l'utilizzo di materiali alternativi a quelli di cava, come le terre stabilizzate, anche attraverso la previsione di meccanismi di agevolazione all'interno dei bandi di gara per la realizzazione di opere pubbliche per quelle ditte che si impegnano ad utilizzare i predetti materiali alternativi. E’ prevista la commercializzazione del materiale estratto a seguito della ricomposizione ambientale di cave abbandonate o dismesse, ma configurandosi tale attività quale attività estrattiva, la stessa è soggetta ai divieti di cui all'art. 6, comma 3, della legge regionale 71/97 e i relativi progetti dovranno essere redatti nel rispetto del PPAR e degli strumenti urbanistici comunali.
Infine, poiché nella proposta originaria di piano la provincia di Ascoli Piceno con i suoi 555.000 metri cubi di stima di livello produttivo risultava più svantaggiata rispetto alle altre, si è assegnato alla predetta provincia, mantenendo comunque invariata la stima del livello produttivo generale, ulteriori 245.000 metri cubi e suddividendo i restanti metri cubi (200.000 mc) tra le altre province, e per ogni materiale, tenendo conto che in passato alcune categorie di materiale erano state inserite in classifiche non corrette (conglomerati classificati come ghiaia e sabbia o calcare, pietra ornamentali inserite tra i calcari.
Queste in sintesi le modifiche apportate dalla Commissione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Come relatore di minoranza devo dire che noi non ci troviamo d'accordo con la proposta che oggi è pervenuta in aula e proviamo, con alcune riflessioni, a cercare di capire quali sono stati i motivi e le scelte che questa maggioranza ha fatto nel giro di 10-15 giorni al massimo. Che si parla di piano cave a livello regionale è tanto tempo, su questo siamo tutti d'accordo, forse se ne è parlato anche troppo, anche fuori posto. Quello che ci ha lasciato insoddisfatti è il metodo con cui siamo arrivati alla scelta finale, tanto è vero che in una circostanza abbiamo abbandonato la seduta della Commissione, vista l'accelerazione con cui la maggioranza intendeva chiudere questa problematica molto delicata, che investe tutto un territorio regionale e che si voleva liquidare con una sola seduta. Noi non ci siamo trovati d'accordo su questa impostazione, tanto è vero che l'unico apprezzamento che arriva a questo piano cave, guarda caso, è proprio del sindacato. Non riesco a capire cosa c'entra il sindacato con il piano cave, ma negli ultimi periodi, tra girotondi e manifestazioni il sindacato si trova sempre a fianco di scelte di un certo tipo. Quindi noi prendiamo che i sindacati conoscono il piano cave meglio dei consiglieri regionali che fanno parte della Commissione. Prendiamo atto di questa apertura e di questo confronto che avete avuto con il sindacato marchigiano: basta leggere la cronaca di oggi per vedere che i sindacati esprimono parere favorevole al piano cave.
Mentre è positivo che i sindacati si esprimano sulla ghiaia e su qualche altra cosa — l'ha detto Procaccini — non riusciamo a capire come mai sono critici i presidenti delle province. Come mai nell'ultima Commissione la maggioranza non ha ritenuto opportuno riascoltare — visto che avevamo chiesto di rinviare di dieci giorni questo atto —... Personalmente, come relatore di minoranza non ho nulla contro i pesaresi — qui si parla di pesaresi, anconetani ecc. — dato che sono consigliere regionale delle Marche, non credo che questo sia un atto contro qualcuno o a favore di qualcuno, però mi dà l'impressione che è un atto della maggioranza che, come dicevamo oggi, è una vostra cosa, quindi vi assumete tutte le responsabilità politiche di non avere avuto un dialogo serio e corretto con gli industriali, di non avere avuto un dialogo serio e corretto con gli amministratori delle province e dei Comuni, perché è vero che c'è stata una concertazione, ma non avete trovato una soluzione che possa soddisfare sia gli industriali sia le Province.
Fatta questa breve riflessione, come gruppo di Forza Italia cerchiamo di evidenziare in 4-5 punti alcune questioni che nella IV Commissione non hanno avuto risposta sufficiente.
Ci permetta anzitutto, assessore, di far rilevare che si è aspettato tanto tempo prima di approvare questo piano, solamente per avere degli indirizzi della Regione Marche, perché così doveva essere. Quindi ci chiediamo e le chiediamo: perché non è stata fatta una sovrapposizione dei vincoli da parte degli uffici? Ci sono stati due passaggi: il primo il passaggio in tutti i Comuni della regione; il secondo l'esame delle osservazioni. Quindi di tempo ce n'era abbastanza per poter verificare se c'erano sovrapposizioni di vincoli, individuare fin da adesso per vedere se c'erano zone in cui ricadono dei vincoli senza demandare il tutto ad una seconda fase della Provincia e dei Comuni per le verifiche relativamente ai vincoli.

PRESIDENTE. Ricordo che il regolamento prevede che nel corso dei primi 30 minuti ci si può iscrivere a parlare. Quindi, sollecito chi desidera intervenire ad iscriversi. Prego, consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Il secondo dubbio che ci è venuto — sarà motivo anche di dibattito, perché abbiamo visto un emendamento del consigliere Franceschetti il quale propone di togliere le parole "sentita la Commissione consiliare competente". E' un atto gravissimo, perché a questo punto siamo più convinti che questa sia una vostra cosa che nemmeno ci volete far vedere o conoscere. E' quindi una gestione di questo piano fatta dall'intera maggioranza, che taglia fuori completamente la possibilità delle minoranze di controllare e verificare.
Ricordiamo a Franceschetti che in Italia esiste oggi sistema democratico — basti pensare che ci sono Camera e Senato, quindi due letture — e Franceschetti ci vuole riportare a sistemi del passato o a governi che hanno governato, in passato, altre nazioni. Questo emendamento lo dovresti ritirare, Franceschetti, perché si tratta di una forzatura e qui si vedono l'arroganza e la tracotanza di una maggioranza che tenta di imporre la propria volontà politica nonostante che all'interno della Commissione questo atto era stato già votato e deliberato dalla stessa maggioranza. Non riesco a capire quale fastidio vi possano dare tre consiglieri dell'opposizione che prendono solamente visione delle osservazioni che le Province inseriscono in un nuovo piano cave. E' un fatto gravissimo, antidemocratico, e vorrei chiarezza su questo argomento. Sicuramente ci batteremo su questo punto.
Questo è solamente un piano di indirizzo della Regione Marche, saranno poi le Province a verificare se questo piano potrà essere modificato o meno, starà alle stesse Province individuare nuove aree all'interno del piano.
Le modifiche a livello provinciale comportano automaticamente una nuova approvazione non del piano ma di quelle osservazioni che venissero accolte. Queste osservazioni dovevano essere poi prese in visione. Non è un atto vincolante. Questa paura che avete come gruppo Ds dà molta preoccupazione.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Tu te la sfoghi con me perché non c'è Silenzi...

OTTAVIO BRINI. No, perché l'emendamento l'hai presentato tu e io penso che questo è stato partorito insieme a Silenzi, perché lui non ha avuto il coraggio di presentarlo. Penso che Silenzi, persona che ha cercato sempre il confronto...

GIULIO SILENZI. Siamo in Consiglio regionale, non nel Consiglio comunale di Civitanova, bisogna che te lo ricordi.

OTTAVIO BRINI. Bisogna che tu prendi posto, perché devi avere rispetto di quei consiglieri che alle 16 erano presenti e hanno relazionato anche per te. Il presidente della Commissione Martoni ha relazionato anche per te. Tu hai preso atto fuori di quello che diceva e ti è sfuggito questo passaggio. Tu sei molto attento e sensibile alla democrazia, alla partecipazione, al confronto. Con questo emendamento che avete partorito state facendo un'imposizione, quindi siete preoccupati di confrontarvi con le minoranze per quanto riguarda il discorso della fase successiva delle Province. Volete eliminare un passaggio ed è gravissimo a livello politico, perché questo è un piano vostro, lo avete fatto voi, ve lo gestirete, lo porterete avanti con i pro e i con i contro. Noi non vogliamo avere niente a che spartire con voi, su questo piano, però dovete spiegare perché volete negare il confronto per quelle eventuali osservazioni che verranno accolte da parte delle Province. Con questo emendamento si nega tale confronto. Tu eri andato in minoranza a livello di posizione su questo emendamento, ma l'hai ripresentato: uscito dalla porta vuoi rientrare dalla finestra. Noi vogliamo confrontarci su questo emendamento antidemocratico.
Perché- la Commissione si è rifiutata di avere un confronto con il presidente della Provincia di Pesaro e Urbino Ucchielli, da molti indicato come futuro leader della Regione Marche? Ci è stato detto "perché li abbiamo sentiti precedentemente". Benissimo, a noi sta bene, ma non costava nulla ascoltare il presidente di un'importante Provincia per qualche minuto. Come era importante sentire gli altri.
Non dimenticate che questo Consiglio regionale in più di un'occasione ha rinviato argomenti importantissimi su pressione di comitati esterni — come in occasione della discussione sull'elettrosmog — che abbiamo anche riascoltato, perché questo è il nostro compito: noi siamo garanzia a livello istituzionale. Purtroppo abbiamo consiglieri che sono come un muro di gomma, come dicevamo questa mattina: alcuni non riescono ancora a capire qual è il sistema del confronto e della dialettica democratica. Mentre fate i girotondi siete bravi, mentre fate le manifestazioni che definite democratiche siete bravi; quando noi chiediamo un confronto e chiediamo di essere ascoltati lo rifiutate, vi chiudete dentro un'arroganza e una tracotanza che non hanno né limiti né confini. Rileggetevi l'emendamento presentato dai verdi, rileggetevi l'emendamento presentato da Franceschetti: quando arriveremo all'emendamento 18 ci riconfronteremo e verificheremo chi in quest'aula dice la verità e chi cerca, ancora una volta, di soffocare il confronto e la dialettica tra forze democratiche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

UMBERTO TRENTA. Preso atto che il Vicepresidente Ricci ha ribadito che l'alternanza negli interventi non esiste, nel senso che ha parlato Brini, poi...

PRESIDENTE. Collega Trenta, le ricordo che i due interventi precedenti sono stati dei relatori, rispettivamente di maggioranza e di minoranza. Gli interventi vengono fatti nell'ordine in cui sono stati prenotati, tenendo conto anche dell'eventuale alternanza. Per ora hanno parlato solo i relatori, lei è il primo che interviene.

UMBERTO TRENTA. Le chiedo scusa.

PRESIDENTE. La prossima volta si informi sul regolamento.

UMBERTO TRENTA. Vorrei sapere chi mi ha iscritto a parlare, perché io non l'avevo chiesto, comunque vado avanti.

MARCO LUCHETTI. Allora non parla...

UMBERTO TRENTA. La vera anima del sindacato esce subito fuori: "allora non parla". Questo non è l'articolo 18, caro Luchetti. Io ti aspetto al varco. Comunque, parliamo di piano cave.
Sostanzialmente quello che ci accingiamo a varare è un discorso che abbiamo valutato in tutti i suoi aspetti: c'è il mondo del lavoro, c'è il mondo dell'impresa, c'è il mondo del sindacato che ha fatto un corso accelerato per la preparazione dei discorsi d'impresa e ha detto che il piano cave è quanto di meglio ci possa essere. Ma io voglio fare una considerazione localistica sulla ripartizione lobbistica sulle quattro province. Prendo atto che il sud delle Marche, o nord dell'Abruzzo, ancora una volta si trova fuori dai giochi e quello che noi abbiamo trattato in Commissione diventa un fatto, se volete, definito così com'è nella Commissione, dove noi abbiamo, con riflessione, cercato di ricondurre il tutto su un piano di equità all'interno della produttività regionale. Però questo nei fatti passa e passerà, come tanti altri provvedimenti, per un discorso tra maggioranza ed opposizione.
L'opposizione non può, per sua natura, partendo dal concetto delle tre "i" — impresa, Internet e inglese, cioè tre principi chiari alla liberal democrazia...

ADRIANA MOLLAROLI. Circa la terza "i", non c'è più l'insegnamento d'inglese...

ROBERTO GIANNOTTI. Perché dici così? Tu sai che non è vero...

UMBERTO TRENTA. Quello che non verrà mai meno per l'opposizione in questa sala consiliare, è il principio della democrazia vera, diretta. Lei è presidente di una Commissione stupenda, la prima. Con la sua coscienza è a posto? Altrimenti le dico il perché. Oppure lo dica lei al consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Che hai detto?

UMBERTO TRENTA. Vado avanti nella risposta al consigliere Mollaroli, oppure vado avanti nel mio intervento?
Visto che abbiamo appreso che è caduta ma non si è fatta male, la Moratti... (Si dice: "E' caduta?"). Sì, sì, è caduta, ce ne ha informato la Mollaroli che fa parte del "reparto ortopedia" della I Commissione e sa tutto.
Torniamo al piano cave che è un discorso serio. Portiamo avanti questo piano così come è stato formulato, con le nostre osservazioni che brillantemente il consigliere Brini ha esternato con passione e con calore perché portatore di quella sensibilità del mondo del lavoro in tutta la sua completezza, non di una parte strumentale che oggi scende in piazza e non sa neanche perché, pur di fare girotondi e manifestazioni. "Non ci fermeranno né la pallottole né le piazze", perché noi siamo portatori di principi sani dell'economia. E vorrei fare un appunto all'assessore Vicepresidente Spacca, che prima ha fatto un'osservazione simpaticissima, cioè "i Vicepresidenti sono meglio dei Presidenti". Io vorrei invece dire "facciamo i fatti". (Interruzione del consigliere Silenzi). Silenzi, non perda occasione di fare silenzio, perché fino ad oggi non ha sbagliato una parola, quando è stato zitto.
Presidente e Vicepresidente Spacca, che ha un assessorato strategico: questo piano sulle cave perché e a chi? A chi si rivolge, visto che crea tanti fastidi e tante situazioni di emergenza? Non possiamo scordare il verde D'Angelo quando fu investito dal comitato dei cavatori, ed erano circa 1.200. Consigliere D'Angelo, riveda l'emendamento di Franceschetti, faccia le sue riflessioni, gli dica di ritirarlo, e lui sa anche il perché.
Comunque, oggi ho registrato una presenza importantissima in Consiglio, ferrea, del collega Cesaroni, che mi dà tutta la forza per portare ancora avanti questo discorso.
Pertanto, il piano cave, che è un piano serio e tocca dei settori nevralgici e strategici, ancora una volta denuncia la mancanza di programmazione generale all'interno dell'importante atto successivo che porteremo in discussione, quello di bilancio. I riferimento sono sempre lì: qui si fanno disparità notevoli, che siano territoriali, che siano tecniche, che siano d'impresa, che siano di produttività e del mondo del lavoro comunque ci lasciano perplessi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Di questa proposta di atto amministrativo la regione Marche è in attesa già da tanto tempo, e sono contento che sia arrivato anche l'assessore Cecchini, perché stavo per iniziare con una premessa: il piano cave che era stato fatto precedentemente ha portato, in modo particolare alla provincia di Pesaro, delle problematiche sotto l'aspetto economico e prettamente tecnico elevatissime. Esso ha una impostazione che da un punto di vista economico e tecnico ha a che vedere con una demagogia e con una virtualità, perché difficilmente si riesce a vedere qual è stata la strategia vera e concreta che ha portato alla formulazione di un piano cave. In economia c'è una regola fondamentale: se si vogliono ottenere dei risultati è indispensabile che si lasci piena libertà alla scelta, perché si deve ottenere il massimo utile con il minimo sforzo, cioè anche nell'ambito delle cave, per far sostenere la minima spesa alle imprese e i minimi costi sia agli enti che ai privati nel momento in cui vanno a utilizzare gli inerti, è indispensabile che sul mercato l'imprenditore possa portare il prodotto di qualità più elevata, ottenendo il massimo utile. Cosa che non sta succedendo oggi. Per avere questo, in modo tale che si riesca a garantire il prezzo vero di mercato in funzione della legge della domanda e dell'offerta, occorre che non si calcolino a priori i quantitativi, ma si lasci ciò al mercato attraverso una regolamentazione dell'apertura delle cave, non cercando di andare a ricavare i contingenti provincia per provincia ma salvaguardando l'aspetto ambientale, lasciando l'attività come realmente è, cioè un'attività estrattiva di ordine economico.
Siccome questo non è stato fatto — coloro che hanno partecipato alla precedente legislatura sanno qual è il disastro fatto dall'attuale assessore Cecchini già presidente della V Commissione quando aveva calcolato... (Interruzione). Silenzi, che non ascolti sono d'accordo, ma che mi boicotti no.

GIULIO SILENZI. Trenta sì, ma boicottare te no.

GILBERTO GASPERI. Grazie...
Precedentemente fu fatta una programmazione veramente strana, particolare, che non si sapeva quali risultati dovesse avere, quali erano gli obiettivi che si volevano raggiungere, creando una situazione in cui si è avvantaggiata la regione Umbria, perché in modo particolare nella provincia di Pesaro i quantitativi di questi materiali provengono quasi totalmente dalla regione Umbria, e abbiamo portato i prezzi degli inerti a metro cubo da 8 a 19 mila lire. Abbiamo importato e stiamo importando prodotti dalla Croazia che sono di bassissima qualità, addirittura prodotti che vengono utilizzati come inerti nel calcestruzzo e hanno qualità scadenti che non danno garanzie nemmeno per le resistenze che dovrebbero avere alle compressioni.
Siamo cioè riusciti ad avere dei prezzi più vantaggiosi importando materiale dalla Croazia con le navi, caricandolo sui camion dai porti dove sbarca e trasportandolo poi nei frantoi per la lavorazione. O addirittura facendo arrivare camion direttamente dalla vicina Umbria con tutte le conseguenze di carattere ambientale che vi potete immaginare, arrecando danno anche alla stessa Umbria, perché i prezzi di 19.000 lire al metro cubo vengono logicamente praticati anche agli imprenditori di quella regione. Quindi a qualcuno il favore è stato fatto, non si può dire che è una cosa calata dal cielo e non c'è chi ne trae dei vantaggi. Se è stato fatto questo, a chi ha giovato? Non può essere che un consigliere, che tra l'altro è stato premiato per la sua capacità ed è diventato assessore, non sappia che quel tipo di programmazione ha portato svantaggi a qualcuno e vantaggi ad altri. Questa è la prima considerazione che ognuno di noi, in modo particolare lei Presidente, dovrebbe cogliere, perché nessuno fa niente per niente.
Seconda situazione particolare. Non si può, in un'attività economica, andare a scontrarsi con l'essenza, cioè il discorso dell'economia. Perché nella regione Marche dobbiamo avere una programmazione sui quantitativi in modo abbastanza rigido, quando non sappiamo se questi quantitativi rispondono come qualità massima al mercato? Non sappiamo neanche se questi quantitativi, estratti in una zona rispetto a un'altra possano apportare vantaggi o svantaggi al territorio stesso.
Ma soprattutto non possiamo arrecare... Presidente, non voglio disturbare. Io mi fermo e ricomincio tra mezz'ora.

PRESIDENTE. Il collega Gasperi ha ragione. Prego di consentirgli di fare il suo intervento.

GILBERTO GASPERI. Se non mi ascolta nessuno non mi importa perché l'intervento è registrato, ma mi danno fastidio e non riesco a parlare. Altrimenti vi invito tutti questa sera a casa mia e poi vi faccio ingerire il Guttalax, così state zitti.

GIULIO SILENZI. E la versione...

GILBERTO GASPERI. E' la versione raffinata di un prodotto che si usava una volta.

GIULIO SILENZI. E' la versione moderna...

GILBERTO GASPERI. Stai tranquillo, perché altrimenti ti faccio giocare a nascondino...
Qui si parla sempre di programmazione economica per apportare un miglioramento all'economia del territorio, in modo particolare ai territori dell'entroterra, cioè a quelle zone svantaggiate dove la fortuna di una scelta, che non proviene da noi ma da colui che assiste i deboli, ha dato la possibilità di avere grossi quantitativi di elevata qualità di materiale che potrebbe essere estratto. E allora, per quale motivo non dobbiamo permettere, sempre attraverso un controllo, attraverso una programmazione, che vengano fatte estrazioni di materiale dall'entroterra? Il grosso problema si viene a creare, per quanto riguarda l'ambiente, solo a causa delle estrazioni dal sottosuolo, ma nel momento in cui si va a operare in territori dove ci possono essere strutture completamente diverse nel sottosuolo — parlo in modo particolare nelle zone dei letti fluviali o adiacenti, con tutte le problematiche che si creano al sistema idrogeologico del territorio — perché non dobbiamo dare la possibilità, a territori svantaggiati, di estrarre materiale di elevata qualità, che può essere tranquillamente riportato nell'intero territorio provinciale o regionale, per soddisfare il fabbisogno che hanno sia le imprese sia gli enti che devono programmare i lavori pubblici? Ovviamente, le stesse Amministrazioni comunali trarrebbero vantaggi, perché opererebbero attraverso un prelievo del materiale stesso, per avvantaggiarsene rispetto alla loro programmazione economica.
Per quale motivo queste considerazioni non sono state fatte nella programmazione di questo piano sulle attività estrattive? Perché non si è tenuta presente la necessità di non commettere gli stessi errori che sono stati fatti l'altra volta quando è stato presentato un piano sulle attività estrattive? Perché la volta precedente fu istituita una Commissione d'inchiesta su uno pseudo scandalo che si voleva creare nel territorio della provincia di Pesaro? Io ero presidente di quella Commissione d'inchiesta, e i tecnici pagati dalla Regione, consulenti della stessa Commissione, hanno dimostrato che non c'erano quelle situazioni particolari e strane che erano state denunciate nell'ambito del Consiglio da parte...

PIETRO D'ANGELO. Ma che dici, Gasperi?! Ma che cosa dici?

PRESIDENTE. Collega D'Angelo, lei avrà la parola immediatamente dopo Gasperi. La prego di non interrompere.

GILBERTO GASPERI. E allora, per quale motivo nelle due cave, la cava Torno e la cava di Gorgo a Cerbara tu non hai fatto un ricorso alla procura della Repubblica per far arrestare coloro che avevano fatto le escavazioni?

PIETRO D'ANGELO. Basta leggere i resoconti delle audizioni! Sei in malafede, Gasperi! Sei in malafede!

GILBERTO GASPERI. Se io sono in malafede...

PRESIDENTE. Chiedo scusa a tutti: vi prego di tenere un comportamento corretto nelle affermazioni e nelle repliche, quando ci sarà la possibilità e l'opportunità di farle.

GILBERTO GASPERI. Il collega sa benissimo, perché faceva parte di quella Commissione, che quando sono andati a vedere i risultati della cava di Gorgo a Cerbara c'è stato un errore, in modo particolare nella sovrapposizione dei due rilievi tra il primo e il secondo, perché il primo era stato fatto con dei sistemi tradizionali, il secondo con strumenti di elevata precisione che avevano dato risultati diversi, perché se io voglio vedere quanto tempo impiego da Pesaro a Roma con la "Topolino" o con la "Ferrari" è normale che i tempi sono diversi. Però, siccome sono diverse anche le macchine che sono state utilizzato, i risultati sono differenti. Così come, grazie a quella Commissione d'inchiesta sono state avvantaggiate delle province che successivamente non hanno tutelato l'associazione dei cavatori. Allora, caro collega, tu dovevi andare a dire perché in quei territori nei quali tu risiedi hanno avuto dei vantaggi. E' indispensabile che qui tuteliamo non solamente gli interessi in senso lato, ma anche gli interessi di quelle realtà e di quelle comunità che sono state penalizzate da un'assurda manipolazione dei dati da parte di coloro che volevano guidare per avvantaggiare la Croazia e per avvantaggiare l'Umbria. Non si può spiegare perché nelle Marche non è possibile fare escavazioni e in Umbria scavano anche per le Marche, portando il costo del materiale da 8 mila lire al metro cubo a 19 mila lire. Questo lo si deve dire! Qualcuno ha dei vantaggi, e non a caso queste operazioni vengono fatte sempre alla chiusura di una tornata elettorale e all'inizio di una campagna elettorale. Lo stesso risultato che si è visto con le cooperative, caro collega. Perché non hai parlato? Tu eri nel "listino", avresti dovuto dire che quelle cooperative che erano sotto inchiesta dall'amministratore dell'Esam sono state premiate, è stata tolta la denuncia nei loro confronti e sono andate avanti. Ti dirò di più: che nella denuncia che è stata fatta, il vecchio liquidatore è stato assolto. Prova ad andare a vedere perché: lo vedremo più avanti.
E allora, sul piano cave non possiamo restare in superficie così come viene fatto con le altre leggi o con le altre programmazioni. In questa realtà gira una percentuale elevata di interessi economici della regione, perché dietro le cave ci sono le realtà degli investimenti che si vogliono fare, delle infrastrutture. Attraverso le cave si fanno le programmazioni serie per ciò che si vuol programmare non solo nelle infrastrutture ma nelle costruzioni stesse. Non vorrei che tra 15 o 20 anni andassimo a scoprire che il materiale usato, proveniente dalla Croazia, è materiale scadente che non dà la stessa resistenza dei nostri materiali, a costi più alti.
E' allora doveroso che diamo dignità a coloro che abitano nell'entroterra. Attraverso una programmazione seria noi possiamo scavare, per investire nell'entroterra stesso, perché loro hanno solo quelle realtà e quelle quantità. E' troppo facile, poi, andare sempre a imputare agli imprenditori che operano in queste realtà economiche, certe cose dicendo "ci sono gli scandali, ci sono situazioni particolari". Se ci sono gli scandali, significa che ci sono dei politici che si avvantaggiano da queste operazioni, significa che ci sono dei politici che non sono seri nel controllare e nel pretendere il controllo di queste cose. E' normale che l'imprenditore voglia ottenere il risultato, e il risultato dell'imprenditore non è quello che vogliamo noi qui quando pretendiamo di essere gli interpreti principali della politica. L'imprenditore la sera, quando chiude deve fare i conti, "tanto ho speso, tanto ho incassato", e se non chiude con un margine di guadagno l'impresa chiude, ma se chiude l'impresa non operano i lavoratori, vanno a soffrirne le realtà, i dipendenti. Questo è uno dei problemi fondamentali. E' troppo facile fare i naturalisti quando poi si va nella regione vicina ad acquistare il materiale di cui le Marche sono completamente piene. E' troppo facile far chiudere delle cave per poi farle riaprire alle cooperative come avvenuto nella zona del Montefeltro, nella provincia di Pesaro. Queste cose dobbiamo dirle, non dire "c'è stata una Commissione d'inchiesta". La Commissione d'inchiesta non ha approvato niente, non ha dimostrato niente, è stata una perdita di tempo notevole che ha creato l'alibi perché si facesse un piano cave che non è resistito nemmeno tre mesi. La stessa programmazione che è stata fatta con la sanità nel 1988 ha partorito un piano sanitario che sembrava il massimo di quello che poteva fare una Regione: due anni dopo ci siamo trovati con 500 miliardi di deficit. Questa è la programmazione? Siamo allora concreti, andiamo a vedere se questo piano cave ha gli stessi risultati dell'altro, ascoltiamo nel territorio. Cosa vogliamo fare, come hanno fatto fino a ieri in Russia? Come hanno fatto fino a ieri con quella dittatura che non ha portato assolutamente alcun risultato? La programmazione non la si fa contingentando ma lasciando anche la libertà agli imprenditori di fare delle scelte, perché poi siamo noi consumatori che decidiamo. Gli imprenditori che utilizzano il materiale faranno la loro scelta, ottenendo il migliore attraverso un prezzo minore, ma se io contingento significa che ho già programmato il prezzo, perché se il quantitativo è quello, che lo produce l'uno o l'altro io non ho la possibilità di fare nessuna scelta, così come io sono quello che scelgo gli imprenditori, una volta l'uno, una volta l'altro. Avviene quello che sta avvenendo non solo nella nostra regione ma in quasi tutta Italia con i costruttori. Si fa costruire un po' alla volta e non si fanno portare sul mercato mille appartamenti — è un numero ipotetico — ma si fa portare sul mercato il numero degli appartamenti che si vendono; poi, successivamente, tocca a un altro imprenditore portare sul mercato lo stesso quantitativo. E non si mettono tra di loro in concorrenza perché il consumatore ottenga un risultato. Se vogliamo rendere libera l'economia è indispensabile che ci sia concorrenza, e perché ci sia concorrenza tra gli imprenditori non ci deve essere un monopolio ma la piena libertà di poter fare delle operazioni attraverso una programmazione di scelta dei siti. E questo lo deve fare il potere politico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Presidente, colleghi, ritengo che questo atto che andiamo a discutere sia di fondamentale importanza per questa nostra regione, per il suo sviluppo e anche per la salvaguardia ambientale della stessa.
Ritengo che nessuno debba preoccuparsi dei contenuti di questo Prae, in quanto è scaturito da un equilibrio di salvaguardia ambientale e da una attenzione a non penalizzare un'attività economica importante come quella del settore estrattivo, indispensabile per lo sviluppo della nostra regione. Io penso che questo sia un piano equilibrato, anche se devo dire, contestualmente, che i verdi in questa situazione — mi dispiace che il collega Gasperi se ne sia andato — hanno dimostrato grande responsabilità politica per arrivare, non senza fatica, ad un piano equilibrato. Dispiace ascoltare interventi come quello del collega Gasperi, visto che facevamo entrambi parte della Commissione d'inchiesta e visto che ci sono documenti scritti agli atti dove si dimostra che qualcosa nelle due cave menzionate, nel pesarese, non andava. Tanto è vero che nella Torno di Fano si voleva scavare fino a 50 metri dai pozzi che rifornivano d'acqua la città e poi questi 50 metri, grazie a questa Commissione d'inchiesta sono stati ben rivisti, perché in contrasto, oltre che con le leggi nazionali, anche con la tutela della salute dei cittadini.
Ritengo che non c'è da preoccuparsi, rimando al mittente alcune affermazioni che ho sentito in quest'aula e che ho letto nelle pagine di giornale ad opera della Confindustria. Ritengo che non ci sia nulla da preoccuparsi e vado a un'analisi dettagliata del perché non c'è nulla da preoccuparsi.
A chi dice che questo piano non soddisfa il fabbisogno regionale rispondo con i dati. Sappiamo che la produzione media nel periodo 1985-98 di escavazione di inerti in metri cubi utili è stata di 4,5 milioni annui. Nell'ultimo periodo, dal 1998 al 2000 sono stati scavati mediamente 3.690.000 metri cubi utili di inerti, quindi attestare il Prae sulla produzione annuale di 5 milioni di metri cubi come previsto dal piano presente, per noi garantisce l'attività estrattiva, anche se sommati a quegli 800.000 metri cubi che la stessa Confindustria ha detto di importare da fuori regione. 3.690.000+800.000 sono circa 4,5 milioni. Ebbene, nel determinare in questo piano 5 milioni di metri cubi di escavazione annua, per i verdi costituisce un'attenzione notevole verso questa attività, perché si andati per 500.000 metri cubi oltre il fabbisogno annuo recente.
Gli 800.000 metri cubi di inerti importati dall'estero non si capisce se sono di convenienza economica o se sono legati al fatto che non c'era la possibilità di escavare nella nostra regione. Io ritengo che ci sia anche la componente di natura economica, cioè era più vantaggioso acquistare all'esterno. Per quanto ci riguarda non riteniamo che i 5 milioni di metri cubi utili di inerti che si possono escavare annualmente nella nostra regione vadano a penalizzare un'attività economica così importante. Noi riteniamo che siano anche sovrastimati, ma per responsabilità politica avalliamo questa stima per far sì che nessuno possa dire che i verdi e questa maggioranza vogliono penalizzare il settore dell'attività estrattiva. Ci sono i dati, non le chiacchiere, collega Gasperi. Ci sono 500.000 metri cubi in più rispetto al fabbisogno medio degli ultimi quattro anni.
A chi dice che questo piano è ultravincolistico, tutto in funzione della tutela ambientale, con dati alla mano dico che le Nta del Ppar all'art. 60 davano esenzione per alcuni materiali di difficile reperibilità, solamente per il travertino, la pietra da taglio e gli aggregati argillosi, sabbiosi per la produzione di laterizi pregiati. Siamo partiti da queste deroghe per arrivare, attraverso la legge 71 del 1997, ad aggiungere calcari, gesso, aggregati argillosi, pietra da taglio. Siamo arrivati ad incrementare ancora di più, con la legge 33/99 il materiale da esentare dai vincoli del Ppar e la lista è diventata lunghissima: le arenarie, gli aggregati argillosi, calcare massiccio, materiali detritici, argilla e quant'altro.
Non sufficiente ciò, in questo piano delle attività estrattive abbiamo aggiunto altre deroghe ai conglomerati di Pietrarubbia, ai conglomerati plestocenici, alle argille. Ebbene, l'elenco dei materiali di difficile reperibilità e indispensabili per l'attività economica della nostra regione, è stato ulteriormente aumentato. Quindi abbiamo un elenco di materiali che possono andare in esenzione ai vincoli del Ppar molto vasto, e vi posso assicurare che per i verdi, gli ambientalisti è troppo vasto, però bisognava coniugare l'attività economica con la salvaguardia ambientale. E allora abbiamo detto "si vada a queste deroghe, ma i siti siano individuati dalla Regione, e quando una Provincia va in deroga ad un piano regionale di tutela ambientale come il Ppar è bene che il piano provinciale, non tutto ma indirizzato alle deroghe, ripassi ad una valutazione della Regione, visto che si va in deroga ad un Ppar". Nulla di scandaloso, perché se questa Regione dà degli indirizzi alle Province per stendere i loro piani dell'attività estrattiva, le Province stesse che si atterranno a questo indirizzo non avranno nulla da temere da una verifica, da parte della Regione, di compatibilità, relativamente alle esenzioni dai vincoli del Ppar. Per i verdi questo era essenziale... Presidente, questa materia è essenziale, quindi chiedo due minuti in più.
Dicevo che quanto emerso non risponde a verità. Non c'è nessuna preoccupazione per le Province che si atterranno agli indirizzi della Regione. E' però chiaro che una Provincia non può dire di essere vincolata e ostacolata nella stesura del proprio piano di attività estrattive se il Prae prevede che il piano provinciale delle attività estrattive deve essere conforme agli altri piani di programmazione e di utilizzo del territorio. Mi sembra una cosa logica: come può un piano delle attività estrattive non tener conto del Prg di un Comune? E se si prevede in quella zona un insediamento di attività sportive, con il piano provinciale delle attività estrattive vogliamo dire "lì ci va una cava"? I piani, in questo caso devono andare nella stessa direzione. E' inconcepibile che qualcuno pensi che il Pai (piano di assetto idrogeologico) che tutela il territorio, il dissesto idrogeologico sia sottoordinato al piano delle attività estrattive. Come è possibile sostenere questo? E' chiaro che i verdi non potranno mai avallare scelte di questo genere. Il piano delle attività estrattive non deve essere in contrasto con tutti gli altri piani di programmazione del territorio: né con il Prg, né con il piano di assetto idrogeologico, né con il Ptc né, tanto meno, con il Ppar.
Come vedete tutti questi ostacoli, tutte queste limitazioni, tutto questo voler penalizzare, secondo qualcuno, questa attività non esistono. E' chiaro che chi vuol tornare a prima della legge 71 del 1997, cioè alla deregulation totale è infastidito da questo piano, ma noi non ci stiamo a tornare alla deregulation pre-1997, perché abbiamo visto che cosa ha comportato al territorio, le ferite sul territorio. Abbiamo visto che nella deregulation solamente i furbi o chi era vicino a qualche forza politica riusciva ad attivare la propria iniziativa estrattiva e gli altri no. Ebbene, ci debbono essere regole uguali per tutti, dal pesarese all'ascolano. E quando diciamo questo non lo diciamo per interessi nostri particolari, né tanto meno politico-economici.
Voglio dire al collega Gasperi che il sottoscritto non è stato mai iscritto in nessun libro paga dei cavatori.
E' chiaro che con la legge 71 del 1997 si sono posti dei vincoli e rispetto a quei vincoli non retrocediamo, rispetto a quelle regole uguali per tutti non retrocediamo. Abbiamo dimostrato questa responsabilità politica per andare a un punto di equilibrio, tanto è vero che abbiamo anche dato la possibilità ai privati di rinaturalizzare le cave che non si sono rinaturalizzate nel tempo. Abbiamo detto "diamo la possibilità ai privati che vogliono intervenire per rinaturalizzare — ovviamente nessun privato va a rinaturalizzare se non c'è una escavazione, quindi un guadagno: abbiamo capito questo, perché non viviamo sulla luna — di poterlo fare nei limiti dei vincoli che ci sono e delle garanzie ambientali". E questo l'abbiamo proposto noi verdi. Ovviamente ci deve essere una verifica, perché noi vogliamo essere sicuri che quanto è avvenuto in passato non si ripeta. E vogliamo che ci siano i controlli, i sopralluoghi accertativi.
Voglio dire a qualche collega: sapete che con l'articolo 18 della legge regionale 71/97 i progetti di estrazione erano abbinati al recupero della stessa cava? Quindi arriva il progetto, contestuale il recupero. L'articolo 18 prevedeva di verificare se dal 1997 in poi queste nuove autorizzazioni che prevedevano l'escavazione e il contestuale recupero ambientale, erano conformi. Sapete che negli ultimi tre anni su 38 verifiche da parte della Regione circa la conformità dell'autorizzazione all'attività estrattiva, sono risultati ben 32 casi non conformi? Solamente 6 sono risultati conformi alle autorizzazioni date dalla Regione. Noi non vogliamo questo, vogliamo che tutti e non solamente 6 attuino l'attività estrattiva nel rispetto delle regole. Noi vogliamo il rispetto delle regole per tutti, senza penalizzare alcuno, perché in questo caso sono penalizzati coloro che sono rispettosi delle regole. Noi non vogliamo questo, noi vogliamo che non ci siano penalizzati, vogliamo che tutti siano rispettosi delle regole. Per questo chiediamo che ci sia il controllo.
Se tutto ciò è scandaloso, dico che o non si è letto bene il piano delle attività estrattive o si è in malafede come ho detto al collega Gasperi.
Ritengo che questo piano sia equilibrato. Per quanto riguarda il passaggio in Commissione dei piani regionali ritengo che non ci sarebbe stato nulla di scandaloso se i piani, ritornati in Giunta, fossero passati attraverso un parere della Commissione competente. Non vedo questo grande dramma del coinvolgimento di una Commissione competente per verificare la compatibilità di qualche punto di qualche piano provinciale. Quindi non condivido l'emendamento presentato, ma ritengo che anche passando questo emendamento la Giunta saprà garantire il rispetto delle regole per tutti.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Noi valuteremo il voto da dare a questa proposta di atto amministrativo dopo l'esatta valutazione sull'accoglimento o meno di alcuni emendamenti. Una cosa è certa: intendiamo sfuggire alla divisione di questo Consiglio regionale tra i propugnatori della deregulation forsennata e i sostenitori dei "bucatori" a tutti i costi, tra gli sfruttatori dell'ambiente e i grandi paladini dell'ambiente. Se riduciamo le nostre diversità di opinioni a due fazioni di questo tipo, sicuramente ci presenteremo alla comunità marchigiana in maniera inadeguata. La verità è che questo clima anche di tensione su questa vicenda origina dal fatto che ci troviamo di fronte a un settore che in qualche modo è indietro, è stagnante per quanto riguarda l'organizzazione delle imprese, le attività delle imprese. Abbiamo visto quali sono i motivi, sicuramente c'è un'ansia che deriva dal lavoro, che in questo settore sta andando indietro, deriva dal fatto che c'è quell'importazione di cui parlava Gasperi, che sicuramente è un dato anomalo per la nostra regione in termini di quantità e di qualità. Deriva dal fatto che i nostri lavori pubblici, anche i lavori di edilizia privata, di risanamento risentono della stagnazione di questo settore. Tutto questo ha generato un'ansia molto legittima.
Il contraccolpo rispetto all'esigenza di organizzare questo settore, che in parte nella proposta di atto amministrativo viene recepita, è che si intravede nella legittima organizzazione e programmazione di questo settore quasi un possibile attentato alla tutela dell'ambiente e quindi, in qualche modo, una minaccia per il nostro ambiente.
Se queste sono le fazioni in atto, non credo di poter prendere le difese dell'uno o dell'altro, perché non mi pare che questo sia il problema. Il problema è un altro: se la Regione Marche nella sua programmazione ha l'esatta cognizione del fabbisogno, di quello che serve per l'economia marchigiana e per le imprese di questo settore nelle Marche — anche oggi abbiamo parlato di tutela di un certo tipo di imprese e nel programma anche dell'Esecutivo c'è questa esigenza — non vedo perché si grida allo scandalo se un certo tipo d'impresa che lavora nel settore delle cave si cerca in qualche modo di tutelarla, comunque di dare pari condizioni di attività su tutto il territorio e pari condizioni rispetto ad altre regioni. Non mi pare assolutamente uno scandalo in termini di programmazione della nostra economia.
L'altro aspetto è che occorre sicuramente un chiarimento nei rapporti gerarchici tra le fonti e le programmazioni urbanistiche, perché attualmente c'è un contrasto continuo, una mancanza di programmazione e di concertazione che getta qualunque imprenditore, ma anche i tutori dell'ambiente di fronte allo sconforto. Non c'è alcuna certezza. Questo contrasto deve assolutamente essere sanato come la tendenza, sia in alcuni emendamenti dell'Upi, sia in altri emendamenti che ho visto in giro, di passare sopra i Comuni. Per esempio per la nostra forza politica Ccd-Cdu questo non è possibile, quindi l'invito che facciamo nella trasposizione di norme e principi in questo atto amministrativo ma anche nella gestione successiva, se abbiamo sempre parlato di Comuni come primo livello di programmazione, di autonomia, di autooorganizzazione, non possiamo passare sopra le teste dei nostri amministratori locali. Quindi invito i colleghi della Regione ma anche le Province a tener conto di questo, pure nei limiti di cui parlava D'Angelo relativamente al rispetto del Ppar. Credo che questo sia possibile, in qualche emendamento noi abbiamo inserito questi aspetti di chiarificazione senza alcuna tentazione polemica, quindi credo che sia possibile dare uno strumento agile, snello, che consenta una programmazione nel rispetto delle esigenze d'impresa che riguardano il lavoro, la nostra economia in un aspetto essenziale che attualmente è abbastanza degradato, ma che vuol ridare anche un rilancio di qualità all'ambiente.
Non mi pare di dire una cosa scandalosa se affermiamo che rispetto ad altre regioni che hanno la morfologia, la tipologia, lo standard di territorio e di economia simili alle Marche, la nostra non è la regione più devastata. Da Pesaro ad Ascoli non mi sembra che le ferite sul corpo territoriale delle Marche siano talmente devastanti come possiamo notare in altre regioni. Questo non è un principio su cui ci si possa adagiare, però mi pare che possiamo con armonia, concertazione tra i diversi poteri e tra le diverse gerarchie delle fonti normative ed urbanistiche, organizzare una programmazione che vada incontro anche ai fabbisogni e alle esigenze di tutela dell'ambiente.
A questo crediamo, quindi invitiamo nella discussione degli emendamenti a una particolare sensibilità e al rispetto reciproco.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Quando sono entrato in quest'aula per la prima volta ho subito sentito parlare di piano cave e l'ho vissuto come chi pensava che questo fosse — ed è così — uno degli atti fondamentali che questo Consiglio regionale, questa maggioranza si sarebbero trovati di fronte.
Così in effetti è stato perché si è trattato di un lungo lavoro, la Giunta regionale ha licenziato questo atto circa un anno fa, questo atto è stato per lungo tempo in Commissione. Ascoltando qui i colleghi che insieme a me partecipano ai lavori della IV Commissione, in modo particolare il collega Brini, mi sembrava davvero di assistere a un'altra storia, completamente diversa rispetto a quella che ho vissuto in Commissione. Il collega Brini vorrebbe far credere a quest'aula e in modo particolare a chi ci ascolta e a chi sarà chiamato a stilare un resoconto dei nostri lavori, che non ci sia stata la dovuta attenzione rispetto a questo piano.
Non voglio ripetere le cose già dette, sulle quali concordo perfettamente, sia dal presidente della IV Commissione consiliare Martoni, ma anche, con dovizia di particolari, dal consigliere D'Angelo il quale, pur non facendo parte di quella Commissione ha partecipato attivamente ai lavori, ha dato il contributo che ha dato per arrivare alla stesura finale di questo atto.
Noi abbiamo vissuto questo atto quasi in modo scolastico, nel senso che ci siamo premuniti di invitare l'ufficio in diverse occasioni, il suo dirigente, i suoi funzionari e tutti coloro i quali fossero in condizioni di fornirci elementi per arrivare a un voto che rispondesse alla pienezza della conoscenza delle questioni che avevamo di fronte, quindi alla complessità delle questioni che avevamo di fronte, a spiegarci pedissequamente tutti i passaggi, a farci capire il perché delle osservazioni pervenute al piano, il perché le stesse erano state approvate, respinte, valutate. E l'abbiamo fatto in maniera puntigliosa. Abbiamo fatto ulteriori passaggi con la cartografia, quindi cercando di capire passo dopo passo quello che si stava facendo. Ora vengo in quest'aula e mi sento dire "questa Commissione, la sua maggioranza non ci ha dato la possibilità e l'opportunità di fare un lavoro che mettesse in condizioni i commissari di capire quello che stavano facendo, avete accelerato i lavori in modo tale per cui non ci fosse la possibilità di discutere attorno alle decisioni che andiamo a prendere". Le cose non stanno così.
Non voglio offendere nessuno, ma ci sono verbali della Commissione, e devo dire che nella gran parte dei lavori della Commissione stessa la maggioranza si è trovata sola a discutere, ad ascoltare, a prendere appunti, a porre questioni rispetto alla materia che stavamo discutendo. Così come ci siamo trovati soli nell'ultimo incontro della Commissione in cui, con motivazioni per la verità un po' subdole, si è cercato in tutti i modi di trovare un éscamotage, una motivazione per uscire dall'aula, quindi per evitare di prendere posizione nel merito.
Vado velocemente perché non voglio annoiare nessuno inoltre molte delle questioni che avrei voluto porre sono già state poste dai colleghi e quindi non le ripeto.
Questa famosa questione dell'emendamento Franceschetti: per un verso ci si dice "voi non avete ascoltato le ragioni, in modo particolare della Confindustria". Credo che questa sia la sirena che suona forte oggi, in quest'aula, tant'è che la stessa Confindustria acquista intere pagine di giornale. La Confindustria è stata ascoltata in diverse occasioni. La Confindustria ha chiesto anche incontri specifici e particolari a tutti i presidenti di gruppo della maggioranza e non solo, per chiarire le proprio questioni. Non so chi ha concesso e chi non ha concesso questi incontri, ma sono stati ascoltati tutti gli interlocutori. L'Upi è stata ascoltata in diverse occasioni, e per la verità lunedì scorso l'Upi ha invitato tutti i presidenti di gruppo a confrontarsi. Anch'io debbo dire, rispetto all'emendamento Franceschetti, che tutto sommato avrei lasciato le cose come stanno, ma non ne faccio un dramma, penso che davvero rispetto alle deroghe, siccome si va in deroga a quello che la Regione Marche ha stabilito, è del tutto logico che quell'atto ritorni a chi ha la potestà di decidere rispetto ad alcune questioni, quindi ritorni quanto meno in Giunta. Ma abbiamo fatto questo passaggio dopo avere ascoltato l'Upi, quindi abbiamo cercato fino in fondo di raggiungere un compromesso alto e nobile che tenesse conto degli interessi di tutti.
So bene che attorno a questo argomento — questo era uno dei punti che mi ronzava in testa fin da quando sono entrato in quest'aula — si muovono tanti interessi, si muovono interessi del settore, quindi interessi economici che credo di poter dire che abbiamo tutelato, ma si muovono altrettanti interessi di coloro i quali vogliono garantire un ambiente che possa essere definito tale in termini di qualità. Credo che questo compromesso nobile che volevamo raggiungere l'abbiamo raggiunto.
Sono andato a verificare i dati ufficiali che abbiamo. Non vorrei pensare che non siano quelli reali, ma se qualcuno mi dice cosa diversa arrivo a pensare anche cose diverse. I dati ufficiali che abbiamo, forniti da un istituto ad hoc di Bologna, ci dicono che abbiamo un'escavazione di 3.600.000 metri cubi di prodotto marchigiano, oltre a 800.000 metri cubi di prodotto importato, per un totale di 4,5 metri cubi circa. Ora fissiamo il quantitativo totale, ripartito fra le quattro province, a 5 milioni di metri cubi, quindi qualcosa come oltre il 10% in più rispetto a quanto è stato valutato come necessità del settore. Ma allora dov'è lo scandalo? Dagli interventi fin qui fatti, in modo particolare da parte dei colleghi che assieme a me fanno parte della Commissione non ho capito ancora quale sia l'oggetto del contendere. Quello che ho appena detto non può essere, a meno che me lo motiviate. L'altro ve l'ho spiegato poco fa: non si può dire tutto e il contrario di tutto. Si chiede il confronto, il confronto lo si attua, alla fine del confronto si raggiunge un compromesso alto e nobile, dopodiché si rinfaccia la cosa completamente inversa, cioè "perché l'avete fatto?". Delle due l'una: l'abbiamo fatto e abbiamo trovato un compromesso, che può anche non essere apprezzato appieno, ma un compromesso è tale perché trova motivazioni nelle due parti.
A me pare che in questo caso abbiamo davvero raggiunto il compromesso che in ogni atto si deve raggiungere. L'abbiamo raggiunto su una materia particolarmente delicata, e ricordo bene che al momento del licenziamento della legge principale, la 71 ci furono problemi grandissimi, manifestazioni degli imprenditori del settore legate al fatto che c'erano degli interessi reali che noi, peraltro, vogliamo tutelare. Pensate se non vogliamo tutelare i circa 700 lavoratori del settore. Certo che vogliamo farlo. Allo stesso modo vogliamo tutelare le ragioni di 1.450.000 cittadini di questa regione che hanno il diritto di trovarsi comunque di fronte a un ambiente che risponda a questo nome.
Questo era il nostro impegno, questo impegno è stato assolto, noi abbiamo garantito entrambe le esigenze che venivano dalle parti, quindi a me pare di poter dire che quest'aula è in condizioni fin da questa sera di licenziare un atto che risponde a quell'atteggiamento che ci eravamo dati, che risponde a quei principi essenziali che questa maggioranza si era data rispetto a questioni di questo tipo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Sarò brevissimo, perché tutto quello che doveva essere detto stato detto con proprietà dal relatore di minoranza consigliere Brini, quindi devo aggiungere pochissimo se non ribadire un giudizio: che da parte di questa maggioranza si è voluto soffocare il dibattito. Questa può sembrare un'affermazione strana, anche in Commissione ho sentito dire "ma come, da una parte ci vengono formulate accuse perché è tantissimo tempo che il piano è in gestazione, quindi dire che non c'è stato il tempo per approfondirlo ci sembra una posizione inopportuna". Certo, dipende da come abbiamo speso il tempo, tutto è legato alla qualità. Rispetto alla nostra proposta avanzata in Commissione dai commissari Brini e Trenta, che il piano fosse con il marchio di una concertazione ufficiale, il dato è incontestabile. Noi abbiamo chiesto che il lavoro dei commissari fosse in qualche modo posto a verifica con le parti interessate, quindi con quel mondo che rappresenta...

PIETRO D'ANGELO. E' stato fatto.

ROBERTO GIANNOTTI. Non è stato fatto in maniera adeguata. Non è sufficiente fare un'audizione di mezza giornata per affermare che si è rispettato il principio della concertazione quando tu stesso sai che rispetto a quelle cose sono state introdotte, attraverso una serie di maxi emendamenti una serie di modifiche che hanno di fatto cambiato la struttura del piano.
La verità è che c'è stata una concertazione sotterranea, c'è stato un rapporto, un contatto dal quale forse tu sei stato escluso, collega D'Angelo, evidentemente non per colpa tua, che ha definito alcuni obiettivi. E mancato però il timbro ufficiale. Questo non lo dice Giannotti, non lo dice Brini, lo dicono gli industriali quando accusano la Giunta e la maggioranza di essere latitanti rispetto al tentativo di concertare un piano adeguato alle esigenze delle Marche.

PIETRO D'ANGELO. I 5 milioni di metri cubi non scaturiscono da una concertazione?

GIULIO SILENZI. Siamo uomini liberi, Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. La libertà si misura sempre. Può darsi che la verità sia tutto l'opposto di quello che tu affermi: che siete uomini non liberi, ma che si è molto attenti ad alcuni interessi di parte, non agli interessi della generalità degli imprenditori del settore, il che è diverso. Non so se questo è schiavitù dal potere o libertà: lascio a lei una riflessione che può fare benissimo questa sera.
Questo piano nasce — ed è un dato oggettivo — privo di un consenso sociale, fatto salvo quello che è stato detto: il consenso del sindacato. Certo non è poco, io non sono per delegittimare nessuno ma non sono nemmeno per sopravalutare qualcuno. Non credo che rispetto a uno strumento come questo, che in qualche modo deve governare la gestione del territorio, ci si possa sentire appagati dal consenso delle organizzazioni sindacali. Credo che la responsabilità di una Giunta regionale che ha la pretesa di rappresentare gli interessi generali di questa regione richiedesse quanto meno una vera forma di concertazione con le parti interessate.
Questo piano è privo del consenso istituzionale. Basta leggere la lettera inviata dall'Upi il 12 marzo del 2002 — non mi risulta che l'Upi sia una associazione eversiva o comunque egemonizzata dal centro-destra — per rendersi conto come esprima un giudizio estremamente pesante rispetto al piano. Si può polemizzare quanto si vuole sulle prospettive elettorali del presidente dell'Upi, ma oggettivamente se andiamo a leggere le osservazioni, le critiche pesantissime rivolte dall'Upi, credo che ne derivi questo giudizio che noi diamo.
L'esigenza che il consigliere Brini in particolare aveva posto in sede di Commissione, che si desse luogo ad audizioni vere e non formali credo che oggi si richiami come un'esigenza giusta, come un'esigenza legittima che voi avete in qualche modo disatteso. Peraltro, per mia fortuna io ho partecipato a quella seduta della Commissione trovando una blindatura rispetto alla proposta, che mi faceva pensare ad una logica: siccome la maggioranza aveva trovato comunque un punto di equilibrio rispetto al pacchetto delle proposte, delle modifiche non c'era più spazio per nulla. Da qui la decisione di chiudere la discussione in Commissione, da qui la scelta di arrivare a pretendere che il piano fosse discusso nella seduta del 27 rispetto alla nostra proposta di avere tempo per metabolizzare anche il maxiemendamento che avevate presentato e quindi di rinviare la seduta al 10 aprile, che non avrebbe fatto torto a nessuno. Rimane il fatto che probabilmente questo piano risente di una logica politica, cioè risente del raggiungimento di un equilibrio fra le diverse anime del centro-sinistra: fra l'anima rigorista, ambientalista che in qualche modo chiedeva uno strumento che fissasse regole, non dico precise ma accentuasse il sistema vincolistico, e l'anima di chi era più disponibile ad affrontare il nodo vero del problema, che mi sembra debba essere ricondotto, intanto, alla scelta di una risposta al fabbisogno regionale.
Da tempo si discute di questo aspetto, si discute della carenza di materiali che crea condizioni oggettive di difficoltà alle aziende che operano nel settore edile, si discute della concorrenza e della invadenza di materiali provenienti da altri Paesi e da altre regioni, guarda caso, anche qui, attraverso un veicolo targato politicamente, cioè le grandi centrali cooperative, quindi un piano che non risolve. Certo fa fare un passo in avanti, perché il passaggio a questa dimensione di quantità di materiale scavabile è un passo in avanti, ma certamente non tiene conto delle esigenze vere.
Un piano che non affronta il problema della qualità del materiale che in qualche modo veniva sollecitato potesse essere localizzato nel territorio regionale. Quindi un piano che non risponde alla prima domanda che veniva posta dalle imprese del settore, un piano che appesantisce, comunque rende più difficili i meccanismi di svolgimento di questa attività attraverso l'appesantimento di alcuni vincoli, attraverso l'intreccio fra i diversi strumenti che in qualche modo insistono: i piani regolatori dei Comuni, il Ppar, tutta una serie di questioni. Un piano che non affronta e non dà un contributo oggettivo alla qualificazione delle imprese del settore estrattivo. Anche questa era una partita che un Governo che vuole dirsi tale poteva affrontare, dando un contributo alla qualificazione delle aziende del settore. Un altro passaggio importante che mettesse la nostra Regione alla pari con altre Regioni del nostro Paese.
Questo piano noi non lo votiamo, consigliere Franceschetti, se rimane così. Questa sera concludiamo il dibattito generale, c'è ancora spazio per un ripensamento da parte della maggioranza per recepire le proposte che il consigliere Brini e i nostri commissari hanno formulato, c'è tempo per ripensare o comunque rimodulare le proposte emendative alle esigenze che abbiamo posto. Se questa riflessione serve ad apportare migliorie, a far sì che questo piano sia dettato dalla realtà produttiva della nostra regione evidentemente saremo disposti anche a rivederlo, ma se il piano dovesse rimanere così com'è il nostro sarà un voto contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Voglio fare due sole considerazioni, perché il relatore nonché presidente della IV Commissione ha illustrato nel dettaglio tutti i punti e i nodi essenziali di questo piano, integrati poi dagli altri interventi dei colleghi di maggioranza. Voglio fare una considerazione di carattere più generale e una più di merito.
Penso che dobbiamo salutare, al di là della questione di merito, il fatto che per la prima volta la regione Marche sta per avere un piano regionale delle cave mi auguro, se possibile da questa sera, e comunque in tempi strettissimi, perché noi andiamo ad intervenire dopo l'approvazione della legge 71/97 in un settore che come tutti sappiamo è particolarmente delicato in questa come in tutte le regioni del nostro Paese.
Concordo con quanto diceva D'Angelo nel suo intervento: credo che questo piano, frutto anche di una discussione approfondita in Commissione e fra le forze politiche, riesce a stabilire un giusto equilibrio tra due questioni importanti. Da una parte la difesa e la salvaguardia dell'ambiente, e vorrei ricordare questo aspetto che non è secondario, perché tutto il materiale che andremo a estrarre nel nostro territorio non sarà più rinnovabile se non in secoli e secoli di storia. L'altro punto di equilibrio che è stato trovato è quello di dare una risposta a un settore produttivo importante per il numero di addetti — oltre 600 — che lavorano all'interno di quel settore e per lo sviluppo più complessivo della nostra regione.
Ormai sono oltre vent'anni che in diverse occasioni questa Regione cerca di darsi un piano regionale delle cave senza mai riuscirci per diverse ragioni, dagli anni '80. L'approvazione di questo piano fa uscire questa nostra regione da una situazione di incertezza, di precarietà, fa uscire anche il settore produttivo delle attività estrattive da questa situazione di incertezza e di precarietà, perché questo piano stabilisce le cose che è possibile fare e quelle che non sarà possibile fare; definisce in maniera chiara i quantitativi provincia per provincia. Non ripeto le cose che diceva già Amagliani e il modo come si è arrivati all'individuazione di quei quantitativi, con metodi non campati per aria ma scientifici, riprendendo le stesse dichiarazioni che sono state fatte dai gestori di questa attività produttiva e tenendo conto che in questo periodo è venuto avanti anche un fenomeno nuovo rispetto al passato, quello dell'importazione di materiali.
Non so se questo sviluppo delle importazioni dalla Croazia e da altre regioni italiane sia dovuto al fatto che per tutto un periodo di tempo in qualche modo il settore ha vissuto in una sorta di precarietà e anche di blocco parziale; non so se deriva da questo o da altre ragioni e da altri fattori legati soprattutto al costo diverso che c'è fra il materiale della nostra regione e quello che viene importato da altri Paesi come la Croazia in modo particolare. Lo verificheremo nel corso dei prossimi mesi e dei prossimi anni quando il piano regionale sarà in vigore.
Un altro punto importante è che questo piano mette in attività altri interventi di altri livelli istituzionali. Penso in modo particolare alle Province che a loro volta, sulla base degli indirizzi di questo piano dovranno elaborare i propri programmi.
Non credo che l'approvazione di questo piano risolva tutti i problemi. Un piano è uno strumento che avrà bisogno di essere applicato, di essere monitorato nel raggiungimento o meno degli obiettivi, probabilmente nel tempo dovrà essere modificato e aggiornato in base alle esigenze, così come non è escluso che debba essere aggiornata e modificata la stessa legge 71 in base ai cambiamenti.
Oggi poniamo, con l'approvazione del piano regionale delle cave un punto fermo, utile.
L'altro aspetto che voglio sottolineare è che c'è stato in tutta questa fase della discussione in Commissione, un arricchimento della proposta rispetto a come era partita a livello di Giunta. Certo, questo arricchimento che c'è stato è il frutto di un lavoro che ha fatto la maggioranza, collega Brini, perché da parte dell'opposizione in Commissione non è venuto alcun contributo e non è assolutamente vero che non c'è stato il tempo per portare questo contributo; di tempo ce n'è stato tanto, per tutte le volte che in Commissione abbiamo discusso di questa cosa, con le audizioni ripetute: per esempio gli industriali li abbiamo sentiti nell'audizione generale e poi in una audizione solo con Confindustria Marche. L'illustrazione del piano è durata diverse sedute di Commissione, e voi sapete che quando abbiamo presentato gli emendamenti come maggioranza, abbiamo deciso di illustrare gli emendamenti stessi e, dopo una settimana — per dare il tempo all'opposizione di approfondire quegli emendamenti — arrivare all'approvazione del piano. Quindi non è vero che non c'è stato tempo, io dico che non c'è stata la volontà da parte dell'opposizione di dare un contributo, non so per quali ragioni: forse perché la tematica è scottante, forse per altre ragioni. Ma il problema vero è che da parte dell'opposizione, almeno nelle riunioni della Commissione non è venuto alcun contributo fattivo. Questo va detto nella maniera più esplicita.
Credo che gli emendamenti che la maggioranza ha approvato in Commissione non risolvono tutte le richieste che sono venute dagli altri livelli istituzionali, dalla Confindustria, da altri soggetti che abbiamo ascoltato, però danno diverse risposte a quelle richieste, intanto per un riequilibrio rispetto ai quantitativi, una richiesta specifica venuta da parte dell'Upi per non penalizzare eccessivamente una provincia come quella di Ascoli Piceno che all'interno del plafond complessivo dei 5 milioni di metri cubi aveva la parte meno rilevante e minimale, con 555.000 metri cubi. E' stata quindi data risposta a un problema di riequilibrio. Io ritengo che è stata migliorata la questione relativa al rapporto che deve intercorrere tra il piano regionale, quelli provinciali e il Prg comunali, con l'emendamento che è stato qui illustrato e che non riprendo. E' stato avviato un confronto anche con gli altri livelli istituzionali. L'emendamento da me presentato di cui tanto si discute, lo motiverò nel merito in sede di votazione, tuttavia è il frutto di un confronto e di un equilibrio che è stato richiesto dall'Upi a tutti i presidenti di gruppo, non solo di maggioranza. Ma a confrontarsi con l'Upi, in quell'occasione, sono stati solo i presidenti di gruppo della maggioranza, non abbiamo visto esponenti dell'opposizione confrontarsi su quella questione. Ed è stato un punto di contatto più avanzato che non stravolge la filosofia del piano ma che è un passo in avanti nel rapporto tra i livelli istituzionali.
E' vero che non sono date tutte le risposte, ma anche sulle questioni più specifiche, alcune risposte a delle richieste che venivano anche dalla Confindustria sono state date. Sarebbe sbagliato non riconoscerlo. Per esempio è stata allargata la fascia dei materiali di scarsa reperibilità con l'introduzione di altro materiale, soprattutto individuato nelle province di Pesaro, Ancona e Ascoli Piceno, come la scaglia rossa e altri tipi di materiale. E' stata vietata l'escavazione nei crinali di terzo grado. E' stata modificata la stessa normativa che riguarda le cave dismesse, rispetto alla proposta iniziale della Giunta.
Il lavoro che è stato fatto, di cui va dato merito alla Commissione, in primo luogo al presidente della stessa, è un buon lavoro che da oggi dà delle certezze in più in un settore particolarmente delicato che coinvolge da una parte la questione della difesa e della tutela ambientale, dall'altra parte la questione relativa allo sviluppo di questa nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Sarebbe troppo semplice aprire il mio intervento affermando senza tema di smentita "noi l'avevamo detto". Sarebbe troppo semplice, non lo faccio, però devo ricordare a quest'aula quali e quante osservazioni, riflessioni, sollecitazioni noi proponemmo in maniera chiara, anche attraverso emendamenti, all'epoca del varo della legge 71. Dico "noi", perché l'intera Casa delle libertà a quell'epoca disse che si trattava di una legge piena di passaggi assolutamente in grado di non essere rispettati, né colti sotto un duplice profilo: sotto il profilo formale (rispetto dei tempi, rispetto dei termini ivi previsti, rispetto degli adempimenti), sotto il profilo sostanziale: la legge 71 non andava, in realtà, a regolamentare un bel nulla, a programmare un bel nulla ma a bloccare un settore ritenuto da tutti — io dico da coloro che poi votarono la legge 71 in maniera ipocrita, da noi in maniera sincera — delicato sì ma importante, strategico. Cosa sono le attività estrattive se non il primo tassello di una catena, di una filiera che arriva poi alle infrastrutture, all'edilizia, a tutte quelle che sono le attività forse più importanti della vita economica e sociale del nostro territorio? Il primo tassello, perché sono quelle imprese che danno poi sostanza, prodotto, qualità a tutta una serie di attività e di investimenti sociali ed economici del nostro territorio.
Perché affermo questo? Perché la legge dal 1997 ad oggi ha evidenziato in maniera clamorosa i suoi difetti, lo ha fatto in maniera anche fragorosa, perché c'è voluta anche una leggina di modifica che addirittura superasse una situazione paradossale — mi riferisco alla legge 33 — nella quale non c'era né il regime transitorio né quello definitivo, perché il regime transitorio aveva completato il suo percorso, il definitivo non era ancora stato avviato perché non vi era ancora neppure una bozza, oppure si stava già ragionando negli uffici ma non vi era ancora una proposta scritta o delineata di piano delle attività estrattive. C'era allora una situazione paradossale nella quale una legge che doveva servire a regolamentare le attività in realtà la impediva, la chiudeva, la faceva cessare quell'attività di estrazione, delicata ma essenziale. Dovevamo essere pertanto sicuramente attenti, ma non al punto da dire che non si poteva più estrarre neppure un chilo, un grammo, un etto di materiale. Non solo è stato clamoroso ma anche fragoroso, quindi, il fallimento dell'impianto, dell'impostazione. Cose che avevo personalmente evidenziato in maniera puntuale, precisa anche attraverso il suggerimento di modifiche che andassero comunque ad accogliere questa vostra volontà di pianificare, programmare dalla culla alla tomba tutte le attività del mondo. Benissimo, accettiamo questa sfida, però facciamola in maniera intelligente. Facemmo allora tutta una serie di emendamenti in grado di correggere e di garantire un minimo di elasticità, di impostazione, di realistica previsione di quelli che dovevano essere non solo le scadenze, gli ampliamenti, i termini ma anche i contenuti.
Altro che 180 giorni entro i quali doveva essere fatto il piano cave: arriviamo oggi a 5 anni! Ci arriviamo in maniera sofferta perché questa cosa che vuole che si programmi, che si pianifichi tutto, che si vada a scendere in ogni dettaglio, poi si ritorce contro coloro che la propongono, perché è veramente una spirale intorno alla quale si avviluppano tutti: i soggetti coinvolti, i territori, le Province, i Comuni, i piani che già vi sono e vi erano, i vincoli che già vi sono e vi erano e sopra i quali sono stati fatti altri vincoli, le possibili deroghe se, quali, quante ecc.
Tutto questo è stato affrontato con grande sofferenza, comunque in Commissione è arrivata una proposta che a sua volta ha avuto un iter assolutamente travagliato perché è stata riformulata, rivista più di una volta, anche con interventi ultimi in "zona Cesarini". Le volontà di confronto sono state molte volte penalizzate, anzi nella maggior parte dei casi, perché audizioni stanche, rituali che si ripetono e sostanze che non cambiano. Questa è la situazione che si è venuta a creare in tante occasioni.
Speriamo che gli emendamenti, le proposte di modifica possano essere accolti, nella prossima seduta e speriamo che si abbia anche tempo e spazio di riflessione ulteriore. Faccio quindi una sintesi in generale.
Questo non è un piano di settore, non prende in considerazione le reali esigenze, i fabbisogni tutti sottostimati. Non si può allora parlare di piano di settore. Clamorosa è la situazione di Ascoli Piceno, una sollecitazione venuta da tutti.
Il piano cave in realtà è un altro ulteriore piano di difesa del territorio e dell'ambiente, non delle attività e di regolamentazione delle stesse, ha introdotto ulteriori vincoli, però gli estensori hanno dimenticato che la vincolistica era già presente non solo nella legge 71 ma anche nei piani sovraordinati, cioè il Ppar, il Ptc. Questa è un'altra ulteriore introduzione surrettizia dei vincoli.
L'individuazione delle aree o zone di escavazione è virtuale, lo denunciano le Province, non lo fa Fabio Pistarelli consigliere di An. Le Province, infatti, non hanno più neppure il potere di deroga anche per i materiali di difficile reperimento. Altro che correttivi, Franceschetti! Più precisamente, possono individuare nuove aree, devono però passare al giudizio della Regione. Non hanno quindi alcun potere reale decisionale, il giudizio finale è regionale. L'Upi ha formalizzato il suo attento esame di questa situazione.
Comunque altro che centralismo del Governo Berlusconi : cui c'è un fortissimo neo-centralismo regionale, stiamo parlando di cose tangibili. Da che pulpito si parla di "rischi di centralizzazione", come abbiamo letto ieri sui giornali con cronaca dei nostri lavori regionali! In realtà la centralizzazione si ha con questi passaggi, con questo neo-centralismo regionale non voluto da alcuno, non auspicato da alcuno, anzi contrario a quelli che sono i peri, le potestà, i doveri dell'istituzione regionale che deve dare le grandi linee e poi lasciare ai territori.
Le osservazioni formalizzate non solo dalle Province ma anche dai Comuni, dalle associazioni di categoria, dalle stesse associazioni ambientaliste sono state oggetto di accoglimento del comitato per il territorio, poi di bocciatura completa e totale in Commissione. Sono venute osservazioni da tutte le istituzioni, compresi gli ambientalisti, che erano passate al vaglio dei tecnici i quali avevano detto che erano meritevoli di accoglimento e in Commissione sono state completamente disattese, se non dimenticate.
Questo piano non si preoccupa dello sviluppo, del lavoro, dell'occupazione, degli operai che lavorano nel settore, centinaia. Nella stesura del piano ci si è preoccupati solo di ammaliare le forze che hanno sempre fatto l'occhietto alla sinistra (forze ambientaliste), ci si è più preoccupati di comunque conservare un successo, diciamo noi, lontano dal consenso popolare, un consenso di nicchia perché si continua a sostenere che le cave rappresentano solo ed esclusivamente una ferita, un taglio del territorio, un grave impatto ambientale della legge ricalcata in questo piano. Questo atteggiamento, rispetto ad una attività dell'uomo, rispetto in generale ad un'attività di impresa è tipico della sinistra. Guardate cosa significa "ambientalismo" per la sinistra: parchi, chiusura, non si può fare più nulla. Questo atteggiamento è negativo, distruttivo, che non porterà assolutamente alcun beneficio, neppure alle battaglie ambientali, perché ambiente non significa espellere l'uomo e le sue attività, ambiente significa integrazione delle attività, l'uomo non espulso ma l'uomo parte integrante, l'uomo con tutte le sue dinamiche, le sue ricchezze di intraprendenza, di fare. Questo è. Perciò sono due visioni del mondo della vita che sicuramente troveranno punti di conciliazione, perché se questi sono i presupposti non verrà fuori, ancora una volta, da questi lavori, niente di buono, non solo per quel settore, ma in genere per la filosofia che sottintende le scelte della politica regionale, una filosofia negativa, distruttiva, mai protesa a costruire armonicamente e organicamente una politica di sviluppo e di futuro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. La Margherita dà un giudizio ampiamente positivo rispetto a questo piano di attività estrattive. Voglio brevemente sottolineare solo come il Consiglio regionale, con questo atto, in qualche modo conferma l'impostazione che già la Giunta regionale aveva dato a questa materia e che sostanzialmente si fonda su alcune scelte qualificanti. Nel merito ha già sufficientemente illustrato il relatore dell'atto, ma queste scelte qualificanti credo che vadano individuate nella decisione di prendere in considerazione il fabbisogno sulla base dei livelli di produzione, sulla base della produzione storica integrandola, dando un margine in più, che tenesse conto anche di trend evolutivi e non di una generica necessità previsionale. Altra scelta è quella di incentivare quanto più possibile il recupero sia delle cave dismesse che dei siti abbandonati e soprattutto anche il riutilizzo del materiale di risulta che deriva dalle opere pubbliche e il riciclaggio delle macerie, come la necessità di evitare quanto più possibile gli sprechi.
Un'altra scelta è stata quella di arrivare a un equilibrato rapporto tra le competenze della Regione e quelle delle Province e degli enti locali in un contesto di programmazione del territorio.
In sostanza la scelta è stata quella di arrivare ad un uso oculato del territorio da un lato e dall'altro di garantire e incentivare quanto più possibile un aumento e una maggiore capacità imprenditoriale degli addetti.
Fatte queste scelte qualificanti l'azione della Giunta prima e del Consiglio regionale poi è stata anche quella di prendere in considerazione tutte le possibilità, dato questo quadro, per estendere al massimo l'escavazione. Quindi la consultazione che ha fatto la Giunta e che la Commissione ha integrato, di tutti gli addetti, di tutte le parti in causa ha portato proprio a una serie di emendamenti che in qualche modo vengono ad allargare la possibilità di azione. Poi, come è stato ben detto anche dai colleghi, il piano ha una sua dinamicità e anche l'azione del Consiglio regionale, una volta che finalmente ci si è dotati di un piano del settore, potrà, in futuro, portare anche delle revisioni, dei ripensamenti o comunque alla verifica di quelle che sono state le scelte, quindi potremo in qualche modo adottare eventuali correttivi.
Da ultimo credo che vada sottolineato come questo piano è stato fatto all'interno dell'assessorato. E' anche questa una scelta qualificante che la Giunta ha voluto fare. Questo piano è il risultato di un lavoro portato avanti dai nostri tecnici che hanno dimostrato una grande professionalità, anche con la ristrettezza delle risorse numeriche da parte dell'assessorato, però credo sia un elemento positivo di valutazione che dobbiamo ascrivere a favore dell'assessorato stesso. Il supporto tecnico che anche i consiglieri hanno avuto da parte dei funzionari, dei dirigenti dell'assessorato stato un elemento di grande serenità, nel senso che possiamo dire che la professionalità e la capacità con cui ci è stato illustrato questo lavoro mette tutti i consiglieri nella condizione di poter dare un voto favorevole e con la piena coscienza che siamo di fronte ad un piano assolutamente equilibrato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

GIULIO SILENZI. Il gruppo dei Democratici di sinistra esprime una valutazione positiva rispetto al lavoro che il Consiglio regionale e la Commissione ha portato avanti per giungere all’approvazione di questo piano. Un lavoro lungo, faticoso, che doveva conciliare sensibilità diverse e che nel passato ha paralizzato l’attività regionale e non ha portato ad una sintesi condivisa.
Il fatto che oggi la maggioranza si presenti al Consiglio regionale ancora una volta dimostrando l’intelligenza politica di una coalizione che riesce a coniugare le necessità dello sviluppo, economiche alla tutela dell’ambiente e a trovare una sintesi condivisa da tutte le sue componenti politiche è un fatto che va sottolineato e che da parte nostra va valorizzato.
Vi sono stati contributi di consiglieri nella Commissione, che pur avendo sensibilità diverse hanno saputo dare una risposta che non paralizza, che riconosce dei bisogni ma nello stesso tempo riesce a non stravolgere la natura, l’ambiente. Questo è stato un lavoro importante. La cosa che non possiamo tacere è che in questi giorni c’è stata una campagna di stampa che non so quante decine e decine di milioni è costata, una campagna di pressione della Confindustria Marche, dei cavatori, della Consulta delle attività estrattive che ha acquistato intere pagine di giornale, che ha cercato di condizionare il voto in Consiglio, ma noi abbiamo già detto che siamo uomini liberi e sappiamo trovare la sintesi sugli interessi generali. Ci sono forze verso le quali non basta mai il risultato raggiunto, c’è sempre un qualcosa in più che è legato non solo a interessi economici ma anche ad interessi politici. Non possiamo tacere il fatto che sono state acquistate pagine intere di giornali nazionali e locali per dire — leggo testualmente — che il piano cave “appena licenziato dalla IV Commissione del Consiglio regionale è l’ennesima dimostrazione che la Giunta regionale e le forze di maggioranza sono incapaci di confrontarsi con il mondo produttivo e istituzionale”.
Questa è una frase non vera, una frase che alimenta un giudizio politico e non nel merito. Altri consiglieri hanno risposto nel merito: Franceschetti, D’Angelo, Amagliani, Benatti. L’uso politico di questo messaggio è da respingere. O Confindustria decide di fare politica in questa regione e di non entrare nel merito delle questioni per un attacco alla Giunta regionale e alla maggioranza del Consiglio regionale, e allora questo attacco lo dobbiamo respingere, non possiamo tacere, oppure nel merito delle questioni rispondiamo da quest’aula — perché non abbiamo le disponibilità finanziarie per poter occupare tutte quelle pagine di giornale — che siamo stati disponibili con i fatti al confronto e anche a recepire larga parte delle esigenze che venivano manifestate. Lo hanno fatto i gruppi consiliari, lo ha fatto la Giunta regionale, pertanto queste menzogne e queste forzature politiche, che hanno uno scopo politico vanno respinte e noi le respingiamo.
Sappiamo che non tutti la pensano così, anche dentro Confindustria. Noi vogliamo un confronto sulle cose da fare per questa Regione. Se c’è un pregiudizio politico questo va respinto e metteremo in campo azioni conseguenti, coerenti per respingere questo pregiudizio politico che purtroppo caratterizza la direzione di Confindustria nelle ultime manifestazioni che ha fatto di attacco frontale ingiustificato nei confronti della Giunta regionale e, più in generale, della maggioranza che governa questa Regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Spacca.

GIAN MARIO SPACCA, Vicepresidente della Giunta. L'atto che il Consiglio regionale oggi esamina è un atto molto complesso, che cerca di trovare la composizione di interessi e di motivazioni fortemente divaricati. In questo senso chi ha invocato una concertazione sa benissimo che questa intesa, come accordo completo e puntuale su tutti i punti che un piano come questo modula, sarebbe stata impossibile. In questa occasione è il Consiglio regionale che deve trovare nella sua identità la capacità di fare una sintesi politica, che di fronte a interessi così divaricati sappia rispondere non alle esigenze di qualcuno o di qualcun altro ma a quelle della comunità regionale nel suo complesso, ed è questa la linea che il Governo regionale ha inteso perseguire costantemente nel lungo iter di formazione di questo strumento.
Il piano regionale, se verrà approvato colmerà un vuoto normativo che permaneva da oltre vent'anni nella nostra regione. Noi ci siamo impegnati, come Giunta, in questa elaborazione per due anni, dopo non aver mancato anche il supporto dei soggetti che avevamo chiamato a offrirci un contributo positivo come la stessa università di Ancona la quale non ci ha fornito quei supporti tecnici che avevamo loro richiesto. Questo piano, come ha detto il segretario della Margherita è stato costruito con le energie dall'assessorato, del servizio e del Consiglio regionale, è stato costruito tutto all'interno della struttura istituzionale della nostra regione, con un grande impegno del servizio attività estrattive che merita un ringraziamento anche pubblico e ufficiale da questi banchi. Non è un piano improvvisato ma un piano lungamente elaborato dalla Giunta, su cui il Consiglio regionale ha potuto riflettere a lungo perché è stato trasmesso in Consiglio regionale un anno e un mese fa. Non solo, ma in questo periodo di tempo in cui il piano è stato all'esame dei consiglieri regionali, la Giunta ha organizzato anche delle sedute di approfondimento, dei seminari su questioni specifiche che afferivano a questo piano, su quelle più importanti, su quelle più complesse, e i consiglieri potevano maturare la loro riflessione anche in quelle occasioni. Quindi c'è stato il tempo per formarsi un'opinione compiuta. Se qualcuno se l'è fatta non è perché ha avuto una corsia preferenziale o ha avuto delle informazioni supplementari, è semplicemente perché è stato attento rispetto al naturale dispiegarsi del dibattito su questo strumento. Se qualcuno non è riuscito a fare questo è perché è stato disattento e forse poco interessato, salvo poi nell'ultima ora cercare di recuperare, proprio all'evoluzione di questa programmazione che si ritiene oggi così importante.
Credo che questo strumento di programmazione potrà consentire il libero svolgimento dell'attività economica in questo settore nella nostra regione, perché 5 milioni di metri cubi di materiale, come è stato dichiarato in diversi interventi non è una cifra che nasce per caso, è esattamente la elaborazione delle serie storiche dell'ultimo quinquennio del materiale estratto in questa regione, più le quantità importante, più una riserva che è stata utilizzata per compensare le esigenze delle Province che, guarda caso, qui vengono definite le più martorizzate, in modo particolare Ascoli Piceno che recupera una notevole quantità di materiale che oltrepassa proprio questa media quinquennale definita dalle serie storiche, che avrebbe portato la Provincia di Ascoli Piceno ad avere molto meno materiale.
Quindi 5 milioni di metri cubi corrispondono alle dichiarazioni che gli stessi imprenditori hanno reso rispetto alla loro attività in questo periodo. Se si dice che questo no è vero significa che si dà del menzognero a chi ha fatto queste dichiarazioni nel corso degli anni. E comunque la previsione di questi 5 milioni di metri cubi, secondo le valutazioni che sono state fatte, corrisponde al fabbisogno della nostra comunità regionale sulla base delle proprie esigenze di sviluppo e di crescita, sulla base delle previsioni economiche che riguardano i prossimi anni, e su questo potremo confrontarci qualora non rispondessero a queste esigenze nel prossimo futuro. D'altra parte questa è un'indicazione di carattere programmatico, non è fatta per voler penalizzare qualcuno né per voler mortificare qualcun altro, ma semplicemente per rispondere agli interessi della nostra comunità che da una parte vedono le esigenze dello sviluppo economico, dall'altra le esigenze sociali di salvaguardia dell'occupazione, dall'altra ancora quelle di valorizzazione e di tutela del territorio.
Un aspetto che ha interessato molto il Consiglio regionale questa sera è quello del rapporto con gli enti locali. Questo piano definisce degli indirizzi generali e delega agli enti locali la possibilità di programmare operativamente la propria attività, l'attività sul proprio territorio, quindi offre un'ampia autonomia. Naturalmente richiama anche una forte concentrazione fra tutti i livelli amministrativi, come ha detto molto bene il consigliere Massi nel suo intervento, perché c'è l'esigenza di definire una coerenza tra la programmazione urbanistica e territoriale dei Comuni, quella delle Province e le indicazioni programmatorie della nostra Regione.
Su questo punto c'è la massima criticità, perché la IV Commissione ha prodotto un emendamento che è stato dirompente nell'opinione sia degli operatori economici sia in quella delle istituzioni. Nel momento in cui è stato definito che nel caso in cui le Amministrazioni provinciali individuassero, per uno o più materiali di difficile reperibilità cartografati o non cartografati dal piano regionale per le attività estrattive, bacini utilizzando l'esenzione rispetto ad una o più prescrizioni in base alle Nta del Ppar, gli stessi bacini estrattivi avrebbero dovuto essere sottoposti al parere vincolante della Giunta regionale sentita la Commissione consiliare competente.
Questa valutazione della IV Commissione è nata per realizzare una ancora maggiore integrazione sul piano della concertazione istituzionale su un argomento che richiede una forte capacità di programmazione e di armonia tra le istituzioni. Questo elemento è stato dirompente, perché rispetto a questo elemento sono avvenuti cambiamenti di opinioni da parte degli operatori economici che erano sostanzialmente favorevoli a questo piano, e ce lo dobbiamo dire, perché la concertazione, il confronto comunque ci sono stati, e anche da parte delle autonomie locali.
Le verifiche e gli incontri successivi da parte della stessa Commissione hanno prodotto l'emendamento Franceschetti che costituisce la possibilità di un recupero della posizione delle autonomie locali rispetto al modo in cui la concertazione deve avvenire, e su questo, oggi, tutta la maggioranza si attesta. Questo emendamento consente il recupero della concertazione istituzionale tra i Comuni, le Province e la Regione. Naturalmente non ci consente il recupero degli operatori, ma è questa la risposta che viene data alle Province e alle autonomie locali per realizzare una forte concertazione istituzionale.
Al di là di questi aspetti non vorrei che si sottacesse quanta attenzione il piano regionale delle attività estrattive pone soprattutto alla qualificazione del settore, alla qualificazione dell'impresa che opera nel settore delle attività estrattive e alla salvaguardia dell'occupazione. Non è vero che quella che viene affermata con il piano regionale delle attività estrattive è la cultura del vincolo, anzi quella che il piano regionale per le attività estrattive afferma è la cultura del progetto che consente di superare il vincolo, anche il vincolo definito dal Prae quando questo risponde a un'esigenza della nostra comunità. E viene riconosciuto dagli organi che amministrano il territorio.
Quindi cultura del progetto che supera la cultura del vincolo, consente la qualificazione dell'impresa favorendo la nascita di poli produttivi, quindi il raggiungimento di soglie dimensionali di efficienza che qualificano l'impresa ed evitano la tentazione di speculazione in questo settore, favorendo la nascita e il consolidamento di imprese improvvisate.
Inoltre, questo piano incentiva l'innovazione tecnologica, sostiene la possibilità di introdurre tecniche di coltivazione innovativa che hanno trovato peraltro già riscontro e attenzione nella parte più illuminata dell'imprenditoria di questo settore e cerca, attraverso questa via, di limitare sprechi di materiale attraverso specifiche direttive che vogliono appunto la modernizzazione di questo settore.
Credo che ci sia la possibilità di approfondire ulteriormente la natura di un atto che è tecnicamente complesso e credo che se i consiglieri non hanno avuto ancora questa possibilità, dato che sicuramente non potremo andare avanti oltre la discussione generale su questa materia, rinviando a una prossima seduta del Consiglio regionale l'approfondimento degli emendamenti, potranno approfondire questi argomenti, perfezionando le loro opinioni e anche all'esterno di quest'aula si potrà comprendere quali siano le reali volontà e le reali possibilità che questo piano regionale per le attività estrattive consente. Non è stato fatto in nome e per conto degli interessi di qualcuno ma per gli interessi generali della nostra comunità, della comunità regionale.
Questo piano, questo schema di programmazione offre certezze a un settore che ha avuto fin troppe incertezze in questi anni, offre degli elementi di chiarezza che consentono all'impresa di esercitare la funzione più importante per se stessa, che è la strategia relativa al proprio sviluppo: avere elementi certi con cui fare i conti per strategie di lungo periodo.
Da questo punto di vista mi auguro che la pausa di riflessione che questa sera ci prendiamo in attesa di riprendere la discussione degli emendamenti sia foriera di meditazioni e di riflessioni che portino ad abbassare la tensione su questi argomenti e su questo argomento in modo particolare. Se poi qualcuno non vuole l'approfondimento nel merito delle questioni, ma anche al di fuori di qui ricerca uno scontro che ha una natura politica, a noi questa cosa non preoccupa né interessa, ognuno fa le proprie scelte. Noi, in questo momento nella nostra veste di rappresentanti del Governo regionale siamo unicamente preoccupati di offrire alla nostra comunità regionale un piano regionale delle attività estrattive che garantisca tutti: le imprese, i lavoratori che nelle imprese operano e tutti coloro che sono preoccupati della salvaguardia dell'ambiente in cui viviamo.

PRESIDENTE. Dagli orientamenti che sono emersi via via, mi pare che questo punto possa considerarsi concluso con il dibattito generale. Questo punto vedrà la sua conclusione in un prossimo Consiglio che convocheremo in aggiunta alla programmazione già stabilita, il giorno 9 aprile.




Proposta di legge (Discussione e votazione): «Integrazione della legge regionale 26 dicembre 1983, n. 41 sulle provvidenze in favore della popolazione di Ancona colpita dalla frana del 13 dicembre 1982» Giunta (103)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 103 ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Benatti

STEFANIA BENATTI. Questa proposta di legge corrisponde alle richieste dei cittadini di Ancona che abitano o comunque frequentano i quartieri colpiti dalla frana del 1982. La legge regionale 41 del 26 dicembre 1983 approvata un anno dopo l'evento franoso prevede provvidenza per i proprietari di edifici rientranti nel perimetro della zona della frana. Ai fini della concessione di queste provvidenze tutti gli edifici compresi nell'area interessata dalla frana sono stati dichiarati dalla legge 41 distrutti, da demolire o inagibili. In realtà alcuni edifici, pur ricadenti nell'area in oggetto presentano condizioni di stabilità tali che i proprietari richiedono una attestazione di agibilità.
Con questa proposta di legge il Consiglio regionale integra la legge regionale 41/83 e dà la possibilità al Comune di Ancona di accertare, su richiesta dei proprietari, le condizioni di stabilità dei singoli edifici e, conseguentemente, di rilasciare l'agibilità in deroga all'art. 1 della legge regionale 41.
Una seconda integrazione alla legge 41 prevede che il Comune di Ancona attivi un sistema di monitoraggio dell'area in frana con l'acquisizione in tempo reale dei dati, la predisposizione di un piano di emergenza.
Il monitoraggio e il pano di emergenza sono propedeutici all'accertamento delle condizioni di stabilità degli edifici e al tempo stesso rappresentano una importante garanzia di sicurezza per tutta la città in quanto comprendono misure di salvaguardia delle popolazioni interessate, ivi compresi il pre-allertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.
La Commissione si è espressa a favore all'unanimità.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso. Ha la parola il consigliere Ciccioli, per dichiarazione di voto.

CARLO CICCIOLI. Dichiaro voto favorevole e non faccio dichiarazioni su un atto che riteniamo dovuto, perché va nella direzione, si spera, di risolvere un certo contenzioso.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge.

(Il Consiglio approva)



Proposte di legge (Discussione e votazione):
«Modificazione della legge regionale 29 dicembre 1997, n. 76: Disciplina dell'agricoltura biologica» Giunta (69)
«Modifica alla legge regionale 29 dicembre 1997, n. 76: Disciplina dell'agricoltura biologica» Romagnoli, Castelli, Ciccioli, Gasperi, Novelli e Pistarelli (63)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le proposte di legge n. 69 ad iniziativa della Giunta e n. 63 ad iniziativa dei consiglieri Romagnoli ed altri.
Ha la parola il relatore, consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. La proposta di legge vuole integrare le disposizioni regionali relative all'agricoltura biologica per la parte che riguarda l'incentivazione dell'utilizzo dei prodotti nelle mense scolastiche. Si tratta di un provvedimento con il quale si intende incentivare il consumo dei prodotti biologici ed in particolare fare fronte a tutte quelle esigenze di formazione del personale, di informazione dei consumatori e dei genitori dei consumatori, perché parliamo di scuole in cui vogliamo incentivare il consumo dei prodotti biologici. Nel primo articolo prevediamo di concedere contributi a Comuni, aziende, Asl, scuole, case di cura private che sperimentano l'introduzione dei prodotti biologici nelle proprie mense, prevedendo la copertura fino al 50% dei costi per la realizzazione di iniziative di riqualificazione del personale di cucina nonché stampa di materiale divulgativo, quindi un intervento rivolto a soggetti pubblici e privati. Si tratta di un testo che unifica la proposta della Giunta regionale con quella presentata il 6 giugno 2001 a iniziativa dei consiglieri Romagnoli, Castelli, Ciccioli, Gasperi, Novelli e Pistarelli.
Nel testo base della Giunta si prevedevano anche degli interventi relativi all'incentivazione dell'uso, nelle mense pubbliche, delle carni bovine certificate provenienti da animali di razze da carne nati e allevati nel territorio regionale; si è ritenuto di sopprimere questo passaggio con un impegno da parte della III Commissione di inserire questa specifica azione all'interno del programma promozionale agroalimentare.
Il secondo articolo prevede che i contributi non possano essere cumulabili con quelli comunitari e statali aventi medesime finalità, quindi con una procedura di rito. Sostanzialmente la Commissione ha confermato la validità della legge vigente in materia di agricoltura biologica e ha inviato anche all'assessore e alla Giunta regionale la raccomandazione di garantire la copertura finanziaria a questo provvedimento di legge, sia per le nuove disposizioni che aggiungiamo sia per quelle esistenti.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. In Commissione abbiamo approfondito questa proposta e sono stati presentati emendamenti, che erano stati presentati anche dal consigliere Moruzzi.
Fatti questi emendamenti abbiamo votato tutti a favore, pertanto votiamo a favore di questa proposta di legge.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

(Il Consiglio approva)



Mozioni (Votazione proposta di risoluzione):
«Impianto per il trattamento di rifiuti liquidi pericolosi» Moruzzi (188)
«Realizzazione di un impianto per lo stoccaggio e l'esercizio di attività di trattamento e smaltimento reflui speciali non condottati in prossimità dell'alveo del fiume Tronto nel territorio del comune di Amatrice, direttamente confinante con la regione Marche. Opera sottoposta all'autorità di bacino» Trenta (194)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le mozioni n. 188 del consigliere Moruzzi e n. 194 del consigliere Trenta.
E' stata presentata una proposta di risoluzione a firma di tutti i presidenti di gruppo, di cui do lettura: "ll Consiglio Regionale delle Marche, considerato che nel comune di Amatrice in prossimità del confine tra Marche e Lazio alla confluenza del torrente Castellano con il fiume Tronto, è stata autorizzata dagli enti locali e dalla regione Lazio la realizzazione di un impianto per il trattamento dei rifiuti liquidi pericolosi, i cui lavori sono in corso d'opera; considerato che tale impianto originariamente pensato per depurare le acque nere provenienti dalle abitazioni del territorio circostante è stato autorizzato stoccare e trattare ingenti quantitativi di liquidi e fanghi provenienti da attività produttive ed in particolare rifiuti provenienti dalla raffinazione del petrolio, dalla lavorazione della carta e del legno, dalla lavorazione di inchiostri, vernici e sigillanti, dalla lavorazione dei metalli e plastica, dai laboratori fotografici, dagli impianti di trattamento delle acque reflue ecc.. localizzati in sei regioni dell'Italia centrale; tenuto conto che tale impianto può rappresentare un pericolo sia per la salute delle popolazioni residenti lungo la sottostante valle del Tronto, che per l'intero ecosistema vegetale ed animale; tenuto conto che la localizzazione dell'impianto alla sorgente del Tronto, nel territorio a cavallo tra i parchi nazionali Gran Sasso-Monti della Laga e Monti Sibillini espone a rischio il territorio marchigiano e che tutti gli enti locali marchigiani erano completamente all'oscuro di tale progetto; considerato che la presenza di tale impianto si ripercuoterà negativamente sullo sviluppo turistico locale che si basa essenzialmente sull'integrità dei territori montani e sulle sue bellezze naturali, nonché sulla stessa riera adriatica ed i centri termali situasi lungo l'asta fluviale del Tronto, chiede al Presidente della Giunta regionale di intervenire sul Presidente della Regione Lazio affinché sia immediatamente revocata questa inaccettabile decisione; impegna la Giunta regionale ad attivare i propri uffici per promuovere ogni azione amministrativa e legale volta a revocare la decisione assunta dalla Regione Lazio dal Comune di Amatrice e dalla Provincia di Rieti"
Pongo in votazione la proposta di risoluzione.

(Il Consiglio approva)

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 19,10